La parola al Radiologo

A cura del dott. Carlo Faletti
Resp. Traumatologia dello Sport - SIRM
Radiologia Muscolo-Scheletrica.

Imaging delle lesioni da sport
nell’atleta adolescente

Fabio Martino
Direttore U.O. Radiologia - Ospedale “Giovanni XXIII” - Policlinico - Bari

Negli ultimi venti anni un numero sempre maggiore di giovani si è affacciato all’attività sportiva. è stato calcolato che in Europa più del 60% dei soggetti tra 6 e 15 anni svolge un’attività sportiva, nel 15% dei casi di tipo agonistico, con un corrispondente aumento dell’incidenza di lesioni da sport in età evolutiva, pari a circa il 6-20% di tutti gli adolescenti praticanti sport. La lesione da sport in età pediatrica è infatti un evento tutt’altro che raro, più frequente nei mesi della vita all’aperto e durante le ore nelle quali maggiore è l’attività dedicata al gioco e allo sport. In base ai dati epidemiologici di Bijur, quasi il 40% delle lesioni traumatiche muscolo-scheletriche nell’adolescente è riferibile ad un trauma da sport, agonistico o ricreazionale, con un rapporto di quasi 2 a 1 tra maschi e femmine. Si è soliti dire che il bambino non è un “adulto in miniatura” e ciò è particolarmente vero nella patologia muscolo-scheletrica. Riferendoci al giovane atleta in età evolutiva, infatti, intendiamo bambini e adolescenti, il cui sistema muscolo-scheletrico è in piena crescita e maturazione, e come tale è in continua trasformazione.
Le lesioni muscolo-scheletriche della pre-adolescenza, adolescenza e tarda adolescenza sono molto diverse tra loro, oltre che rispetto all’adulto, in relazione al diverso impegno agonistico e differente preparazione atletica e, soprattutto, alle diversità anatomiche e biomeccaniche. Una prima differenza anatomica rispetto all’adulto riguarda l’osso, la corticale in particolare, che possiede canali haversiani più ampi ed estesi, i quali rendono la compatta meno densa e più porosa; in conseguenza di ciò l’osso è meno elastico e più plastico, cede prima ma si frattura meno.
Queste caratteristiche anatomiche e biomeccaniche condizionano il realizzarsi delle cosiddette “fratture incomplete” (a legno verde, torus, deformazione plastica), esclusive dello scheletro in accrescimento e del tutto assenti nell’adulto.
Una seconda ed importante differenza riguarda il periostio, che è relativamente molto più robusto e resistente, mentre è meno tenace e meno aderente all’osso. In conseguenza di ciò si scolla facilmente, ma si lacera raramente, favorendo quindi un maggior contenimento della frattura ed una consolidazione migliore e più rapida. Una terza differenza, assolutamente esclusiva dell’età evolutiva, è la presenza della cartilagine di accrescimento, sia metafisaria (piastra cartilaginea di accrescimento o fisi), sia apofisaria.
Dal punto di vista biomeccanico la cartilagine è meno resistente rispetto all’osso, ai tendini e ai legamenti, motivo per cui in questa fascia d’età sono particolarmente rare le lesioni di muscoli, di tendini e legamenti, sia acute che croniche.
Oltre che per le diverse caratteristiche anatomiche, la lesione traumatica mu­sco­lo-scheletrica dell’adolescente differisce da quella dell’adulto anche per un meccanismo vulnerante spesso differente, a seconda delle varie età. Il piccolo atleta pre-adolescente, infatti, affronta lo sport come un gioco, senza veemenza agonistica, e in genere non possiede la potenza muscolare necessaria a superare il limite di rottura del complesso funzionale mu­scolo-tendine-osso. Per tali motivi le lesio­­ni scheletriche sono poco frequenti, prevalentemente di tipo acuto e per di più dovute nella maggioranza dei casi a cause accidentali e indipendenti dall’attività sportiva svolta. Le lesioni muscolari e tendinee sono praticamente sconosciute.
L’adolescente, invece, applica al gesto sportivo non solo la destrezza ma soprattutto la potenza, per cui la pratica dello sport è più energica e la potenza muscolare è maggiore, tale da poter superare la resistenza alla rottura del complesso funzionale muscolo-tendine-osso; le lesioni scheletriche da sport divengono più frequenti e fanno comparsa le lesioni di tipo cronico e quelle muscolo-tendinee.
Nella tarda adolescenza lo sport viene inteso come agonismo, talvolta anche di tipo professionistico. Massa muscolare e forza di collisione sono praticamente quelle di uno scheletro maturo, per cui le lesioni da sport sono identiche a quelle riscontrabili nell’adulto; si riscontra, inoltre, un incremento relativo delle lesioni da overuse. Rispetto a quanto avviene nell’adulto, la maggior parte delle lesioni muscolo–scheletriche in età pediatrica sono di lieve entità e comportano un periodo di inattività non superiore a tre settimane. Le lesioni da sport variano dal modesto disturbo funzionale, o dalla lieve dolenza lamentata dall’atleta, al danno anatomico severo che richiede l’idoneo trattamento e l’interruzione più o meno prolungata dell’attività sportiva.
Per approdare alla diagnosi corretta è pertanto fondamentale avere a mente queste differenze anatomiche e biomeccaniche, onde impostare una preparazione atletica adeguata all’età e, di conseguenza, ridurre l’incidenza delle lesioni da sport.
Grazie alla molteplicità delle modalità di diagnostica per immagini oggigiorno disponibili, l’imaging occupa un ruolo fondamentale nella traumatologia da sport, tanto nella definizione diagnostica, quanto nel follow-up delle lesioni traumatiche.

Lesioni acute e lesioni da “overuse”

Nel maschio all’incirca la metà delle lesioni sport-correlate dell’adolescente sono di tipo acuto (fratture, ossee o osteo-condrali; lussazioni; lesioni distrattive muscolo-tendinee; lesioni acute di avulsione apofisaria); nell’altra metà dei casi, invece, si tratta di lesioni croniche o cosiddette da “overuse” (osteocondrosi; osteocondriti o apofisiti; fratture da stress; lesione cronica della fisi, da impatto o avulsiva). Nelle femmine l’incidenza relativa delle lesioni croniche rispetto a quelle acute è maggiore. Come già detto, le lesioni macrotraumatiche o da microtrauma reiterato dello scheletro in accrescimento mostrano quadri patologici ed imaging del tutto peculiari ed assenti nell’adulto, in ragione delle particolarità anatomiche e del differente meccanismo patogenetico.
Le lesioni acute da trauma diretto si realizzano prevalentemente a carico dell’arto superiore, soprattutto del gomito e del polso, nell’atleta pre-adolescente, solitamente conseguenti a caduta accidentale e, quindi, del tutto indipendenti dalla specialità sportiva praticata. Nell’adolescente, invece, le sedi più frequentemente coinvolte sono la caviglia ed il piede, in particolar modo da trauma distorsivo. Le specialità sportive maggiormente responsabili sono il calcio, la pallacanestro, la corsa nel maschio; la ginnastica, la pallavolo, la corsa su lunga distanza nelle femmine. è evidente come nei maschi vi sia una prevalenza del danno da sport di contatto.
La piastra cartilaginea di accrescimento costituisce, come già detto, un locus di minore resistenza al trauma; ciò spiega
la minore incidenza relativa, rispetto al­l’adulto, delle lussazioni e delle fratture che interessino esclusivamente
l’osso, mentre sono evidentemente più frequenti le fratture metafisarie osteo-condrali (Figura 1 a-b).




Questo tipo di frattura non ha un corrispettivo nell’adulto, in quanto può verificarsi esclusivamente sino a quando le fisi sono aperte, solitamente a seguito di forze di torsione e taglio.
Di regola, la prognosi delle fratture metafisarie osteocondrali è buona (particolarmente nei tipi 1, 2 e 3 della classificazione di Salter-Harris); un postumo sfavorevole particolarmente temibile può essere costituito dall’arresto di crescita. Le lesioni acute possono anche realizzarsi con modalità indiretta, come avviene nelle lesioni da trauma distrattivo.
Anche in questo caso la cartilagine di accrescimento (apofisaria) costituisce un’area di debolezza biomeccanica, per cui di fronte ad una forza in trazione ad elevata energia cede prima che si possa realizzare il danno anatomico del­l’unità funzionale muscolo-tendinea corrispondente. Il quadro patologico e ima­ging che corrisponde a questo tipo di evento traumatico è il distacco apofisario acuto. Le sedi anatomiche maggiormente coinvolte sono il bacino e il ginocchio (Figura 2 a-b).




Le lesioni da overuse in età evolutiva sono tutt’altro che rare e corrispondono a quasi il 25% dei traumi da sport, nelle femmine, ed al 40-50%, nei maschi.
Attualmente le lesioni croniche negli atleti adolescenti sono in incremento, a causa del maggior numero di adolescenti che praticano sport, e per la tendenza a dedicarsi ad una specifica specialità, con conseguente elevata ripetitività (e lesività) del gesto sportivo.
Un training più intensivo e prolungato anche per i più piccoli, in particolare nella ginnastica e nel nuoto, oltre al maggior carico di lavoro produce una muscolatura più potente di quanto l’impalcatura ossea e tendinea sia fisiologicamente capace di sostenere senza danno, in relazione all’età. Anche per le lesioni da overuse la cartilagine, sia quella epifisaria che quella di accrescimento, costituisce il locus di minore resistenza che, al tempo stesso, subisce ed ammortizza l’azione del vettore vulnerante : può trattarsi di una forza in compressione che agisce sull’epifisi, di una forza in torsione e trazione o compressione che agisce sulla fisi, o, ancora, una forza in trazione che agisce sulla apofisi.
La osteocondrosi si può verificare in conseguenza di un microtraumatismo iterativo che agisce in compressione sulla epifisi, producendo un deficit vascolare, a sua volta responsabile di un disturbo del trofismo del nucleo di accrescimento. L’insulto meccanico cronico sull’epifisi produce conseguenze differenti a seconda dell’età del soggetto; nel caso questo abbia meno di 12 anni, si produce uno sviluppo irregolare del nucleo di accrescimento (m. di Konig, m. di Koehler I,
m. di Freiberg, m. di Panner, m. di Thiemann, m. di Scheuermann) (Figura. 3).




Se invece il sovraccarico si realizza quando il nucleo epifisario ha già ultimato il suo accrescimento, generalmente oltre i 14-15 anni, l’osteocondrosi corrisponde ad una sofferenza trofica osteo-condrale che può risolversi con la restitutio ad integrum, qualora il giovane atleta venga trattato conservativamente e sottratto al carico. Se, al contrario, l’insulto meccanico continua ad agire, il danno trofico può evolvere in osteonecrosi, la cosiddetta osteocondrosi dissecante (OCD), con dissecazione e distacco del focolaio osteonecrotico. Per mezzo dell’esame radiografico o TC viene stabilita la fase evolutiva dell’OCD, ad esempio secondo la classificazione di Berndt-Harty a livello dell’astragalo, che ha un valore prevalentemente prognostico. In realtà ciò che importa non è se il frammento sia mobilizzato o no, ma piuttosto se sia stabile o instabile, ossia mobilizzabile, in quanto ciò condiziona le scelte terapeutiche, e questa risposta viene consentita solo dalla RM che, nei casi dubbi deve essere effettuata in contrastografia intra-articolare (Figura 4 a-b-c).




Il traumatismo cronico distrattivo, esercitato in corrispondenza delle inserzioni apofisarie, può indurre la comparsa delle osteocondriti o apofisiti, in cui si riscontra un ispessimento della cartilagine apofisaria e l’irregolare ossificazione del nucleo di accrescimento. Il rappresentante tipico delle osteocondriti è il m. di Osgood-Schlatter (Figura 5 a-b).




La prognosi è sempre buona, tanto nel caso dell’apofisite tibiale quanto nelle altre osteocondriti (m. di van Neck, m. di Valtancoli, m. di Sinding-Larsen, m. di Haglund-Sever).
La ripetitività del gesto, in alcune specialità sportive (nuoto, tuffi, ginnastica, lanci, corsa) più che in altre, può determinare in alcuni casi il superamento della capacità di adattamento allo stress da parte dell’osso, inducendo l’instaurarsi della frattura da stress. Meno frequente in epoca puberale (9% in età < 15 anni) incrementa la sua incidenza in atleti della tarda adolescenza (32% in età tra 16 e 19 anni), più frequente nelle femmine con un rapporto di 4:1. Si parla di frattura da fatica se la frattura si realizza in un osso normale, altrimenti viene definita frattura da insufficienza nei casi in cui una condizione patologica abbia preventivamente già indebolito l’osso (particolarmente temibile è il cosiddetto “triangolo pericoloso” delle giovani atlete, innescato da diete severe e caratterizzato da dismenorrea/amenorrea acquisita e intensa osteoporosi). Solitamente esiste una diretta correlazione tra sede della frattura da stress e il gesto atletico responsabile; collo del femore e tibia nei runners (Figura 6),



metafisi tibiale distale nei saltatori e nella pallavolo, rachide lombare nei tuffatori e nel nuoto (farfalla e delfino) (Figura 7).





Forze di taglio che ipersollecitano cronicamente la fisi della metafisi prossimale del femore possono essere responsabili della comparsa di una epifisiolisi. Analogo meccanismo lesivo, anche se con forze in distrazione, è alla base della lesione tipo Salter-Harris 1 del collo omerale, definita “little League shoulder”.

Conclusioni
L’atleta adolescente è esposto a lesioni traumatiche sport-correlate tipiche dell’età, in ragione della peculiare costituzione scheletrica, oltre che della specialità sportiva praticata e dell’entità della preparazione. Esso può anche essere portato al trauma da carichi di lavoro inadeguati, vittima di allenatori impreparati o di genitori esageratamente esigenti. è quindi indispensabile che gli addetti ai lavori siano a conoscenza delle criticità dello scheletro in accrescimento affinchè lesioni invalidanti siano prevenute ed i giovani atleti possano godersi l’infanzia attraverso la partecipazione allo sport. ■

Bibliografia essenziale

Afshani E, Kuhn JP: Common causes of low back pain in children. Radiographics 1991; 11:269-291.
Helms PJ: Sports injiuries in children: should we be concerned? Arch Dis Child 1997; 77:161-163
Marchi AG, Di Bello D, Messi G, et al.: Permanent sequelae in sports injuries: a population based study. Arch Dis Child 1999; 81:324-328
Martino F, Defilippi C, Caudana R: Imaging del trauma osteo-articolare in età pediatrica. (Springer-Verlag, Milano, 2009).
Stevens MA, El-Khouri GY, Kathol MH, et al.: Imaging features of avulsion injures. Radiographics 1999; 19: 655-672.