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Anno 10 - Numero 4 - 2010
IL MEDICO SPORTIVO
Periodico di aggiornamento scientifico e
professionale


Eziopatogenesi delle patologie tendinee
Maurizio Muratore
U. O. di Reumatologia, Ospedale Galateo, San Cesario di Lecce

Dal punto di vista eziologico, le patologie tendinee possono essere distinte in:

• atraumatiche
• traumatiche
• da sovraccarico funzionale (overuse).

Tendinopatie atraumatiche
Tali patologie possono avere origine da malattie infiammatorie o dismetaboliche.
Tra quelle infiammatorie vi sono l’Artrite Reumatoide, le Spondiloartriti, e le Oligoartriti Sieronegative.
Nelle tenosinoviti da Artrite Reumatodie, il tendine presenta una distendensione della guaina: il tendine viene circondato da essudato infiammatorio che innesca processi erosivi o degenerativi del tendine stesso. Nelle Artriti Sieronegative, l'alterazione riguarda la porzione inserzionale dei tendini con il peritenonio. Il tendine va incontro a fenomeni degenerativi a causa di lesioni interne delle fibre: esso diviene sede di microcalcificazioni o di aree di degenerazione vacuolare o mixoide, apparendo nel complesso anche ispessito; più colpiti sono il tendine achilleo e il tendine rotuleo. In corso di Oligoartriti Sieronegative, frequente è il riscontro del “dito a salsicciotto”, alterazione caratterizzata da una tendinite dei flessori delle dita.

Nelle forme di origine dismetabolica (es. Gotta, Diabete), vi è un frequente interessamento dei tendini che decorrono vicino alle articolazioni coinvolte: attivatori del gomito, delle mani e dei piedi, che possono determinare quadri di tenosinoviti, tendiniti e peritendiniti.
Il dolore cronico sottocalcaneare è una delle sintomatologie più ricorrenti ed è spesso sintomo di esordio della malattia. La causa più frequente è dovuta alla modificazione degenerativa della fascia plantare al calcagno, che determina l’insorgenza di talalgie, fasciti plantari, tenosinoviti.
Le enteropatie presenti nelle patologie dismetaboliche hanno origini eziologiche assai differenti: malattia da deposizione di cristalli di pirofosfato di calcio diidrato in cui può essere colpito il tendine d’Achille, intossicazioni da assunzione cronica di retinoidi, caratterizzate da un precipuo impegno delle entesi calcaneari e di fluoruri, che possono anche colpire le entesi presenti a livello di articolazioni sinoviali quali le metatarsofalangee e le interfalangee. Le entesi a livello calcaneare sono spesso interessate anche in corso di acromegalia e di malattia di Forestier (polientesopatia iperostosante dismetabolica).

Tendinopatie traumatiche
Vi sono una serie di patologie tendinee ad eziologia meccanica dovute a traumi diretti con danno alla micro-vascolarizzazione provocato dall’edema post-traumatico.
Il danno da stiramento o la rottura dell’unità muscolo-tendinea (Fig. 1) sembrano verificarsi nella maggior parte dei casi ad opera di uno dei seguenti meccanismi:

• L’unità riceve una contusione.
• La parte muscolare dell’unità si
contrae rapidamente e in maniera
potente rispetto al sovraccarico,
la parte tendinea (degenerata)
riceve la tensione dannosa.
• L’arto o una sua parte viene mosso
passivamente (violentemente) da una
posizione di flessione, estensione,
adduzione o abduzione in seguito
ad una forte contrazione muscolare
(stiramento forzato di una unità).

Le forze che causano il maggiore stress sull’unità muscolo-tendineasi verificano du­rante le contrazioni muscolari eccentriche. In una contrazione eccentrica, l’intera unità muscolo-tendinea si allunga durante la contrazione muscolare effettuando un lavoro negativo. L’eziologia della maggior parte dei traumi muscolo-tendinei implica la presenza di potenti contrazioni eccentriche, più tipicamente nei muscoli che hanno un’elevata percentuale di fibre a contrazione rapida e che incrociano due o più articolazioni. Il gastrocnemio, il quadricipite ed i muscoli della fossa poplitea dei corridori e degli atleti che sfruttano la potenza muscolare possono essere colpiti da traumi da stiramento. Inoltre l’area in prossimità della giunzione miotendinea sembra essere la più sensibile al danno, il che è stato confermato da reperti chirurgici almeno per il capo mediale del gastrocnemio, il retto del femore, il tricipite brachiale, l’adduttore lungo, il grande pettorale. Per la prevenzione dei traumi, sembrano importanti, lo stretching, il riscaldamento, ed i condizionamento alla potenza ed alla resistenza, delle unità muscolo tendinee. Lo stiramento è sempre necessario per evitare un danno all’unità muscolo tendinea normale. Perciò la capacità da parte del muscolo di sopportare la tensione, cioè una buona viscoelasticità da parte del muscolo, è importante per la prevenzione dei traumi, per cui gli atleti devono eseguire regolarmente esercizi di stretching. Anche il riscaldamento aumenta l’estensibilità muscolare e probabilmente la capacità contrattile di un muscolo, per cui deve precedere la seduta di stretching.
Anche la potenza e la resistenza muscolare sono valide componenti della prevenzione dei traumi. I muscoli forti possono assorbire una maggiore quantità di energia cinetica rispetto ai muscoli deboli e sono sottoposti a una minore defor­mazione o tensione durante il movimento, per cui sono sensibili ai traumi da stiramento. Analogamente, i muscoli con scarsa resistenza si affaticano facilmente, assorbono meno energia rispetto ai muscoli non affaticati e sono sensibili ai traumi. Infatti, l’allenamento alla potenza e alla resistenza è una parte fondamentale nella prevenzione dei traumi muscolo-tendinei.



Tendinopatie da sovraccarico funzionale (overuse)

L’uso eccessivo implica il ripetuto stiramento di un tendine finchè non è più in grado di sopportare un’ulteriore tensione, per cui si verifica un trauma. Un trauma da uso eccessivo è definito come un problema ortopedico di lunga durata o ricorrente con dolore all’apparato muscolo scheletrico, che inizia durante uno sforzo a causa del microtrauma tissutale ripetitivo.
Il microtrauma ripetitivo comporta un danno microscopico. Normalmente un singolo trauma acuto non rientra nella patogenesi di un danno tendineo da abuso.
Chiaramente attività lavorative o sportive che implicano una continua e ripetuta contrazione di determinate fibre tendinee favoriscono l’insorgenza di traumi e infiammazione cronica nei tendini interessati. Nella patogenesi dei traumi da uso eccessivo, il tessuto tendineo si affatica nel momento in cui la capacità riparativa basale delle cellule tendinee, o tenociti, è impedita da processi disfunzionali e microtraumatici ripetitivi.
L’attività ripetitiva, spesso di natura eccentrica, può determinare microtraumi cumulativi che indeboliscono gli elementi strutturali e vascolari del tendine.
In altri termini, quando il processo distruttivo supera il processo riparativo si determina un trauma da abuso. Secondo le attuali conoscenze, “uso eccessivo” nei traumi tendinei implica che il tendine risulti stirato dal 4 all’8% della sua lunghezza originale fino a che non sia più capace di mantenere una ulteriore tensione, dopo la comparsa del trauma.
La struttura tendinea subisce un continuo rimodellamento causato dal sovraccarico sia a livello cellulare che a livello della matrice extracellulare. Attraverso questo continuo rimodellamento il tessuto tendineo si adatta ai carichi crescenti cui viene sottoposto durante l’esercizio. Se tale adattamento è sufficiente a mantenere l’integrità tendinea, il tendine risulta pronto, in particolare in uno sportivo, a ricevere il progressivo aumento del carico. Se viceversa l’adattamento e il tempo di recupero sono insufficienti a mantenere l’integrità tendinea, il tendine rimane in una situazione temporanea di debolezza che in caso di improvvise sollecitazioni predispone lo stesso tessuto tendineo alla lesione. Come abbiamo precedentemente illustrato, i tendini sono strutture poco vascolarizzate, per tale motivo la capacità di recupero risulta essere di scarsa entità dopo sovraccarichi ripetuti. è opportuno quindi, soprattutto negli sportivi, non oltrepassare i fisiologici limiti di adattamento e di concedere i relativi tempi di recupero necessari ai normali processi di adat­tamento.
Non bisogna pensare che il tendine sia una struttura puramente inerte avente la sola funzione meccanica di trasferire energia dai muscoli alle rispettive leve ossee, ma ha in primo luogo importanti funzioni sia a livello sensoriale che propriocettivo; inoltre deve essere considerato come una struttura metabolicamente attiva che risponde alle sollecitazioni adattandosi in modo graduale, così come avviene per i tessuti muscolare e osseo.
La ricerca scientifica ha confermato che l’esercizio fisico produce effetti positivi sulla struttura del tendine in quanto è stato dimostrato che viene aumentata la capacità del tendine di resistere ai sovraccarichi.
Da quanto detto si deduce che il riposo in caso di tendinopatie da sovraccarico funzionale, da un lato favorisce l’attenuazione del sintomo dolore, dall’altro ha un effetto negativo sull’unità muscolo-tendine-osso.
L’immobilizzazione, infatti, porta a una riduzione del tono muscolare, a una riduzione delle proprietà elastiche e di resistenza dei tendini e, se prolungata nel tempo, a un riassorbimento osseo. Soprattutto negli atleti, il tendine costituisce la porzione più vulnerabile dell’unità funzionale muscolo-tendine-osso. Chiaramente, attività lavorative o sportive che implicano una continua e ripetuta contrazione di determinate fibre tendinee favoriscono l’insorgenza di traumi e infiammazione cronica nei tendini interessati. L’attività lavorativa provoca traumi da uso eccessivo che interessano soprattutto gli arti superiori e inferiori. Naturalmente i più colpiti sono i lavoratori manuali che compiono movimenti ripetitivi e monotoni.
Con l’aumento, negli anni, della percentuale della popolazione dedita all’attività sportiva è stato anche riscontrato un maggior numero di traumi acuti e cronici dovuti alla attività sportiva stessa.
L’esatta percentuale di incidenza di tutti i tipi di traumi da uso eccessivo è molto difficile da stabilire, in quanto la diagnosi è complessa e spesso la popolazione a rischio è sconosciuta.
L’unica certezza è che il numero assoluto di traumi da uso eccessivo è aumentato esponenzialmente negli ultimi decenni, parallelamente all’aumento della popolazione che pratica attività sportiva.
Anche nello sport, come nell’attività lavorativa, sono interessati da traumi tendinei da uso eccessivo coloro che praticano attività sportive ripetitive che sottopongono una determinata sede tendinea a sovraccarichi continui. Per esempio, la corsa, essendo uno sport caratterizzato dalla ripetizione costante degli stessi movimenti, determina una maggiore incidenza di traumi da uso eccessivo dei tendini rotuleo, achilleo e tibiale posteriore.
Nella epidemiologia dei traumi sportivi da uso eccessivo, anche l’età e il sesso giocano un ruolo importante. Negli adolescenti, le apofisiti e le insertiti sono più frequenti rispetto ai traumi tendinei. Nei giovani atleti in fase di crescita, la malattia di Osgood-Schalatter rappresenta dal 10% al 16% di tutti i traumi totali, seguita dalla malattia di Sever. Negli atleti di oltre 60 anni, i problemi da uso eccessivo sono più frequenti rispetto ai traumi acuti, in quanto molti soggetti si dedicano a sport di resistenza. Gli uomini sono i maggiormente colpiti e le sedi più frequentemente interessate sono a livello degli arti inferiori.
Il tendine di Achille e il tendine rotuleo rappresentano le sedi anatomiche più frequentemente interessate, sebbene esista una ampia variabilità nei vari sport.
Ogni trauma sportivo può essere determinato da fattori estrinseci e intrinseci, sia da soli che in combinazione. Nel trauma acuto prevalgono i fattori estrinseci, mentre nei danni da uso eccessivo esiste una combinazione tra le varie cause sia estrinseche che intrinseche.

Fattori intrinseci
I fattori intrinseci più comuni correlati ai traumi tendinei da uso eccessivo negli atleti sono:
• Malallineamenti: iperpronazione, ipopronazione del piede, piede piatto o cavo, calcagno varo o valgo, ginocchio varo o valgo, rotula alta o bassa.
• Discrepanza della lunghezza degli arti inferiori.
• Squilibrio muscolare: asimmetria tra i mu­scoli agonisti e antagonisti a una estremità.
• Ridotta flessibilità.
• Lassità articolare: specialmente nelle donne, le articolazioni possono avere una mobilità abnorme. Ciò significa che il range di movimento dell’articolazione può essere eccessivo in normali direzioni fisiologiche del movimento o anche in direzioni abnormi. La lassità può essere sia genetica oppure dovuta a pregressi traumi legamentosi.
• Sesso Femminile: aumento delle donne che praticano attività sportiva. Le donne hanno una maggiore debolezza del sistema muscolo scheletrico che non è in grado di assorbire i carichi ripetitivi di impatto come quello degli uomini.
• Soggetti giovani: in alcuni sport l’età di inizio è molto precoce. Prima della pubertà, il corpo di un bambino sembra resistere molto bene allo stress muscolo-articolare ripetuto. Durante la fase di sviluppo, e soprattutto verso il termine di quest’ultima, vi è uno squilibrio tra forza muscolare, tensione, mobilità articolare e coordinazione. Inoltre, le lamine di crescita dell’epifisi e delle apofisi sono estremamente vulnerabili alle forze esterne durante questa fase evolutiva.
• Soggetti anziani: naturalmente, con l’aumentare dell’età si deteriorano gradualmente diverse funzioni dell’organismo, compreso il sistema muscolo-scheletrico, con diminuzione di elasticità e flessibilità articolare.
• Soprappeso: determina un sovraccarico articolare.
• Malattie predisponenti.
• Differente risposta individuale dei tessuti muscolo-tendinei a uno stesso carico di lavoro.

Fattori estrinseci
Per fattori estrinseci intendiamo tutti quei fattori che agiscono sul corpo umano dall’esterno. Si ritiene che i fattori estrinseci più comuni siano:
• Carico eccessivo sul corpo: il sovraccarico ripetuto durante la corsa e il salto spesso è associato a traumi tendinei da uso eccessivo. Durante la corsa, una forza di un a range da tre a cinque volte il peso corporeo sale lungo l’arto inferiore a ogni colpo sul tallone.
• Errori di allenamento: si ritiene che gli errori di allenamento causino dal 60 all’80% dei traumi tendinei. Gli allenamenti ripetitivi, asimmetrici e specifici, come la sola corsa, rappresentano un grosso fattore di rischio di traumi tendinei da esercizio eccessivo.
• Inoltre, la tecnica inefficace e l’affaticamento giocano un ruolo importante nello sviluppo dei traumi.
• Condizioni ambientali sfavorevoli: il clima può avere un effetto sulla frequenza dei traumi durante un’attività sportiva. L’oscurità, temperature e umidità troppo elevate o troppo basse possono avere un ruolo importante nella patogenesi dei traumi.
• Una tecnica impropria, in combinazione con altri fattori intrinseci, può determinare overuse injury.
• Un pregresso infortunio predispone gli atleti a lesioni correlate all’allenamento.
• Influenza dei terreni di gioco sulla incidenza di patologia cronica degli arti inferiori e dei tendini.
• Attrezzature scadenti, equipaggiamento non idoneo. (Fig. 2)

La struttura microscopica o macroscopica di un tendine viene alterata da stiramenti ripetitivi e possono insorgere, in una fase iniziale, infiammazione ed edema.
Infatti, le prime manifestazioni cliniche del trauma tendineo da sollecitazione eccessiva sono la tendinite, la peritendinite o la borsite tendinea. Se il danno procede, si può instaurare una degenerazione del tessuto tendineo con tendinosi, lacerazioni parziali e rotture complete. ■