L’emozionante alba del Rugby
Tiziana Vola

Sarà che da qualche tempo parlare di calcio scatena polemiche e disgusto. Sarà che la nostra Nazionale di Rugby sta dimostrando di avere dei numeri, ma il Rugby inizia ad appassionare un sempre più ampio numero di tifosi.
Sono apparsi numerosi articoli che mettono a confronto lo sport del calcio con quello del rugby; molto è stato detto compresa una delle tante lapidarie affermazioni di Oscar Wilde che contrapponeva il calcio, uno sport da gentleman non sempre praticato da gentleman e il rugby,  uno sport da delinquenti, ma praticato da gentleman.
Non vogliamo entrare nel merito di queste considerazioni, ma non possiamo fare a meno di registrare il clima di grande festa che si respira intorno ad ogni partita di rugby. Tifoserie “mischiate” sugli spalti che scherzano reciprocamente senza che accada nulla, rudezza nel contatto e grande fair play in campo. Fondamentale è Il rispetto degli avversari, dell’arbitro e delle sue decisioni.  Importante è il fatto di non aver paura, di non mollare mai!
Il Rugby è uno sport educativo e formativo. Perché? Perché insegna quattro cose che il calcio, soprattutto in Italia non ha mai saputo insegnare: umiltà, coraggio, spirito di sacrificio e senso del collettivo.
La differenza sta quindi nel fatto che le regole vengono rispettate in campo e fuori, nella vita di tutti i giorni, quasi come se oltre allo sport, il rugby fosse anche una filosofia di vita. Al termine degli incontri i perdenti fanno ala ai vincitori applaudendoli, ma la cosa più strabiliante è che i vincitori subito dopo, fanno ala ai perdenti e li applaudono! E non è finita qui.
Al termine di 80 minuti di partita, il terzo tempo si gioca negli spogliatoi dove le quadre, con un colossale brindisi a base di birra,  mettono davvero fine a controversie residue e nervosismi!
E’ curioso scoprire che questo sport nacque proprio infrangendo le regole del calcio, quasi per caso, quando nel 1823, nella cittadina di Rugby, vicino a Birmingham, William Ellis, decise nel corso di una partita di calcio di prendere il pallone in mano e di  correre tenendolo stretto al petto. Acclamato dalla folla diede così i natali al gioco del rugby. Questa pare sia la nascita ufficiale del Rugby, ma sembra che i Normanni del Duca Guglielmo lo giocassero già nel 1066…..
Naturalmente, regole quali il placcaggio e quella relativa al passaggio all'indietro, con l’adozione della palla ovale e l'esplicita intenzione di renderla difficilmente controllabile con i piedi, (per non "tornare" al calcio) sono state decretate in seguito.
Il rugby si sviluppa così nel mondo anglosassone, dall’Europa agli Antipodi, abbracciando Rhodesiani, Sudafricani, Australiani, Maori e Polinesiani, ma stranamente non negli Stati Uniti. Contemporaneamente agli Oceani, varca la Manica, trovando grande linfa nel Centro e nel Sud della Francia, creando proprio qui l’anima latina del “Movimento” fra le classi sociali rurali e borghesi,  in contrapposizione alle élites dei grandi colleges e delle università britanniche.
In Italia il rugby fa la sua apparizione nel primo decennio del XX° secolo, parte dai poli universitari di città come Catania, Napoli, l’Aquila, Roma, Milano, Padova e si espande anche in Lombardia, Veneto e in Emilia Romagna. La prima partita di rugby in Italia di cui si ha notizia si gioca nel 1910 a Torino, si incontrano il Racing Club Parigi e il Servette di Ginevra.
E’ nel 1911, il 2 aprile che a Milano si disputerà la prima partita con una squadra italiana: US Milanese contro i francesi del Voiron. Il 28 settembre 1928 nasce la FIR - Federazione Italiana Rugby. Per molto tempo il rugby viene giocato a livelli elevati agonistici, senza scopo professionistico. Solo da poco tutti i giocatori delle squadre che partecipano al "6 Nazioni" (dal 1910 al 2000 si disputava il “5 Nazioni” con Gran Bretagna, Galles, Scozia, Irlanda, Francia. nel 2000 entra anche l’Italia) sono considerati sportivi professionisti. In soli sette anni il rugby italiano ha raggiunto il 7°/8° posto del ranking mondiale.
Un ultima curiosità. Quanto guadagna un professionista del rugby?

Mediamente un giocatore professionista guadagna tra i 35.000 ed i 300.000 € l’anno, sponsor compresi, Il più pagato… è l’inglese Wilkinson.