Gli infortuni nello sci alpino e snowboard
M. Freschi


Studio descrittivo sull’abitudine alla pratica sportiva all’inizio della carriera scolastica
M. Noseda


La parola al radiologo
La Cardio-RM nello sport

R. Faletti


Biodisponibilità e tollerabilità locale di un nuovo
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Anno 9 - Numero 4 - 2009
IL MEDICO SPORTIVO
Periodico di aggiornamento scientifico e
professionale

Gli infortuni nello sci alpinoe snowboard

Marco Freschi
Specialista in Medicina dello Sport, Medico dello Sport delle Squadre Nazionali di Sci Alpino, componente della Commissione Medica F.I.S.I. Medico Gestore presso il Centro di Riabilitazione ISOKINETIC - Milano

Introduzione
Lo sci alpino è uno degli sport più praticati nel mondo, la sua popolarità è notevolmente aumentata negli ultimi 30 anni grazie alle imprese di grandi campioni, capaci di emozionare con il loro coraggio e le loro gesta atletiche. In Italia viene praticato da oltre 3 milioni di persone ogni anno.
A livello agonistico, si suddivide in quattro categorie, molto diverse tra loro per impostazione, velocità e modalità di esecuzione del gesto tecnico. Basti pensare che si passa da una disciplina come la discesa libera, la cui gara più lunga a livello agonistico dura circa di 2 minuti e mezzo, con velocità di punta di oltre 140 km/h, a specialità come lo slalom, la cui durata è appena sotto al minuto, le velocità ridotte al massimo a 40 km/h, con serie di curve strettissime. A queste discipline si è affiancata, dagli anni ot­tanta in avanti, la specialità dello snowboard, con caratteristiche tecniche e di materiali completamente diverse (si pensi ai piedi, vincolati entrambi su una stessa tavola), che con lo sci alpino ha in comune solo i pendii innevati e gli impianti di risalita.
Qualunque sia la modalità di discesa praticata, sciare è soprattutto emozionante e divertente, oltre ad essere un ottimo modo per mantenersi in forma e in stato di salute e per ritrovare il contatto con la natura. D’altra parte, anche e soprattutto a livello amatoriale e non agonistico, dove non si raggiungono certo le velocità e le forze dei professionisti, lo sci alpino è anche uno sport ad elevato rischio di infortuni, soprattutto se non vengono prese le giuste misure preventive.


Frequenza degli infortuni

Negli ultimi decenni la frequenza degli infortuni sulle piste da sci si è sostanzialmente ridotta, le cause principali vanno ricercate nel miglioramento dei materiali tecnici (attacchi più sicuri e scarponi più alti, sci carvati, cioè con punta più larga e parte centrale più stretta e quindi più facili da utilizzare, almeno per i principianti), nella migliore capacità tecnica dei partecipanti, oltre che nelle condizioni di innevamento migliorate dall’introduzione del­la neve artificiale e dalla preparazione più accurata delle piste stesse.
Ad onor del vero, occorre precisare che l'anno seguente ad ogni introduzione di un cambiamento (neve artificiale, sci carving, ecc.), vi è stato un picco di infortuni, almeno secondo le statistiche FISI (Federazione Italiana Sport Invernali) di atleti professionisti, seguito sempre da una discesa costante negli anni successivi, fino a livelli più bassi della partenza (Figura 1). Tale fenomeno è spiegabile con la necessità di un periodo di adattamento, una sorta di curva di apprendimento, per imparare l’uso corretto dei nuovi materiali.
Si è passati da circa 6-7 infortuni per 1000 praticanti al giorno dei primi anni ’80, a circa 2-3, nonostante il numero di visitatori delle piste sia pressoché raddoppiato, aumentando quindi il rischio di scontri per l’affollamento, presente soprat­tutto in alcuni periodi dell’anno.
La modalità di incidente (Tab.1) non è sostanzialmente differente tra sci e snowboard, la caduta accidentale risulta infatti per entrambi di gran lunga la più frequente. Oggi, l’incidenza media è di circa 3 infortuni ogni 1000 sciatori al giorno, con frequenza lievemente maggiore per i bambini e gli adolescenti rispetto agli adulti. Le statistiche pubblicate dalla Polizia di Stato italiana, riguardanti i soccorsi sulle montagne italiane nella stagione 2003-2004, ci mostrano che il maggior numero degli infortuni è a carico di chi pratica lo sci alpino (79%) rispetto allo snowboard (16%), almeno come numero totale, mentre all’ultimo posto troviamo gli incidenti su bob o slittino (5%) (Figura 2). Non va dimenticato, inoltre, che la percentuale dei praticanti lo snowboard, benché in aumento, è oggi largamente inferiore a quella degli sciatori tradizionali e rappresenta, a seconda delle statistiche dei vari Stati, circa il 15 - 30% di tutti gli sciatori.



Tipo e sede degli infortuni
Dalla letteratura esaminata, riportata in bibliografia, si possono estrapolare i dati raffigurati nella Figura 3 che indica il tipo di infortunio in base allo sport praticato. Da essi si evince che gli infortuni più frequenti in assoluto sono le contusioni e le distorsioni: in particolar modo nello sci alpino, dove l’articolazione più interessata è il ginocchio (Figura 4). In parte ciò è dovuto al fatto che l’evoluzione dei materiali ha portato lo scarpone ad essere più alto e rigido rispetto a qualche decennio fa, questo fa sì che gli infortuni un tempo più frequenti in questo sport, cioè la frattura di gamba (tibia e perone, Figura 5) e la distorsione di caviglia, si siano ridotti in percentuale sul numero totale ben del 90%.
Tuttavia, vincolando piede e gamba, i moderni scarponi finiscono con lo scaricare le forze torsionali direttamente sulla prima articolazione libera di ruotare sul proprio asse: il ginocchio. Per questo motivo, le distorsioni di ginocchio sono aumentate notevolmente e con esse le lesioni del legamento crociato anteriore, incrementate negli ultimi 30 anni del 280%! (Figura 6). Come precedentemente affermato, e come riportato nel grafico riguardante le diverse tipologie di infortunio nelle due discipline maggiormente praticate, le distorsioni rappresentano in media circa un terzo di tutti gli infortuni. L’articolazione più colpita è senza dubbio il ginocchio: a seconda delle statistiche prese in esame, esso risulta coinvolto da metà a un terzo delle volte. Nello snowboard, la tipologia degli infortuni è sostanzialmente diversa rispetto allo sci tradizionale. In particolare, sono più frequenti i traumi agli arti superiori (dove predominano le fratture di polso e le lussazioni di spalla) e i traumi contusivi al tronco e alla testa; meno frequenti quelli agli arti inferiori. Appaiono ridotti i traumi alle ginocchia (in relazione al vincolo comune dei piedi sulla tavola), mentre è maggiore l’incidenza di traumi alla caviglia (distorsioni e fratture), a causa degli scarponi più morbidi rispetto allo sci tradizionale. Caso interessante da prendere in esame, è l’analisi degli infortuni su atleti di alto livello: dai dati FISI di atleti nazionali, presentati nel Novembre 2004 dai dottori H. Schönhuber e R. Leo, in occasione dell’8th International Conference Orthopedic, Biomechanics, Sport Rehabilitation, Perugia 2004, e riguardanti le stagioni 1985-2004, notiamo come le distorsioni siano al primo posto nella frequenza dei traumi, molto più che negli amatori (52 % contro 37%).
Delle 328 distorsioni, il 74% riguarda il ginocchio (243), all’interno del quale per 101 volte è avvenuta la lesione del legamento crociato anteriore (35 volte lesioni isolate). Pur essendo più preparati fisicamente, quindi, i professionisti si fann+o male ugualmente, probabilmente per l’alta velocità a cui avviene il trauma (e quindi per il minor tempo a disposizione per poter mettere in atto i meccanismi difensivi di protezione) e per le enormi forze a cui sono sottoposti muscoli e articolazioni nella gestione dei materiali, che difficilmente perdonano errori tecnici. (Figura 7)



Sci alpino e meccanismi di rottura del legamento
crociato anteriore

(tratto da Boldrini L, Freschi M, Tellatin E, La prevenzione degli infortuni nello sci alpino. Isokinetic Sport Rehabilitation Network - Education Research Department)
Conoscendo le principali funzioni del legamento crociato anteriore, si possono anche meglio comprendere i meccanismi responsabili di una sua rottura. Tale legamento, guardato nel suo percorso dalla tibia verso il femore (dal basso verso l’alto), è teso dalla parte interna verso quella esterna del ginocchio e dall’avanti all’indietro. (Figura 8)
Esso è responsabile, quindi, della tenuta del ginocchio in senso antero-posteriore (evita che la tibia scivoli troppo in avanti rispetto al femore) e durante la rotazione interna della tibia. Ogni meccanismo lesivo che vada a “stressare” oltre il limite fisiologico questi movimenti può far rompere più facilmente una parte o tutte le fibre del legamento.
I meccanismi con cui avviene la distorsione di ginocchio e spesso, purtroppo, la lesione del legamento crociato anteriore (LCA) sono i seguenti:

• valgo stress puro: il ginocchio è portato in modo esagerato verso il centro del corpo (ad esempio incrocio delle punte con peso in avanti); spesso la prima struttura che cede è il legamento collaterale mediale;

• valgo-rotazione esterna (di tibia)-(Figura 9): è il meccanismo più frequente di rottura del LCA e si verifica durante un cambio di direzione o una ricaduta da un salto in posizione sbilanciata. Avviene mentre il piede ruota all’esterno rispetto alla direzione d’avanzamento dello sciatore, senza che questo riesca a riportarlo nella direzione corretta.
Se la forza risulta eccessiva, si ha spesso una rottura del legamento collaterale mediale, del legamento crociato anteriore e, a volte del menisco mediale;

• varo-rotazione interna: meccanismo non molto frequente, avviene durante un rapido cambio di direzione in cui il piede ruota all’interno rispetto al ginocchio e il peso dello sciatore si porta verso l’esterno. Tale movimento provoca a volte la lesione del legamento crociato anteriore e frequentemente anche del legamento collaterale laterale;

• iperestensione: si verifica durante una ricaduta non controllata da un salto su un pendio in forte pendenza, quando l’impatto avviene con le code degli sci, provocando la lesione isolata del legamento crociato anteriore, attraverso un meccanismo chiamato “phantom foot” (piede fantasma) in cui il peso del corpo è scaricato in modo scorretto sul ginocchio (Figura 10);

• recupero da posizione­­­­­ arretrata (falling back recovery): è un meccanismo quasi specifico dello sci che avviene con una violenta contrazione del quadricipite a ginocchio flesso (Figura 11). Lo sciatore perde la centralità, si appoggia prevalentemente su un solo sci ed arretra il baricentro: il ginocchio dell’arto in appoggio è in iperflessione ed extrarotazione, mentre il quadricipite si contrae massimamente nel tentativo di ristabilire l’equilibrio. In queste condizioni il LCA viene sollecitato al massimo fino alla rottura;

• rottura da scarpone (boot-induced rupture): si verifica in seguito ad un improvviso arretramento del baricentro, con conseguente tentativo dello sciatore di ristabilire la centralità dell’assetto facendo leva sul bordo posteriore dello scarpone (per esempio durante un tentativo di ritornare in posizione dopo un atterraggio arretrato da un salto). In questo caso, spesso non si verifica la caduta ed è sempre il bordo dello scarpone che trasmette al ginocchio l’energia meccanica accumulata durante l’arretramento, arrivando a ledere il LCA.

Per quanto riguarda i traumi discorsivi, lo studio Ettlinger et al. ha dimostrato che, nella stagione 1993 – 1994, un programma di informazione che prevedeva l’osservazione, da parte degli atleti, di scene registrate in cui si verificavano lesioni del ginocchio, era stato in grado di ridurre l’incidenza di tale evento lesivo. In questo stesso studio, gli Autori hanno anche delineato delle linee guida da acquisire e seguire durante una caduta, al fine di proteggersi dai gravi infortuni: i comportamenti e gli atteggiamenti suggeriti in queste linee guida sarebbero efficaci nel ridurre del 62% l’incidenza di lesioni al LCA. Riportiamo di seguito i comportamenti da adottare per ridurre il rischio di lesione del legamento crociato anteriore (ACL-awareness), suggeriti da questo gruppo di ricerca del Vermont (USA) nel 1995:
1) Non raddrizzate completamente le gambe quando cadete; mantenete le ginocchia flesse.
2) Non cercate di alzarvi fino a che non vi siete fermati.
3) Durante una caduta, quando vi accorgete di avere ormai perso l’equilibrio, mantenete gli arti in alto e in avanti. Evitate pericolosi e spesso inutili tentativi di frenare la caduta con gli arti.
4) Non saltate se non sapete come è il terreno oltre il salto. Cercate di atterrare su entrambi gli sci, mantenendo le ginocchia flesse.

Trattamenti successivi ad una distorsione di ginocchio
Nel caso in cui si dovesse subire una distorsione di ginocchio, nonostante le precauzioni prese durante la caduta, e, ancor prima, una buona ed adeguata preparazione fisica per affrontare le prime discese della stagione invernale, ecco di seguito elencate alcune indicazioni utili per riconoscere un infortunio potenzialmente grave, ricordando, comunque, l’importanza di non affidarsi solo all’intuito, ma di effettuare una visita al pronto soccorso o presso un medico specialista in ortopedia e traumatologia o in medicina dello sport:
• Importante e ben visibile deformità del ginocchio
• Impossibilità a mantenere il peso sull’arto interessato
• Abbondante gonfiore dell’articolazione nelle due ore successive all’infortunio
• “Ginocchio bloccato”, impossibilità all’estensione completa
• Sensazione di gonfiore dolente alla pressione su un’area localizzata

In presenza di una distorsione capsulo-legamentosa, lo sciatore avverte un dolore acuto e, a seconda della gravità della lesione, il ginocchio può gonfiarsi e l’impotenza funzionale essere totale.
In questi casi va immediatamente applicato del ghiaccio (o neve… è presente in abbondanza!), per contrastare da subito il gonfiore. È importante non muovere l’infortunato ed anzi cercare di immobilizzare la gamba, ovviamente avvertendo il prima possibile i soccorsi. In caso di trauma contusivo, oltre al ghiaccio ed eventualmente al bendaggio compressivo, soprattutto se è presente un ematoma, può essere opportuno utilizzare dei preparati topici in gel o crema a base di escina o eparinoidi, per ammorbidire la parte e velocizzare il processo di guarigione.
Dopo qualche giorno dall’evento traumatico, viene solitamente avviato il processo diagnostico. Nel caso di una lesione del legamento collaterale interno, la prognosi è normalmente buona: si guarisce senza intervento chirurgico in 6-8 settimane, tenendo il ginocchio immobilizzato in estensione, o nei primi gradi di flessione con un tutore per 2-3 settimane, a seconda della gravità del trauma.
Già nel corso delle prime settimane si può rimuovere temporaneamente il tutore per sottoporsi a terapie fisiche ed effettuare esercizi di riabilitazione. ­Nel caso di una rottura del legamento crociato anteriore, l’approccio terapeutico dipende da numerosi fattori quali la gravità della lesione e il livello sportivo dell’infortunato:

PER GLI SPORTIVI che devono recuperare velocemente e per attività ad alta richiesta funzionale, questo tipo di lesione si cura chirurgicamente in artroscopia. Con l’intervento si sostituisce il legamento infortunato con materiale biologico prelevato da altri tendini dello stesso paziente (un’altra tecnica innovativa consente il prelievo da tendini di cadavere). Segue una riabilitazione, che per professionisti di alto livello può essere particolarmente accelerata.

PER INDIVIDUI NON SPORTIVI, invece, può essere programmata con più calma una prima fase di riabilitazione (fase preoperatoria), durante la quale si stabilizza il ginocchio e lo si prepara all’eventuale intervento chirurgico.

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Successivamente all’intervento, verrà ef­fettuato un programma di rieducazione progressivo per ottenere il completo recupero della funzionalità (5-6 mesi). Naturalmente può anche essere presa la decisione di non operare il ginocchio. È di comune riscontro il fatto che alcune persone riescano a sciare anche con il crociato anteriore rotto. Consigliamo, comunque, di prendere una decisione di questo tipo sempre in accordo con un medico, che potrà consigliarvi l’eventuale migliore tutore per dare più stabilità al ginocchio durante lo sport, ma che, soprattutto, vi indicherà il programma atletico e preventivo da effettuare per affrontare al meglio le discese in condizioni “non perfette”.
In questo caso, occorre comunque ricordare l’importanza, anche a livello preventivo, della ginnastica propriocettiva e che la muscolatura diventa il vero apparato stabilizzatore del ginocchio: va quindi preparata al meglio per evitare che, senza la corretta stabilità, le forze articolari vengano scaricate in modo errato su altre strutture (come i menischi e la cartilagine), potenzialmente più a rischio di lesione.

Lo Snowboard: traumi e trattamenti
Oltre il 70% degli snowboarder è un maschio di età compresa tra 16 e 24 anni. Negli ultimi anni, comunque, il profilo è cambiato, soprattutto per l’aumento del numero delle donne e per qualche sportivo più anziano. Una delle differenze principali con lo sci alpino, è che i principianti snowboarder costituiscono il 40–60% degli infortunati, mentre nello sci alpino si attestano tra il 18 e 34%. In molti studi, più della metà dei principianti infortunati non ha mai preso lezioni. L’incidenza degli infortuni è simile a quella dello sci alpino, assestandosi a 4 infortuni per 1000 sciatori al giorno, contro i 3 dello sci, anche se in alcune statistiche il numero arriva fino a 16. (Tabella 2)
La maggior parte degli infortuni avviene per “errore umano”, abbinato a equipaggiamenti insufficienti; comparati con gli sciatori, gli snowboarder si infortunano tre volte più frequentemente nei salti. Contrariamente al comune percepito, come illustrato nella Tabella 1, le collisioni con persone e oggetti contano negli infortuni meno del 10% del numero totale. Sebbene da qualche anno la maggior parte dei partecipanti utilizzi corrette calzature, ancora troppo pochi adottano le adeguate protezioni, soprattutto per polso e gomito; circa la metà degli infortunati ha meno di un anno di esperienza, con addirittura il 20-36% degli infortuni che si verifica mentre si prova l’attrezzo per la prima volta. Studi che hanno approfondito l’argomento degli infortuni della “prima volta” indicano che il prendere lezioni abbassa notevolmente il tasso di danni, individuando questo comportamento come una strategia di gestione del rischio. La principale differenza con lo sci alpino è l’inversione della proporzione degli infortuni degli arti superiori e del tronco-bacino rispetto a quella degli arti inferiori, che nello snowboard è di 2 a 1, al contrario appunto dello sci.
Come accennato in precedenza, la parte più colpita è il polso, che come distretto conta per il 22% di tutte le lesioni, due terzi delle quali sono fratture. Il meccanismo principale di infortunio è illustrato nella Figura 12, con la caduta su mani e bassa schiena all’indietro, condizione che frequentemente causa danni ai polsi e traumi lombari con più o meno vaste contusioni. Le distorsioni e le fratture di polso (Figure 13 e 14) sono più comuni nei principianti, nelle donne e nei giovani. I gruppi intermedi e più esperti, soprattutto maschi, vanno incontro più frequentemente a danni a mano, gomito e spalla. Sebbene alcuni studi di biomeccanica effettuati su cadaveri non sembrino dimostrare l’effettiva efficacia delle protezioni per i polsi nella prevenzione delle fratture, inchieste su incidenti avvenuti contano maggiori e più importanti traumi ai polsi in chi non utilizza i tutori rispetto a chi ne fa uso. Per tutti i traumi agli arti superiori che causano un gonfiore e una deformità, si raccomanda l’effettuazione di accertamenti radiologici per escludere la presenza di fratture o lussazioni. In questi casi, spesso la frattura è composta e richiede quindi solo l’immobilizzazione con apparecchi gessati.
La lussazione richiede, invece, di essere ridotta per ripristinare la normale articolarità, e di essere successivamente immobilizzata con tutore per almeno 3 settimane. Nei casi più gravi, per il polso e un po’ più spesso nel gomito, occorre invece l’intervento chirurgico di stabilizzazione della frattura. In quei casi fortunati in cui il trauma è solo contusivo, il trattamento è sempre con ghiaccio ed eventualmente antiinfiammatori orali come diclofenac, ketoprofene, naprossene o a scelta tra i nuovi cox-2 inibitori.
Se concomita un ematoma dei tessuti molli, anche nei casi di traumi lombari o glutei (Figura 15), una volta scongiurata la non frequente possibilità di lesioni vertebrali o ossee del bacino, si consiglia terapia compressiva e con ghiaccio per i primi due-tre giorni, seguita da terapia con caldo e con preparati topici contenenti, ad esempio, eparinoidi, escina, per il riassorbimento più rapido dello stravaso ematico e dell’edema. In una fase più tardiva si possono associare anche terapie fisiche. Al contrario che nello sci, gli infortuni agli arti inferiori, specialmente al ginocchio, sono infrequenti; ciò è dovuto alla biomeccanica del gesto tecnico. Chi usa la tavola è fissato ad essa quando cade, e ciò non permette che essa faccia da leva, soprattutto per forze torsionali che spesso nello sci causano trauma distorsivi a questa articolazione. I principali infortuni agli arti inferiori nello snowboard avvengono sulla gamba portante che guida, che più spesso è la sinistra.
Gli infortuni dello sci sono già stati presi in considerazione. Nello snowboard, la frequenza del coinvolgimento del ginocc­hio è invece sovrapponibile a quella della caviglia, che nella maggior parte dei casi subisce una distorsione (52%) o una frattura (48%), senza che il tipo di tavola sembri influenzare queste percentuali.
Un infortunio abbastanza particolare, la frattura del processo laterale dell’astragalo, avviene nel 15% delle distorsioni di caviglia, pari al 2.3% di tutti gli infortuni dello snowboard, secondo un database di 7000 pazienti del Colorado infortunatisi con la tavola, a causa delle forze di compressione ed inversione risultanti nell’atterraggio dai salti.
La diagnosi clinica e anche quella radiologica possono essere difficili in questo tipo di infortunio, richiedendo a volte anche una TAC o RMN. Sfortunatamente, il trattamento conservativo può risultare in una significativa disabilità, a meno che sia mantenuto un corretto ed anatomico allineamento. Una buona gestione richiede una accurata diagnosi che comprenda i gradi di disallineamento e di comminuzione. Se sono presenti molti frammenti, la maggior parte degli Autori è favorevole ad una operazione precoce con carico a tolleranza. Se la frattura è largamente scomposta, è richiesta l’operazione a cielo aperto con una fissazione interna e uno scarico per 4-6 settimane. Studi di biomeccanica su cadavere hanno dimostrato che la maggior parte di queste fratture non ha luogo se il carico è dato in modo assiale alla posizione di flessione dorsale ed inversione; il processo laterale dell’astragalo, invece, si rompe frequentemente nel caso in cui alle due posizioni si associ una rotazione esterna. ■

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