Il Rugby tra botte & romanticismo
Dr. Vincenzo M. Ieracitano

Abbandoniamo per un momento il “ romanticismo” che impregna gli articoli che, mai come in questo momento, esaltano il rugby come sport denso di ideali e di valori, di spirito di socializzazione, di esempio di comportamento morale che, al di là dell’impegno agonistico, diventa esempio per la vita.
Il rugby è, e rimarrà sempre, sport di combattimento, che coinvolge, durante ogni incontro, un alto numero di giocatori, che utilizzano ogni parte del corpo.
Stiamo parlando del solo sport dove il diritto della difesa sull’uomo è autorizzato: ogni giocatore in possesso di palla deve essere arrestato… placcato!
Questo “combattimento” genera continui contatti uomo-uomo e, di conseguenza, uomo-terreno, ed è facile immaginare i rischi ad esso connessi.
A tutto ciò dobbiamo aggiungere che per far diventare il rugby uno sport sempre più televisivo, aumentandone fascino ed “appeal”, il gioco è diventato sempre più veloce e di conseguenza gli impatti sempre più duri.
Questo è coinciso con un incremento degli infortuni.
I giocatori si sono dovuti adattare ad un gioco sempre più evoluto che richiede uno sforzo fisico e mentale sempre più consistente.
L’effetto sul fisico di un incontro di alto livello è sovrapponibile a quello prodotto da un incidente d’auto a 100 km orari!
Anche lo stile di gioco è cambiato molto e continuerà ad essere in evoluzione richiedendo capacità tecniche ed atletiche sempre più complesse che andranno di pari passo e saranno imprescindibili, l’una dall’altra, per la “costruzione” del giocatore  di rugby moderno.

Il rugby è uno sport di squadra giocato da 15 giocatori che ricoprono differenti ruoli e che richiedono qualità antropometriche  differenti l’una dall’altra.
Altezza, peso e quindi dimensione variano molto per le esigenze diverse che i vari ruoli richiedono.
L’avvento del professionismo ha esaltato al massimo anche queste misure, ma è anche vero che al giocatore moderno si richiede una polivalenza anche in quelli che sono i fondamentali individuali: passaggio, placcaggio, visione di gioco devono essere patrimonio di qualsiasi giocatore, più che in passato.
Ecco quindi che giocatori di 120 kg dovranno essere coordinati ed agili per ricevere ed
effettuare un passaggio in uno spazio-tempo molto breve.
Oppure atleti di 2m che, con buone doti di accelerazione, dovranno saper raccogliere un pallone da terra.
D’altro canto i “ trequarti”  non sono più solo dei puri velocisti, ma si avvicinano sempre più a quella che è l’idea del decatleta: forti, veloci, resistenti, capaci di intervenire una ruck o placcare un avanti.
In sostanza, tutti i ruoli richiedono massimi livelli delle tre capacità condizionali,
anche se alcuni, più di altri, rimarranno specialisti, per le qualità richieste nel proprio ruolo.
Un pilone non potrà mai prescindere dall’essere forte ed un’ala dall’essere veloce.
Ma se ciò era vero anche venti anni fa,ora il primo deve essere anche rapido e resistente ed il secondo dimostrare buone qualità di forza .
Un esempio, ormai ben conosciuto anche ai non praticanti, è quello dell’ala degli All Blacks Jonah Lomu, atleta con qualità fisiche eccellenti, capace di correre i 100m piani sotto gli undici secondi, pur con un peso corporeo di oltre 110kg e percentuali di grasso corporeo sotto il 7%.
L’esempio fatto, che negli anni novanta rappresentava decisamente un qualcosa di eccezionale, stimolando la fantasia di sponsor e di pubblicitari, oggi corrisponde all’atleta standard per l’alto livello e ben evidenzia l’importanza della preparazione fisica in questo sport fatto di contatto e lotta .
Le forme di sollecitazione motoria che rappresentano i presupposti fondamentali per
l’apprendimento e la realizzazione delle azioni motorie fisico sportive sono:

  • le tre capacità condizionali (forza,velocità e resistenza) che si basano soprattutto su processi energetici
  • qualità coordinative, che si basano prevalentemente  su processi nervosi centrali di regolazione e di controllo.
  • la mobilità articolare, considerata qualità intermedia tra le prime due.

L’obiettivo della preparazione  atletica è fornire stimoli allenanti che, provocando processi di adattamento, migliorino le prestazioni .Per limitare gli infortuni quindi deve assolutamente essere posta maggior attenzione alla preparazione atletica, alla tecnica individuale e all’apprendimento dei fondamentali, in particolar modo del placcaggio, cosa che sicuramente già avviene ad alto livello ma che forse è ancora troppo sottovalutata a livello amatoriale o di campionati minori.


Curriculum
Dr. Vincenzo M. Ieracitano



Nato a Genova il 22-2-1954 consegue nel 1989 il Diploma di Specializzazione in Chirurgia Generale.
Nel 1994 consegue il Diploma di Specializzazione in Chirurgia d’Urgenza e Pronto Soccorso.
Viene nominato Professore a Contratto presso la Scuola di Specializzazione in Chirurgia d’Urgenza e Pronto Soccorso.
Nell’Anno Accademico 1999-2000 organizza, nell’ambito dell’Insegnamento “Trattamento del Politraumatizzato”, i corsi BLS (Basic Life Support) e BTLS (Basic Trauma Life Support).
Nell’Anno Accademico 2000-2001 organizza, nell’ambito dello stesso Insegnamento, il primo corso tenuto a Genova di ATLS (Advanced Trauma Life Support) che ha ormai cadenza annuale.
Nel 2003 consegue il Diploma di Specializzazione in Medicina dello Sport.
E’ attualmente Professore a contratto di “Gestione del paziente politraumatizzato” presso la Scuola di Specializzazione in Chirurgia ad indirizzo d’Urgenza.
Dall’anno accademico 2004-05 ha l’incarico di insegnamento di “ Sport di Squadra: Rugby” per il Corso di Laurea in Scienze Motorie presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Genova
E’ membro effettivo della Federazione Italiana Medici Sportivi.