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Anno 11 - Numero 1 - 2011
IL MEDICO SPORTIVO
Periodico di aggiornamento scientifico e
professionale


La patologia respiratoria nell’atleta di endurance

Luigi Ferritto(1), Walter Ferritto(2),
Gianfranco Scotto Di Frega(3), Giuseppe Fiorentino(3)

1 Laureando in Medicina e Chirurgia-Università degli Studi di Siena
2 Dipartimento di Scienze Neurologiche, Neurochirurgiche,
del Comportamento Università degli Studi di Siena
3 UOC Fisiopatologia, Malattie e Riabilitazione Respiratoria, AORN Monaldi, Napoli

Introduzione
L’atleta di endurance impegna significativamente l’apparato respiratorio nella funzione peculiare di maggior apporto di ossigeno e di allontanamento di anidride carbonica prodotta dall’incremento del­l’attività muscolare.
In questi atleti la ventilazione è costante, senza aumento delle pressioni intra-polmonari, ma può avere un andamento intermittente, con lieve aumento delle pressioni intra-polmonari. Le patologie dell’apparato respiratorio che con più frequenza si osservano negli atleti di endurance sono le infezioni acute e croniche di origine virale o batterica e l’asma bronchiale da esercizio fisico.

Patogenesi
Un ruolo determinante per l’insorgenza delle infezioni delle vie respiratorie è dato dalla diminuzione delle difese immunitarie. è noto da oltre un secolo che i linfociti vengono attivati nel sangue prima e dopo l'esercizio fisico; tuttavia la concentrazione di linfociti si riduce notevolmente dopo l’esercizio stesso.
L’esercizio fisico intenso e prolungato, infatti, può rappresentare una situazione di stress per l’organismo, poiché è capace di innescare complesse modificazioni neuroimmunoendocrine che possono compromettere l’omeostasi dell’organismo.
Durante una sessione intensa di esercizio fisico, si scatena una serie di “segnali di pericolo” nell’organismo, come reazione di risposta allo stress al quale è sottoposto, ed un ruolo fondamentale in tal senso è svolto dalle catecolamine.
Le catecolamine sono i principali neurotrasmettitori del sistema ortosimpatico, che si attiva durante una situazione di pericolo per l’organismo; pertanto anche l’esercizio fisico intenso e prolungato può innescare il rilascio di epinefrina e norepinefrina, le principali catecolamine.
Tale risposta si traduce, in acuto, in un iniziale richiamo di fattori pro-infiammatori ed un aumento delle cellule immunitarie nel sangue, per un fenomeno di redistribuzione mediato da complesse relazioni esistenti tra sistema nervoso e sistema immunitario.
Alla reazione pro-infiammatoria iniziata dall’esercizio fisico intenso, segue però una stimolazione del rilascio in circolo di cortisolo, un ormone che regola in senso contrario tale risposta; pertanto, la fase successiva che si verifica negli esercizi fisici intensi o particolarmente duraturi è rappresentata da un viraggio in senso anti-infiammatorio e una depressione del sistema immunitario. Si assiste quindi ad un calo generalizzato dell’attività del sistema immunitario nella fase post esercizio; questo fenomeno, definito come “open window”, è rilevabile in diverse condizioni di stress fisico, quali l’esercizio, la chirurgia, le ustioni, i traumi, l’infarto miocardico acuto e le infezioni severe. Durante la fase di “open window” il soggetto viene a trovarsi in una situazione di particolare rischio di infezioni.
Per un atleta è facile immaginare come questa condizione corrisponda ad un momento in cui la possibilità di contatto con patogeni è particolarmente elevata: immediatamente dopo una gara, infatti, l’abbraccio dei tifosi, la permanenza negli spogliatoi insieme ad altre persone, il vapore acqueo delle docce, l’aria condizionata degli ambienti o dei mezzi di trasporto, rappresentano un veicolo ottimale attraverso il quale possono essere contratti agenti potenzialmente infettivi.
La fase di “open window”, ha una durata estremamente variabile sia nel soggetto sia nella popolazione; si attesta su tempi oscillanti tra le 3 e le 72 ore, in funzione del livello immunitario basale del soggetto e si concretizza in un elevato rischio di infezioni in corso di allenamento intensivo o durante le due settimane seguenti eventi sportivi di particolare impegno atletico.
La fase di “open window” è caratterizzata da una azione depressiva dovuta alle secrezioni di glicocorticosteroidi oppure all'aumentato numero dei linfociti ad azione “suppressor” che caratterizzano la risposta allo sforzo.
Tuttavia questi linfociti (T CD8+), pur esprimendo una elevata capacità citotossica ed un alto potenziale di migrazione verso i tessuti, mostrano anche una bassa capacità proliferativa (cioè linfociti “senescenti” e che provengono da cicli di replicazione cellulare con ridotta funzionalità). Pertanto, a causa di queste complesse interazioni neurologiche, endocrine ed immunologiche, si assiste ad una complessiva riduzione delle difese immunitarie dopo un esercizio fisico strenuo, con una maggiore incidenza di sintomi di patologie respiratorie, soprattutto ad eziologia virale. Esistono poi diverse concause che contribuiscono ad elevare la suscettibilità dell’atleta alle infezioni: gli elevati ritmi respiratori, la conseguente secchezza delle mucose orali e l’aumento della viscosità del muco, comportano una ridotta clearance a livello nasale e tracheale; fattori dietetici ed insufficiente apporto di componenti nutrizionali essenziali (glutamina, arginina, L-carnitina, acidi grassi essenziali, vitamina B6,
acido folico, vitamina E) possono ridurre la mobilizzazione linfocitaria.



Le infezioni delle vie aeree
Un deficit transitorio della funzionalità di questo apparato può comportare un aumentato rischio delle infezioni respiratorie, particolarmente di origine virale.
Le manifestazioni sono generalmente costituite da sintomo locali come congestione nasale, faringodinia, rinorrea e sintomi sistemici come temperatura febbrile, cefalea, astenia e mioartralgie.
Tali infezioni, in genere limitate alle strutture sovralaringee, possono interessare anche la struttura polmonare, con tracheite e/o tracheo-bronchite. Nell’adulto sano è rara la sovrainfezione batterica. La malattia nella maggioranza dei casi regredisce in 2-5 giorni, con totale scomparsa in 7-10 giorni. In caso di infezione batterica il periodo di risoluzione può arrivare a 2 settimane.
L’eziologia è inizialmente virale, i virus in causa sono molteplici, tra di essi i virus influenzali, parainfluenzali, picornavirus, adenovirus, virus respiratori sinciziali, coronavirus. La sovrainfezione batterica è in genere causata da cocchi gram-positivi. Le infezioni virali presentano un grado di contagiosità variabile, spesso elevato, e la via di contagio è indiretta (aerea per inalazione di microgoccie di secreto infetto), o diretta, per trasporto con le mani, con indumenti, fazzoletti.
La diagnosi è data dall’esame clinico: la tracheite presenta raramente segni obiettivi mentre la bronchite può essere caratterizzata da espettorato mucopurulento e da rumori patologici diffusi all’ascultazione, quali ronchi, rantoli e sibili.
La terapia è sintomatica, con ricorso a trattamento antibatterico solo in caso di bronchite con espettorato purulento.
Il riposo in ambiente caldo è una delle misure più semplici per migliorare ed abbreviare il decorso della malattia. La prestazione atletica è spesso ridotta a causa dello stato febbrile e dell’occlusione delle vie aeree superiori.
Dal punto di vista medico-sportivo le infezioni delle vie respiratorie possono comportare una breve pausa dell’attività sportiva di 2 o 3 giorni, in dipendenza dal quadro clinico.
In caso di malattia da virus influenzale , data dall’associazione di uno o più sintomi respiratori, sintomi sistemici, febbre >38 °C e situazione epidemiologica congrua, l’atleta deve riposare fino a 3 giorni dopo la scomparsa della febbre allo scopo di prevenire complicanze polmonari.

L’asma bronchiale da esercizio fisico

L’asma bronchiale, considerata un’infiammazione cronica delle vie aeree, è una patologia caratterizzata da un’iper-reattività bronchiale, può essere indotta o peggiorata dall’attività fisica.
L’esercizio fisico d’endurance, come la bicicletta, provoca un aumento più o meno marcato della resistenza delle vie aeree con conseguente difficoltà respiratoria di intensità e durata variabile.
L’aumentata frequenza degli atti respiratori, iperpnea, durante l’esercizio fisico è il fattore scatenante, negli atleti predisposti, per l’insorgenza del broncospasmo (riduzione di volume dei bronchioli respiratori).
L’iperpnea induce un raffreddamento della mucosa bronchiale, che induce un’iniziale vasocostrizione dei capillari peribronchiali, durante la pausa si ha invece un successivo iperafflusso in questi vasi, con un’iperemia ed edema della mucosa con restringimento del lume bronchiale.
Più è elevato il livello ventilatorio richiesto dall’attività sportiva tanto più è alto il rischio da broncospasmo , come fattore essenziale c’è l’iper-reattività bronchiale indotta dall’infiammazione cronica.
Fattori favorenti sono le condizioni climatiche ed ambientali, più fredda e secca è l’aria inalata maggiore è il rischio di broncospasmo, come anche la presenza di inquinanti o allergeni.
La sintomatologia è caratterizzata da tosse secca, stizzosa (soprattutto nei soggetti più giovani) o da respiro sibilante o da dispnea; ma il soggetto può anche lamentare astenia, malessere generale, oppressione toracica.
Questi sintomi si presentano qualche minuto dopo la fine dell’esercizio fisico con una punta massimale tra il 5° e il 15° minuto del periodo di recupero e tendono a risolversi spontaneamente nel giro di 30-60 minuti; la difficoltà respiratoria o la tosse sovente possono essere di intensità tale da richiedere la pronte somministrazione di salbutamolo per via inalatoria.
In altri casi la difficoltà respiratoria insorge dopo pochi minuti dall’inizio dello sforzo, costringendo l’atleta a rallentare o anche a fermarsi: generalmente, dopo una tale pausa si può riprendere l’attività liberi da sintomi, che si ripresenteranno alla fine dello sforzo.
La diagnosi può essere posta già sulla base della sintomatologia lamentata. Tuttavia, prudenza impone la conferma clinica con test di bronco-provocazione con esercizio fisico o con iperventilazione eucapnica o con inalazione di polvere di mannitolo.
Fermo restando l’importanza della terapia della flogosi bronchiale con i farmaci di fondo e conseguente riduzione della iper-responsività, è quasi sempre necessario proteggere l’asmatico dall’azione broncospasmigena dell’esercizio fisico.
Questo obiettivo si raggiunge utilizzando gli antileucotrieni e i cromoni in cronico, e soprattutto i beta2-agonisti assunti almeno 30 minuti prima dell’esercizio: un effetto sicuramente efficace lo si ottiene utilizzando questi farmaci in combinazione tra loro.Prima dell’impegno sportivo vero e proprio, può essere utile un riscaldamento della durata di 10-15 minuti con esercizi aerobi-anaerobi alternati, di modesta intensità e frequenti periodi di recupero.

Prevenzione
Oggi l’atleta tende a sottovalutare alcuni sintomi che devono invece essere considerati un campanello d’allarme per una possibile cronicizzazione della patologia respiratoria. Molto spesso una banale influenza, con mal di gola e leggera febbricola, viene trascurata e l’atleta torna in sella con le difese immunitarie ancora impegnate a combattere l’infezione virale, questo provoca spesso una sovrapposizione d’infezione batterica.
Prevenire le patologie dell’apparato respiratorio è semplice, l’importante è che si seguono dei semplici accorgimenti:


• Uscire per l’esercizio fisico ben co­perti, con materiale tecnico idoneo, quando fuori fa freddo
• I soggetti allergici devono consultare il sanitario per far ricorso a farmaci specifici
• Chi si allena durante tutta la stagione invernale, deve far attenzione all’arrivo della primavera, quando deve abbandonare i giubbotti pesanti, infatti in questo periodo dell’anno si corre di più il rischio di infezione virale
• Se si incorre in un’influenza, fermarsi e riprendere l’attività solo quando si è clinicamente guariti
• Se la tosse persiste consultare il medico
• Bere molti liquidi durante l’attività sportiva
• Consigliata la vaccinazione nei soggetti che puntualmente durante il pe­riodo invernale-primaverile si am­malano con febbre alta e complicanze respiratorie
• Consigliato assumere un preparato multivitaminico.

Infatti le vitamine svolgono un’azione protettiva fondamentale, definite dagli esperti come i veri “spazzini dell’organismo”.
Le vitamine infatti agiscono contro i radicali liberi, responsabili dell’invecchiamento cellulare. Se presenti in quantità elevate, i radicali liberi avviano una azione distruttiva che può coinvolgere lo stesso sistema immunitario. Le vitamine che meglio contrastano tale azione sono quelle del gruppo A, C ed E ma anche quelle del gruppo B risultano fondamentali, in quanto in grado di stimolare i meccanismi di protezione incrementando la produzione di cellule immunitarie. Prevenire è meglio che curare, quindi gli atleti devono sapere a cosa vanno incontro se oltrepassano il loro limite e chiedono di più al loro fisico.
La macchina umana vive in perfetto equilibrio, se pretendiamo di più il sistema immunitario diminuisce la sua funzione di protezione rendendo l’organismo più vulnerabile ad infezioni esterne. ■

Bibliografia
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2. Nieman D.C.: Exercise, upper respiratory tract infection, and the immune system. Med. Sci. Sports Exerc. 26: 128-139, 1994
3. Ingibjorg H Jonsdottir. Neuropeptides and their interaction with the exercise and immune function. Immunology and cell biology. 78, 562-570, 2000
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6. Simpson R.J., Florida-James G.D., Cosgrove C., Whyte G.P., Macrae S., Pircher H., Guy K. High intensity exercise elicits the mobilization of senescent T lymphocytes into the peripheral blood compartment in human subjects. J Appl Physiol. 103:396-401, 2007
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