?Imaging ecografico delle complicanze delle lesioni muscolari da sport

?Raffaello Sutera, Angelo Iovane, Fabrizio Candela
Sezione di Scienze Radiologiche - DIBIMEL - Università degli Studi di Palermo

?In traumatologia sportiva le lesioni muscolari rappresentano il 30% del totale e spaziano dalle semplici contratture fino agli strappi muscolari con grave limitazione funzionale. La lesione muscolare normalmente evolve verso la completa restitutio ad integrum, tuttavia in una certa percentuale di casi il processo di guarigione determina esiti più o meno importanti, la cui tempestiva diagnosi risulta necessaria ai fini di un recupero pieno dell’atleta all’attività sportiva.
L’ecografia (US) è stata la prima modalità di diagnostica per immagini utilizzata per lo studio dei muscoli e risulta attualmente la modalità di scelta anche per lo studio delle complicanze dei traumi muscolari. La disponibilità, il basso costo, e la rapidità dell’esame rendono, infatti, l’US superiore alla risonanza magnetica (RM) per il follow-up delle lesioni e la valutazione delle eventuali complicanze.
Di seguito discuteremo del processo di guarigione, della formazione di cicatrici fibrose e delle altre complicanze muscolari post-traumatiche (Fig1).

Cicatrice fibrotica
Dopo un trauma muscolare è necessario un certo intervallo di tempo per il ritorno alla normalità, e solitamente sono necessarie da poche settimane a mesi per un recupero completo, ma questo processo compete con la formazione di una cicatrice fibrotica. Più ampia è la lesione iniziale, più lungo è il processo di guarigione e maggiore è la probabilità di formazione di una cicatrice fibrotica.
L’US assume un ruolo fondamentale nel nel follow-up delle lesioni muscolari in quanto:
• misura l’estensione della lesione tra i margini del muscolo normale; più ampia è la percentuale del coinvolgimento muscolare, più alta la proporzione di tessuto cicatriziale che si forma nel processo di guarigione.
• determina lo stadio di guarigione dimostrando il riempimento della cavità emorragica da tessuto iperecogeno che corrisponde al processo di guarigione; infatti, il ritorno ad un’attività atletica limitata è sicuro (dopo valutazione clinica e funzionale negativa) nel momento in cui la cavità ematica si è riempita e mostra già un certo grado organizzazione fibrotica con un’architettura muscolare più regolare ai margini della lesione.
• dimostra l’ampiezza del tessuto cicatriziale; le cicatrici fibrotiche sono viste come zone iperecogene nel contesto del muscolo precedentemente lesionato (Fig.2); spesso sono scarsamente sintomatiche se il paziente è ben conscio della loro presenza e pratica un corretto riscaldamento muscolare a lungo prima della competizione, ed il rischio di una nuova lesione è proporzionale all’estensione di tessuto fibro-cicatriziale residuo nel muscolo.



Pseudocisti intramuscolare
Le pseudocisti intramuscolari sono rare, dopo uno strappo muscolare. Esse si verificano quasi esclusivamente nel polpaccio dopo una disinserzione mediale dell’aponeurosi del muscolo gastrocnemio mediale anche se sono stati riportati casi in letteratura di cisti conseguenti a trauma da contusione diretta sul muscolo vasto intermedio. Ecograficamente presentano un aspetto rotondeggiante ad ecostruttura del tutto anecogena con rinforzo di parete posteriore. Talvolta, possono permanere per mesi ed allora, nel caso di atleti che abbisognino di tornare quanto prima all’attività sportiva, risulta necessaria l’evacuazione eco-guidata o tramite un piccolo intervento chirurgico.

Atrofia muscolare
L’atrofia muscolare può avvenire dopo certi traumi muscolo-tendinei, disuso, o altri insulti. La sede più comune di atrofia muscolare è quella dei muscoli della cuffia dei rotatori in seguito ad una rottura dei rispettivi tendini o alla formazione di una cisti che occupi lo spazio ove decorre il nervo soprascapolare (sindrome di Parsonage-Turner o dello spazio quadrilatero). Dal punto di vista ecografico, un’atrofia muscolare è visibile come una degenerazione adiposa e/o una riduzione del volume muscolare; il muscolo appare iperecogeno per il fatto che i fasci muscolari ipoecogeni sono scomparsi e l’iperecogenicità all'interno del tessuto muscolare è dovuta all’infiltrazione adiposa (Fig.3).
La RM può fornire informazioni aggiuntive circa lo stato di infiltrazione adiposa anche con la spettroscopia.

Miosite ossificante
La miosite ossificante post-traumatica è un disordine benigno di ossificazione intramuscolare ad etiologia ancora poco chiara. Tipicamente sorge nei grandi muscoli degli arti, a contatto con le ossa, e può essere asintomatica o presentarsi come massa dura e dolorosa.
Lo stadio iniziale (fase pre-calcifica) della miosite ossificante è il più problematico per l’US, che può riscontrare una massa apparentemente solida con evidente se­gnale Doppler specialmente alla periferia della lesione, e tali reperti sono molto suggestivi di un sarcoma ed allora appare necessaria la valutazione dei dati anamnestici, in quanto il sarcoma è la diagnosi più probabile in caso di assenza di traumi importanti in anamnesi. In seguito, la miosite ossificante può apparire ecograficamente come una massa ipoecogena o eterogenea, con immagini lineari iperecogene di natura calcifica orientate alla periferia, e con un pattern di vascolarizzazione periferico e centrale al controllo Doppler. Con la maturazione della lesione, compaiono ecograficamente anche le ombre acustiche posteriori (Fig.4).

Ernie muscolari
Rappresentano lesioni piuttosto rare e sono scarsamente sintomatiche. Si formano per un difetto della fascia nell’adiacente aponeurosi muscolare.
L’US va eseguita secondo accorgimenti che rendano visibile l’ernia. Infatti, è possibile vedere ecograficamente il tessuto muscolare normale estendersi attraverso un focale difetto della fascia se si chiede al paziente di contrarre il muscolo nella sede della presunta ernia. Inoltre, è necessario applicare una pressione leggera e gentile con la sonda per dimostrare eventuali riduzioni dell’ernia. Infine, è ovviamente molto importante ridurre la pressione con la sonda quando l’ernia non sia evidente clinicamente.

Flogosi muscolare o ascesso
La flogosi muscolare (miosite) può essere il risultato di un trauma, un’infezione o una malattia sistemica. Le infezioni batteriche che coinvolgono i muscoli sono rare nelle nazioni sviluppate ma endemiche in alcune nazioni africane. All’US, in presenza di miosite si evidenzia un aspetto ecografico del muscolo colpito inverso a quello del muscolo normale, con iperecogenicità delle fibre muscolari ed ipoecogenicità dei setti fibroadiposi, riempiti da tessuto infiammatorio.
Inoltre, vi è un aumento dello spessore muscolare. Tuttavia, questi reperti sono aspecifici e vanno correlati coi sintomi ed il quadro clinico.

Rabdomiolisi
Il termine di “rabdomiolisi” indica una necrosi muscolare e può avere diverse cause, tra cui l’ipossia ed i traumi muscolari. Le indagini di laboratorio sono fondamentali per porre la diagnosi corretta, potendosi riscontrare elevati livelli plasmatici di enzimi muscolari, mioglobinuria ed iperuricemia. La rabdomiolosi, se non diagnosticata precocemente può portare all’insufficienza renale acuta, ad una iperkaliemia secondaria ed alla coagulazione intravascolare disseminata (CID). L’US, in fase acuta, può evidenziare un aumento dello spessore dei muscoli affetti, che presentano ecostruttura disomogeneamente ipoecogena per la presenza di piccole aree iso- o iperecogene (Fig.5).
In fase tardiva, l’US può, talvolta, evidenziare degli spot iperecogeni all’interno delle lesioni stesse, riferibili a bolle di aria.
La RM può essere di supporto alla diagnosi, dimostrando facilmente l’aumento delle dimensioni del ventre muscolare colpito, l’edema muscolare diffuso ed un incremento del segnale muscolare nelle sequenze T2-pesate e STIR.

Sindrome compartimentale acuta
La sindrome compartimentale acuta si verifica tipicamente nelle lesioni traumatiche muscolari (sia contusive, sia distrattive) che, determinando formazione di un ematoma e rigonfiamento muscolare al­l’interno di una fascia inestensibile, portano in un breve intervallo di tempo al­l’aumento della pressione interstiziale.
Dal punto di vista sintomatologico, tale sindrome si manifesta con dolore severo che si evidenzia caratteristicamente sia durante i movimenti attivi che passivi del gruppo muscolare coinvolto.
La diagnosi dovrebbe essere sospettata su base clinica e la decompressione chirurgica dovrebbe essere comunque eseguita se vi è qualche dubbio. Un ritardo nella diagnosi può sfociare, infatti, nella morte muscolare irreversibile con contrattura e le richieste per esami di imaging non dovrebbero contribuire a ritardare il trattamento definitivo.

Le tecniche di imaging e in particolare l’US hanno, comunque, notevolmente contribuito a fornire una diagnosi certa in tempi rapidi, soppiantando la misura pressoria intracompartimentale che era caratterizzata da una bassa accuratezza diagnostica. L’US dimostra un quadro di diffusa iperecogenicità delle fibre muscolari mentre la RM appare meno specifica, in quanto dimostra un quadro simile a quello della rabdomiolisi, con un maggior incremento delle dimensioni muscolari.
Nella diagnosi differenziale tra tali lesioni muscolari occorre inoltre tenere presente il dato anamnestico e gli esami clinico - laboratoristici.
Sindrome compartimentale cronica
La sindrome compartimentale cronica, come la controparte acuta, è la conseguenza dell’anossia muscolare secondaria ad un aumento della pressione compartimentale in atleti con notevole incremento della massa muscolare in un breve lasso di tempo.
La variante cronica colpisce comunemente l’arto inferiore ed entra in diagnosi differenziale con fratture da stress, periostiti, intrappolamento dell’arteria poplitea, claudicatio, lesioni distrattive. L’indicazione alla fasciotomia è presente qualora i sintomi persistano per più di 6 mesi nonostante la terapia conservativa. In generale, l’anamnesi è sufficiente a fare una diagnosi clinica.
Quando eseguiti, gli esami di imaging tendono ad essere negativi, anche se possono dimostrare talvolta variazioni flogistiche dei setti intermuscolari del compartimento affetto. Infatti, l’US e la RM frequentemente non dimostrano significative alterazioni del muscolo (a parte in alcuni casi in cui si evidenzia edema infiammatorio, ipoecogeno all’ecografia ed iperintenso nelle sequenze T2-pesate e STIR alla RM), ma evidenziano costantemente un aumento di circa il 10% della massa muscolare.

In conclusione, l’US, con una tecnica appropriata, ed una attenta valutazione del paziente, possiede una notevole abilità a dimostrare anomalie della struttura muscolare rendendola una modalità altamente sensibile per la valutazione delle complicanze di traumi muscolari.
L’ecografia, inoltre, mostra diversi vantaggi sulla RM per il fatto di essere una modalità rapida, economica ed eseguibile in comparativa con l’arto presunto sano ed in contrazione attiva. ?

?Bibliografia
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