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Controllo del dolore osseo
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Anno 6 - Numero 3 - 2006
IL MEDICO SPORTIVO
Periodico di aggiornamento scientifico e
professionale


Controllo del dolore osseo con clodronato, bisfosfonato iniettabile

Rassegna della letteratura a cura del Prof. Oreste Moreschini,
Università degli Studi La Sapienza I° Facoltà
Dipartimento di Scienze dell’Apparato Locomotore, Roma

Introduzione
Dagli inizi degli anni ’90 sono stati introdotti nella clinica numerosi farmaci attivi sul tessuto osseo.
I bisfosfonati, analoghi dei fosfonati, sono composti in grado di controllare la formazione e la dissoluzione del calcio fosfato in vitro così come la mineralizzazione ed il riassorbimento osseo in vivo.
Questi composti, vengono attualmente utilizzati nel trattamento di varie patologie ossee:  osteolisi con ipercalcemia indotta da neoplasie, morbo di Paget, osteoporosi, sindrome neuro-algo-distrofica, osteolisi periprotesica e, in associazione ad altre terapie, nelle  metastasi ossee con marcata osteolisi come in caso di mieloma multiplo e di carcinoma mammario.
Il clodronato, analogo sintetico del pirosfosfato, appartiene a questa categoria di farmaci.
Il clodronato svolge un’azione inibitoria sull’attività osteoclastica, impedendo il riassorbimento osseo mediato dagli osteoclasti, e un’attività antinfiammatoria inibendo la liberazione di citochine da parte dei macrofagi. Questo meccanismo di azione  spiega il provato effetto antalgico  che si riscontra clinicamente dopo la sua somministrazione e la sua più specifica indicazione d’impiego in alcune patologie a patogenesi infiammatoria.
Il farmaco sembra inoltre possedere un’azione analgesica pura attraverso un altro meccanismo d’azione anti-nocicettivo come valutato da studi sperimentali nei ratti e nei topi.

Impiego del clodronato nell’osteoporosi senile

L’osteoporosi senile, una patologia diffusa in età geriatrica, presenta gravi complicanze, rappresentate dalle fratture, che sono molto invalidanti e determinano allettamenti e possono portare al decesso del paziente.
Questa patologia è complessa da un punto di vista della gestione terapeutica in quanto nell’anziano occorre considerare la concomitanza di molti fattori che possono influenzare le scelte ed il successo della terapia quali la comorbilità, le interazioni farmacologiche con farmaci concomitanti, la compliance, gli effetti collaterali.
La terapia dell’osteoporosi senile deve avere come obiettivo la riduzione del rischio fratturativo, il ripristino della massa ossea, l’alleviamento della sintomatologia dolorosa con la migliore compliance e tollerabilità da parte del paziente.
Il clodronato, indicato nel trattamento dell’osteoporosi e dotato di effetti antalgici, in pazienti con questa patologia si somministra per via intramuscolare, in particolare nei pazienti anziani con problemi digestivi che mal sopportano la somministrazione orale.
Per valutare l’efficacia di clodronato in pazienti anziane con osteoporosi senile, è stato condotto uno studio randomizzato e controllato con due regimi posologici di clodronato (100 mg i.m. ogni 1 o 2 settimane) in associazione a somministrazione di calcio e vitamina D.
Lo studio è stato effettuato in 203 donne affette da osteoporosi e di età superiore a 65 anni, randomizzate in 3 gruppi dei quali il  gruppo A (n.65 ) in trattamento solo con calcio e vitamina D (controlli), il gruppo B (n. 70) con clodronato 100 mg i.m. ogni settimana + calcio e vitamina D e, infine, il gruppo C (n. 68) con clodronato 100 mg i.m. ogni 2 settimane + calcio e vitamina D.
La valutazione dell’osteoporosi è stata effettuata tramite misurazione della BMD con metodica DEXA all’inizio dello studio e dopo 12 mesi, mentre la sintomatologia dolorosa è stata valutata con scala VAS all’inizio dello studio e dopo 6-12 mesi.
I risultati dello studio hanno dimostrato che, nei due gruppi di pazienti trattate con clodronato, si sono ottenuti significativi aumenti della massa ossea in tutti i siti esplorati (colonna vertebrale e siti femorali) mentre nessuna variazione è stata notata nel gruppo controllo.
Per quanto riguarda la sintomatologia dolorosa, il trattamento intermittente con clodronato (una volta alla settimana o una volta ogni 2 settimane) ha permesso di ottenere una riduzione statisticamente significativa (p<0,01) dei valori di VAS rispetto al gruppo controllo. (Figura 1) Inoltre, la somministrazione di clodronato è risultata ben tollerata dalle pazienti.



Figura 1. Sintomatologia dolorosa valutata tramite VAS in pazienti con osteoporosi senile trattati con clodronato

Impiego del clodronato nelle fratture vertebrali osteoporotiche

Le fratture vertebrali osteoporotiche, difficilmente prevenibili, sono causa di rachialgie dorsali e/o lombari inizialmente acute e prolungate, a volte mal diagnosticate o diagnosticate tardivamente.
Il clodronato utilizzato nell’osteoporosi si è dimostrato efficace sia nell’aumentare la densità minerale ossea (BMD) sia nel ridurre la sintomatologia dolorosa da fratture osteoporotiche.
Vari studi sono riportati in letteratura a tale riguardo, valutando in  modo comparativo la sintomatologia dolorosa in pazienti con fratture vertebrali patologiche in relazione ai diversi programmi terapeutici cui erano stati sottoposti.
Uno studio ha paragonato la sintomatologia dolorosa in pazienti con fratture vertebrali durante e dopo il trattamento con clodronato nei confronti di acetaminofene.
Lo studio ha analizzato 30 pazienti (27 donne e 3 uomini) con età media di 54,9 anni con frattura patologica vertebrale associata a dolore acuto e osteoporosi. I pazienti sono stati divisi in due gruppi: i pazienti del primo gruppo sono stati trattati con clodronato (300 mg/die e.v.) per 5 giorni alla settimana per 4 settimane, quelli del secondo gruppo con acetaminofene (1 g per 3 volte/die) per 4 settimane.
Per entrambi i gruppi le visite di controllo sono state effettuate al termine del ciclo terapeutico di 4 settimane e dopo 2 mesi con valutazione del dolore secondo scala VAS ed esame radiografico della colonna vertebrale.
I risultati hanno mostrato una riduzione maggiore del dolore globale (a riposo, dopo pressione, durante il movimento) nei pazienti trattati con clodronato sia nel primo che nel secondo controllo. In particolare la differenza tra i due gruppi è risultata  statisticamente significativa dal giorno 14 al giorno 48. Inoltre, nei pazienti trattati con clodronato, si è riscontrata una minor durata del dolore intenso e, quindi, una migliore qualità di vita. (Figura 2)

Figura 2. Valutazione del dolore a riposo, alla pressione o al movimento in pazienti con fratture osteoporotiche trattati con clodronato o paracetamolo.

Una recente esperienza clinica ha confrontato l’attività antalgica di tre bisfosfonati (clodronato, alendronato, risedronato) nelle fratture vertebrali di recente insorgenza: 27 pazienti di sesso femminile con età media di 72,5 anni, affette da dolore dorso-lombare acuto da crollo vertebrale, sono state divise in 3 gruppi. Il primo (9 pazienti)  trattato con alendronato 10 mg/die per via orale, il secondo (10 pazienti) con clodronato 100 mg/die per i.m. e il terzo (8 pazienti) con risedronato 5 mg/die per via orale.
L’efficacia dei trattamenti è stata valutata dopo 30 giorni di terapia mediante valutazione clinica con scala VAS ed esame podologico.
L’analisi statistica ha mostrato che clodronato ha ridotto maggiormente il dolore soggettivo rispetto alle altre molecole dimostrando un miglior effetto antalgico (figura 3);

Figura 3. Riduzione del dolore soggettivo valutata mediante VAS in 3 gruppi di pazienti con fratture osteoporotiche, al basale (T0) e dopo 30 giorni di terapia (T1).

inoltre, l’esame podometrico ha mostrato un miglior recupero dell’equilibrio nell’appoggio podalico nei pazienti trattati con clodronato rispetto agli altri due gruppi di pazienti studiati (p<0.001).

Utilizzo di clodronato nella sindrome neuro-algo-distrofica (SNAD)

La sindrome neuro-algo-distrofica è una patologia locale che colpisce le articolazioni specialmente del piede, della caviglia, del ginocchio e della mano, ed è caratterizzata, oltre che da dolore, da ipersensibilità, gonfiore e rigidità articolare associata a disturbi vasomotori con cute tesa, lucida e calda della zona colpita.
È inoltre presente osteoporosi diffusa o disomogenea con aspetto radiografico caratterizzato da aree di rarefazione ossea diffusa, marezzata irregolarmente; la diagnosi si basa sulla sintomatologia clinica, sulle immagini radiologiche e sulla positività scintigrafica.
Il clodronato, efficace sia nella terapia dell’osteoporosi sia nel dolore di origine osseo, può essere quindi utilizzato anche nel trattamento della sindrome neuro-algo-distrofica che comprende entrambe queste patologie e che al momento attuale non ha una terapia efficace ben definita.
Per valutare l’efficacia di un ciclo di clodronato per via parenterale in pazienti affetti da sindrome neuro-algo-distrofica è stato condotto uno studio clinico in doppio cieco, randomizzato e controllato verso placebo, su 32 pazienti trattati con clodronato (300 mg/die e.v.) e placebo per 10 giorni.
Al termine della fase in cieco, il confronto tra il gruppo clodronato ed il gruppo placebo ha mostrato differenze significative in tutte le variabili studiate (valutazione del dolore mediante Scala Analogico Visiva VAS, giudizio globale del  clinico e del paziente; p=0,001 vs placebo); lo studio è stato poi continuato in aperto con la somministrazione di clodronato anche nei pazienti placebo, osservando un significativo miglioramento della sintomatologia dolorosa a 40 giorni che si è protratto fino a 90 e 180 giorni (p<0,0001). (Figura 4)

Figura 4. Risultato del trattamento con clodronato in pazienti con sindrome neuro-algo-distrofica: miglioramento del sintomo dolore (A) e giudizio clinico globale (B).

Uso del clodronato nell’artrite reumatoide

Sebbene le attuali terapie disponibili per l’artrite reumatoide siano in grado di controllare la sintomatologia dolorosa in alcuni pazienti, un elevato numero soffre di gravi dolori articolari nonostante l’ampio uso di FANS, cortisonici e biologici. Inoltre con il cronicizzarsi della malattia negli stati più avanzati, i fattori algogeni sono diversi e spesso refrattari alle terapie usuali. In particolare, il coinvolgimento osseo è fonte di notevole dolore articolare.
Il clodronato, efficace nel ridurre il dolore osseo in differenti patologie e con un’azione diretta sul turnover osseo, è stato valutato per l’effetto analgesico in uno studio in aperto non controllato in pazienti adulti affetti da artrite reumatoide.
Lo studio ha coinvolto 46 pazienti (38 donne e 8 maschi) con età media di 57 anni e diagnosi di artrite reumatoide da almeno 5 anni.
Tutti i pazienti erano stati trattati con farmaci specifici (metotrexate, FANS, corticosteroidi); in aggiunta è stato somministrato clodronato alla posologia di 100 mg al giorno i.m. per 6 giorni alla settimana per 6 mesi.
I pazienti sono stati controllati dopo 2 mesi e al termine dello studio (6 mesi) con valutazione della sintomatologia dolorosa  attraverso la scala VAS e il giudizio globale soggettivo sia del paziente che del medico riguardo al trattamento.
I risultati hanno mostrato in tutti i pazienti un miglioramento delle variabili considerate rispetto alle condizioni basali sia al primo controllo che al controllo dopo 6 mesi di trattamento.
In entrambe le valutazioni le differenze di punteggio rispetto al basale erano statisticamente significative (p<0,001). Il miglioramento più importante della sintomatologia è avvenuto nei primi mesi della terapia, mantenendo lo stesso livello fino al sesto mese di terapia. Questo dato è in accordo con i risultati di una precedente esperienza con clodronato per via i.m. nella stessa tipologia di pazienti. (Figura 5)



Figura 5. Valutazione dell’effetto antalgico di clodronato in pazienti con artrite reumatoide valutato con scala VAS e secondo il giudizio del paziente e dello sperimentatore.

Uso del clodronato nell’osteolisi periprotesica

Una delle cause più comuni del fallimento protesico dopo artroprotesi è rappresentata dalla perdita di massa ossea a livello periprotesico.
La patogenesi della mobilizzazione della protesi d’anca è tuttora piena di incognite anche se appare chiaro che l’elemento fondamentale è il riassorbimento osseo periprotesico che rende l’impianto mobile  e quindi non più idoneo.
In fase iniziale all’esame radiologico il riassorbimento osseo si evidenzia con la presenza di linee di radiotrasparenza che non sono necessariamente associate a scollamento della protesi.
L’ampliamento progressivo delle strie di radiotrasparenza associato alla comparsa di dolore, ipomobilità dell’arto sono invece segni patognomonici del fallimento dell’impianto protesico.
L’esame scintigrafico con tecnezio radioattivo, mostra invariabilmente, in questi casi, aree periprotesiche di ipercaptazione localizzate intorno allo stelo o all’acetabolo documentando l’intenso rimodellamento presente all’interfaccia osso-protesi.
A spiegare questo riassorbimento osseo periprotesico contribuiscono parecchi fattori di tipo meccanico e biologico. Lo studio del materiale derivante dagli interventi di reimpianto, può fornire informazioni utili alla definizione della problematica.
A questo scopo sono stati effettuati diversi studi volti ad analizzare dal punto di vista istologico materiale prelevato all’interfaccia osso-protesi in interventi di revisione sia in casi di protesi cementate che non cementate
Dall’esame istologico di materiale periprotesico prelevato dal riempimento emerge che il quadro istologico non differisce sostanzialmente nei casi di protesi cementate o non cementate.
In entrambi i casi l’osso a contatto con la protesi, o con il cemento, mostra fenomeni di apposizione o di riassorbimento. I fenomeni di apposizione sono evidenziati dalla presenza di ampi bordi di tessuto osteoide a contatto con osteoblasti per lo più attivi.
Le marcature fluorescenti evidenziate hanno permesso di documentare, inoltre, la vivace attività, osteoblastica presente e fenomeni di riassorbimento sono evidenziati dalla presenza di ampie lacune di Howship  nelle quali si osservano osteoclasti attivi.
Tra l’osso e la protesi, sia cementata che non cementata, si osserva la presenza di tessuto connettivale infiltrato da numerose cellule istiocitoidi e da cellule giganti da corpo estraneo.
Tale reazione ai detriti frutto dell’usura delle componenti protesiche innesca stimolazione macrofagica.
Il corredo enzimatico dei macrofagi è in grado a sua volta di attivare gli osteoclasti che sono i diretti responsabili dell’osteolisi.
Sulla base delle conoscenze acquisite al momento attuale, è stato ipotizzato che il clodronato possa ridurre la produzione di mediatori dell’infiammazione e modulare l’attività degli osteoclasti al fine di ridurre il riassorbimento osseo.
A tale scopo è stato effettuato uno studio randomizzato e placebo controllato su 100 pazienti operati di artroprotesi non cementato con stelo in lega di titanio e rivestimento prossimale di idrossiapatite. Nei pazienti era stata riscontrata una precoce perdita di massa ossea a livello periprotesico. I pazienti sono stati seguiti con un follow up di 1 anno.
Nei pazienti trattati con clodronato è stata riscontrata una minor perdita di massa ossea sia a livello prossimale del femore che a livello acetabolare ed una soppressione significativa dei marker biochimici dell’osso con una buona  tollerabilità del farmaco. (Figura 6)

Figura 6. Differenze % di BMD femore periprotesico globale vs basale


Tale studio suggerisce che il clodronato può rappresentare un presidio terapeutico sicuro ed efficace sia nel prevenire la perdita precoce di massa ossea a livello periprotesico dopo interventi di artroprotesi e  sia nel trattamento dell’osteolisi periprotesica al fine di ritardare un eventuale intervento di riprotesizzazione ove necessario dall’evoluzione clinica sfavorevole.

Dolore in sede di iniezione

A seguito di esperienze nella pratica clinica di studi sulla tollerabilità locale, è noto che la somministrazione del clodronato in fiale da 100 mg per via intramuscolare può indurre una certa dolorabilità nel sito di iniezione. In considerazione della durata della terapia nell’osteoporosi, è importante incrementare quanto più possibile la compliance delle pazienti e, da questo punto di vista, la riduzione della dolorabilità locale può rappresentare uno strumento per incrementare l’accettabilità del trattamento da parte delle pazienti osteoporotiche. L’associazione nella stessa fiala di clodronato con una sostanza (lidocaina) in grado di ridurre la sensazione di dolore associata all’iniezione intramuscolare, è stata valutata in uno studio preliminare sul test da leccamento della zampa di topo, effettuato con diverse formulazioni di clodronato e ha dimostrato che il dolore provocato dalla iniezione nella zampa dell’animale di 20 µl di clodronato veniva significativamente ridotto dall’aggiunta di lidocaina 1% alla formulazione nota. Ulteriori studi sono stati condotti per studiare la tollerabilità nel cane e la tollerabilità e la farmacocinetica nel volontario sano di clodronato con lidocaina, in entrambi i casi in confronto alla formulazione di clodronato senza lidocaina; i risultati hanno dimostrato l’assenza di tossicità sistemica sia del clodronato con lidocaina che del clodronato senza lidocaina.
In uno studio di farmacologia clinica, in 30 volontarie sane (età 49,4 ± 9,4 anni) è stata valutata l’attenuazione della sintomatologia dolorosa a livello locale del clodronato con lidocaina in confronto al clodronato con alcool benzilico e al solo clodronato. Nello studio, in doppio cieco, con disegno cross-over a tre vie, i tre diversi trattamenti sono stati somministrati in dose singola, con un periodo di wash out di due settimane tra l’uno e l’altro. La valutazione della dolorabilità locale è stata effettuata immediatamente e 15 min., 30 min., 1, 2, 4, 6 e 8 ore dopo l’iniezione, utilizzando una scala visuale a 100 punti, VASpi (Visual Analogue Scale for Pain Intensity) ed una scala verbale a 8 punti, VRSpi (Verbal Rating Score for Pain Intensity); le volontarie hanno dato una loro valutazione globale del dolore 8 ore dopo il trattamento usando una scala di punteggi verbale, VRSop (Verbal Rating Score for Overall Pain).
Il dolore più intenso è stato segnalato immediatamente dopo l’iniezione ed è risultato sovrapponibile nelle due formulazioni con anestetico e più elevato con clodronato senza lidocaina; il dolore poi si è ridotto con tutti i trattamenti ma molto più rapidamente con clodronato + lidocaina (entro 15 minuti il dolore è praticamente scomparso).
I risultati dello studio, espressi come sensazione di dolore secondo la scala VRSpi e come valutazione globale del dolore secondo la scala VRSop dopo 8 ore dalla somministrazione, hanno permesso di dimostrare la migliore tollerabilità nel sito di iniezione per la formulazione di clodronato con lidocaina rispetto alle altre due formulazioni testate. (Figure 7 e 8)

Figura 7. Sensazione di dolore durante le 8 ore dalla somministrazione della formulazione test e delle due formulazioni di riferimento in 30 soggetti (VRSpi).

Figura 8. Valutazione globale del dolore 8 ore dopo somministrazione della formulazione test e delle formulazioni di riferimento in 30 soggetti (VRSop).

Inoltre, non sono state osservate variazioni sui segni vitali nè modifiche dei parametri di laboratorio, nè sono stati segnalati effetti indesiderati in seguito ai trattamenti e, per quanto riguarda le indagini farmacocinetiche, non sono state osservate differenze statisticamente significative tra i trattamenti a nessun tempo di rilevamento. In conclusione, gli studi effettuati hanno confermato che la formulazione di clodronato con lidocaina, oltre a mantenere l’efficacia antiosteoporotica e l’attività antiinfiammatoria e analgesica proprie della molecola clodronato, è anche in grado di attenuare efficacemente il dolore conseguente alla somministrazione intramuscolare di clodronato, confermandosi come una valida alternativa all’attuale clodronato iniettabile senza lidocaina.

Conclusioni

La letteratura esistente sul clodronato conferma la sua efficacia nell’osteoporosi in quanto agisce sul turnover osseo e svolge anche un’attività antalgica. Tali caratteristiche lo rendono indicato nel trattamento di molte patologie di pertinenza quali l’osteoporosi senile, le fratture vertebrali osteoporotiche, la sindrome neuro-algo-distrofica, l’artrite reumatoide e l’osteolisi periprotesica. Inoltre, ulteriori benefici possono derivare dall’utilizzo della formulazione di clodronato con lidocaina, che per la scarsa dolorabilità nel sito di iniezione, migliora la compliance del paziente e la sua aderenza alla terapia; infine, l’ottima tollerabilità del farmaco lo rende idoneo anche per terapie di lunga durata e per la riduzione dell’uso di altri farmaci antidolorifici.

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Study Report CRO-PK-02077 - Rapporto non pubblicato - 11/04/2003
- “Evaluation of analgesic efficacy of Lidocaine and Benzyl alcohol in parenteral formulation of Clody”.
Pharmacology and Toxicology Laboratories - Chiesi Farmaceutici S.p.A. DF/RP/15/009/02 - Rapporto non pubblicato - 05/04/2002

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