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Anno 10 - Numero 2 - 2010
IL MEDICO SPORTIVO
Periodico di aggiornamento scientifico e
professionale


Una possibile causa di sciatica tronculare: la sindrome del muscolo piriforme
J.Lecocq, Me. Isner
Servizio di Medicina Fisica e Riabilitazione Chu de Hautepierre-Strasbourg - Jehan.lecocq@chru-strasbourg.fr

Introduzione

La sindrome del piriforme o del muscolo piriforme (detto anche piramidale), che si traduce clinicamente con dolore in regione glutea e/o con sciatica più o meno tronca, corrisponde ad una sindrome canalare del tronco del nervo sciatico, quando esso fuoriesce dalla pelvi attraverso la grande incisura ischiatica, in un canale delimitato in alto dal muscolo piriforme ed in basso dalla spina ischiatica, dal legamento sacro-spinoso (o piccolo legamento sacro-ischiatico) e dai muscoli gemello superiore ed otturatore interno (canale o foramen sotto-piriforme) (figura 1).
Il muscolo piriforme si inserisce sulla faccia anteriore della seconda, terza e quarta vertebra sacrale, fuoriesce dalla pelvi attraverso la grande incisura ischiatica per inserirsi sui bordi superiore e posteriore del gran trocantere (figura 1).

Esso è abduttore della coscia, quale che sia la posizione dell’anca.
In estensione (dell’anca) è rotatore esterno, quindi oltre i 90° di flessione è rotatore interno. Quando l’arto inferiore è in carico, l’azione di questo muscolo durante il cammino è più complessa e sarà affrontata più avanti. Sono descritte numerose varianti di rapporti anatomici fra muscolo piriforme e nervo sciatico, potendo quest’ultimo attraversare il corpo muscolare stesso, varianti che Beaton ha classificato in 6 tipi.
Questa sindrome sarebbe nota da tempo, poiché lo stesso C.E. Lasègue nel 1881, come riportato nella tesi del suo allievo
J.J. Forst, ha interpretato il segno che porta il suo nome come una messa in tensione del nervo sciatico sul bordo inferiore del piriforme, come una corda sul ponticello del violino. Nel corso del ventesimo secolo le pubblicazioni scientifiche su questa sindrome sono rare, relative ad osservazioni isolate o di brevi serie. Pace e Nagle ne hanno valutato la frequenza al 6% nel 1976, in una popolazione di 750 pazienti sciatalgici.
Essa è in questi ultimi anni oggetto di un ritorno di interesse, anche per la possibilità di un suo trattamento con la tossina botulinica, ed attualmente la sua stessa realtà clinica non è più messa in discussione come avveniva qualche anno fa. Fishman ha presentato recentemente i risultati di una serie di 733 pazienti seguiti in alcuni casi sino a 4 anni. Il ritardo diagnostico in questa serie era in media di 6,2 anni dopo aver consultato in media 6,5 medici. La sua frequenza non è dunque probabilmente così rara come viene abitualmente scritto ed essa è piuttosto sottostimata per mancata diagnosi.
Nessun studio metodologicamente rigoroso ha tuttavia valutato e validato i segni clinici e paraclinici né i mezzi terapeutici, che sono ancora oggetto di discussione.


Dati clinici
Le donne sono colpite più spesso, mediamente intorno ai quarant’anni, anche se in realtà la sindrome può manifestarsi a tutte le età. Si tratta il più delle volte di pazienti che svolgono attività fisica per sport o per professione.
I segni funzionali non sono specifici.
Il paziente si lamenta per un dolore gluteo profondo talvolta isolato, più spesso irradiato alla faccia posteriore della coscia, raramente oltre il ginocchio sino al piede.
Questa sciatalgia, tronca o non, non è accompagnata tuttavia da lombalgia e non ha carattere acuto. Si accentua col cammino e soprattutto durante la postura seduta prolungata. Possono associarsi parestesie lungo la proiezione del dolore (faccia posteriore della coscia, più di rado ai piedi), così come dolori perineali o pelvici.
All’esame clinico di questo paziente che lamenta una sciatalgia atipica, è essenziale non rilevare una sindrome vertebrale lombare (rigidità, contratture, dolore alla palpazione), ma la frequenza di banali disturbi intervertebrali minori (DIM), non legati a tale sindrome, possono complicare la diagnosi. La manovra di Lasègue non è positiva ma può diventarlo qualora l’arto venga posizionato in intrarotazione.Ugualmente la flessione del tronco, in ortostasi, può essere dolorosa e limitata se gli arti inferiori sono atteggiati in intrarotazione.
Eccezionalmente si rilevano segni deficitari sensitivo-motori e riflessi S1 e/o L5 e nel territorio sensitivo del nervo cutaneo posteriore della coscia (nervo piccolo sciatico).
Nelle forme evolute possono coesistere un’amiotrofia ed un deficit del grande gluteo, poiché il nervo gluteo inferiore passa ugualmente nel canale sotto il piriforme.
Di fronte alla mancata rilevazione di sindrome vertebrale lombare, di sindrome me­nin­gea e di sindrome neurologica, più segni devono essere ricercati al fine di orientarsi verso una sofferenza tronculare e non radicolare del nervo sciatico, da un lato grazie a manovre di messa in tensione del piriforme e dei muscoli pelvi-trocanterici, dall’altro grazie a manovre di palpazione.
Piuttosto che enumerare e cercare di memorizzare un gran numero di manovre peraltro simili, è più semplice comprendere che è necessario mettere in tensione il muscolo piriforme, passivamente e/o attivamente, partendo dalla conoscenza della sua funzione motoria sulla coscia, per scatenare un dolore gluteo e/o della faccia postero-esterna della coscia. Il muscolo viene stirato, quindi messo in tensione passivamente, posizionando passivamente l’arto inferiore in adduzione, rotazione interna massimale e moderata flessione, postura da mantenere da mezzo ad un minuto. In decubito supino, postura di massimo rilassamento per il paziente, costituisce il FAIR-test utilizzato da Fishmann (Flexion,Adduction, Internal Rotation) o manovra di Freiberg.
In decubito laterale sul lato indolore, col ginocchio del lato dolente che scivola in avanti sopra o al di fuori del lettino, tale postura, che viene assunta spontaneamente durante il riposo e spiega perché alcuni pazienti riferiscono dolori notturni, costituisce la manovra di Beatty. Il rilassamento del muscolo in rotazione esterna passiva spiega questo atteggiamento dell’arto inferiore, che talvolta si osserva. Le manovre di stretching, come quelle descritte più avanti, possono ugualmente scatenare il dolore. Tali manovre passive possono diventare più sensibili qualora si associ un secondo tempo di contrazione isometrica del piriforme, richiedendo al paziente una rotazione esterna insieme ad un’abduzione contro resistenza. La semplice messa in tensione attiva può essere realizzata, a paziente seduto, richedendogli un’abduzione della coscia contrastata (manovra di Pace e Nagle).
La palpazione ricerca un dolore lungo il decorso del piriforme, su una linea che unisce il gran trocantere al bordo sacrale della incisura ischiatica sia a livello del terzo esterno, quando il muscolo è più superficiale, sia al terzo interno dove il muscolo si fa più profondo al di sotto del grande gluteo.
Viene ugualmente utilizzata come repere l’intersezione fra la linea tuberosità ischiatica-spina iliaca antero-superiore e la linea gran trocantere-spina iliaca postero-superiore. La palpazione scatena il dolore e permette di avvertire una piccola contrattura o cordone duro e talvolta un “tremore” o scossa muscolare alla pressione profonda, associata ad una irradiazione dolorosa cutanea alla coscia, come descritto nella sindrome miofasciale dalla Travell. Nelle rare situazioni in cui sia difficile affermare che il dolore derivi dalla palpazione del piriforme, questo può essere palpato per via rettale, che permette talvolta di scatenare un verosimile segno di Tinel a livello del foramen sub-piriforme. Infine, un’infiltrazione anestetica, che utilizzi i punti di repere sopradescritti, può essere utile a fini diagnostici.

Eziologie
Le cause possono essere locali o regionali. Di rado può trattarsi di un processo espansivo intramuscolare (ascesso, tumore...) o intracanalare (aneurisma, lipoma...) la cui diagnosi è resa possibile dalle metodiche di diagnostica per immagine (figura 2).


Più spesso un traumatismo esterno, essenzialmente una caduta sui glutei (raramente di questi tempi un’iniezione intramuscolare) viene riferita durante la raccolta dell’anamnesi. Esso/a può causare un ematoma, che evolve in fibrosi cicatriziale con aderenze, od una semplice contusione o contrattura del piriforme.
Questo muscolo ed il nervo sciatico sono esposti a micro-traumatismi sportivi ripetitivi durante attività in posizione seduta, quali il ciclismo e l’equitazione. Un assetto errato della bicicletta ed una posizione troppo avanzata sulla sella (posizione “in punta di sella”) quando il ciclista vuole spingere sui pedali aumentano le sollecitazioni sul muscolo e ne riducono l’irrorazione sanguigna. La semplice ma prolungata postura seduta alla guida di un autoveicolo può diventare pregiudiziale. Durante la marcia e ancora di più durante la corsa, l’arto inferiore portante passa dalla rotazione esterna all’inizio del passo alla rotazione interna, per rotazione del bacino, alla fine. Ora il piriforme, quando il piede è poggiato a terra, controlla e frena grazie alla sua contrazione eccentrica questo movimento di rotazione del bacino: il che fa sì che durante la marcia si ripeta, per circa 600-700 volte per chilometro, una successione senza pausa di contrazioni concentriche e di stiramenti/contrazioni eccentriche di ciascuno dei due piriformi, la cui sinergia essenziale quanto complessa non è stata studiata.
Questa funzione di freno si accentua durante la corsa. è pertanto comprensibile come e perché questa sindrome si riscontri ugualmente nelle discipline dell’atletica e della maggior parte di quegli sports, basati sulla marcia o sulla corsa (tennis, calcio...), ma anche nella danza. Il sovrappeso peggiora questo fenomeno. è importante ricercare un’eventuale differenza di lunghezza degli arti inferiori poiché essa incrementa il sovraccarico dell’arto più corto, aumentando lo stiramento e le contrazioni del piriforme e provocandone dapprima l’ipertrofia, poi l’esaurimento sino all’amiotrofia. Altra causa di sovraccarico di questo muscolo è l’antiversione dei colli femorali, che determinano l’intrarotazione dei piedi, così come la pronazione dei piedi durante la corsa.
Ugualmente l’iperlordosi lombare con antiversione del bacino, la spondilolistesi lombare, la scoliosi lombare aumentano la tensione del muscolo e ne favoriscono la contrattura.
Un certo numero di patologie loco-regionali a genesi diversa con dolori simili può complicarsi verosimilmente, come abbiamo potuto verificare a più riprese, con una reazione o contrattura dolorosa (di origine riflessa?) del piriforme: innanzitutto le patologie dell’anca, che possono determinare una disfunzione del piriforme secondaria ad un’attitudine viziata dell’anca in rotazione interna, eccezionalmente dopo artroprotesi totale dell’anca. La patologia sacro-iliaca, infiammatoria o meccanica, può favorire una contrattura del piriforme. Infine una vera e propria sciatica S1 da ernia del disco può dar origine ad una contrattura di questo muscolo innervato da S1, la quale può peggiorare così la sciatalgia e soprattutto persistere successivamente, dopo regressione del conflitto disco-radicolare, sotto forma di una sindrome cellulo-teno-mialgica S1 ben descritta da Robert Maigne.
Il meccanismo propriamente detto della compressione del nervo sciatico al passaggio sotto il piriforme è chiaro quando esiste un processo espansivo locale o quando la compressione è complicata da una cicatrice fibrosa, infiammatoria o non. Al di fuori di queste situazioni il meccanismo è meno evidente. Può trattarsi di un’ipertrofia da sovrauso o costituzionale del piriforme ma l’asimmetria di volume dei piriformi alla RMN non è frequente e tantomeno necessaria per la diagnosi.
La modificazione anatomica dei rapporti piriforme/nervo o le varianti del livello di divisione del nervo sciatico non sono in tale sindrome più frequenti che nella popolazione di riferimento (nell’ordine del 10-15%) ed alcuni autori stimano peraltro che il passaggio del nervo sciatico attraverso il corpo muscolare rappresenterebbe piuttosto un fattore di protezione. Infine la contrattura del piriforme di origine riflessa ed ischemica è considerata come un fattore aggressivo per il nervo ma priva di reali prove. Infine, secondo Travell e Simons, il dolore della sindrome del piriforme potrebbe essere in rapporto con una sindrome miofasciale, la cui irradiazione a distanza dal muscolo non è legata ad una compressione o ad uno stiramento del nervo, bensì ad una semplice proiezione algica nello stesso metamero del muscolo.
Negli sportivi un meccanismo di iperpressione intramuscolare del piriforme, equivalente di una sindrome compartimentale, potrebbe forse essere preso in considerazione, come constatato dopo alcune manovre vascolari iatrogene?


Diagnosi differenziale
La diagnosi differenziale è difficile perchè diversi quadri clinici possono essere ac­compagnati da una secondaria sindrome del piriforme, come segnalato precedentemente. Tuttavia è essenziale eliminare in un primo tempo una causa vertebrale di questi dolori glutei e della faccia posteriore della coscia, innanzitutto una sciatica da vero conflitto disco-radicolare, ma ugualmente le altre cause di sciatalgia, in particolare le meningo-radicoliti, come la neuroborreliosi di Lyme.
Si deve ugualmente escludere una sindrome cellulo-teno-mialgica di Robert Maigne secondaria a disturbi intervertebrali minori della cerniera dorso-lombare, re­spon­sabili di una cellulalgia glutea o lombare bassa e della faccia laterale della coscia.
Le altre localizzazioni di sciatica tronculare sono più rare, a livello della tuberosità ischia­tica e del muscolo quadrato femorale o a livello della linea aspra del femore.
I foramen sovra- e sotto-piriforme sono vie di passaggio a livello delle grande e piccola incisure ischiatiche per altri nervi, vene ed arterie che possono essere compressi e dare origine a dolori locali o regionali in associazione o meno con una sindrome del piriforme. è quello che può accadere per il nervo gluteo superiore, o soprattutto per il nervo pudendo, causa di irradiazioni dolorose perineali non eccezionali in associazione con la sindrome del piriforme.
D’altronde gli altri muscoli pelvi-trocanterici, situati anch’essi a livello delle incisure ischiatiche, sono difficilmente distinguibili clinicamente dal piriforme e potrebbero essere all’origine di dolori viciniori ed eventualmente di sindromi canalari.
Sarà necessario inoltre ricercare le numerose altre cause di dolori della radice dell’arto inferiore, particolarmente di origine sacro-iliaca, coxo-femorale e tendinea. Per l’anca e negli sportivi, si dovrà pensare in particolare al conflitto anteriore di anca, che senza dubbio da meno sovente dolori posteriori ma la manovra di evocazione del dolore si pratica in flessione, adduzione e rotazione interna, proprio come il FAIR test. Sempre in ambito sportivo si dovrà escludere una possibile frattura da fatica o sovraccarico del bacino. Per le tendinopatie, la diagnosi differenziale deve porsi con forme croniche di rottura tendinea parziale dl medio e piccolo gluteo, con vere e proprie entesopatie del piriforme sul grande trocantere, con entesopatie degli ischio-crurali, eccezionalmente con un distacco della tuberosità ischiatica. Infine le vasculopatie arteriose glutee, che si traducono clinicamente con un dolore gluteo da sforzo, sono di diagnosi differenziale difficile, facilitate in un primo tempo dall’ecodoppler e dal valore della pressione sistolica alla caviglia, e possono d’altronde essere associate ad una sindrome del piriforme, dato che questi vasi passano attraverso i foramen sovra- e sotto-piriforme.
In sintesi, attualmente in assenza di segni patognomonici, la sindrome del piriforme resta una diagnosi per esclusione, poiché essa necessita della sistematica ricerca delle altre eziologie responsabili da un lato di dolori glutei, sacrali e/o della coscia, dall’altro di sciatalgie tronche o meno, inizialmente per mezzo di un accurato bilancio clinico poi per mezzo di uno paraclinico.

Bilancio complementare
Scopo principale è quello di eliminare una possibile origine rachidea e regionale, poi di ricercare un’eziologia “non meccanica”.
è necessario eseguire radiografie standard del rachide lombare, del bacino e delle anche e, nella maggior parte dei casi, una TAC od una RMN lombare per individuare segni di conflitto disco-radicolare.
Localmente, al minimo dubbio, l’ecografia, ancora poco utilizzatz per tale indicazione, la tomografia e soprattutto la RMN ricercano anomalie del piriforme, quali una semplice asimmetria destro-sinistro, ed analizzano i suoi rapporti col tronco dello sciatico. Tuttavia noi abbiamo abbandonato la realizzazione sistematica della TAC e della RMN pre-terapeutica perché l’asimmetria di volume del piriforme è raramente constatata e non può essere un importante criterio di diagnosi positiva. In caso di atipica clinica, di anomalia biologica o di un primo fallimento terapeutico, richiediamo una RMN a meno che non venga eseguita di primo acchito un’infiltrazione sotto controllo TAC.
Due recenti pubblicazioni statunitensi presentano risultati interessanti grazie alla neurografia per risonanza magnetica, che corrisponde ad una speciale se­quenza della RMN in grado di visualizzare i nervi con ipersegnale. Forse questa metodica segnerà in avvenire una maggiore diffusione della RMN. Il bilancio biologico ematico ricerca una sindrome infiammatoria od infettiva e comporta la sierodiagnostica della malattia di Lyme.
L’EMG ricerca segni di sofferenza radicolare L5 e/o S1, che non permettono di precisare tuttavia il livello del conflitto nervoso, e, di maggior interesse, segni di denervazione del muscolo grande gluteo, innervato dal nervo gluteo inferiore, che segue il nervo sciatico nel foramen sotto-piriforme.
Lo studio delle conduzioni nervose è il solo esame in grado di fornire un elemento patognomonico per la diagnosi di certezza. Infatti, secondo la descrizione di Fishmann, la manovra passiva del FAIR test provoca in caso di sindrome del piriforme un aumento della latenza del riflesso H ed una diminuzione d’ampiezza della risposta evocata H con diminuzione del rapporto delle ampiezze H/M. Per tale autore, l’aumento della latenza del riflesso H ad almeno 3 deviazioni standard possiede una specificità del­l’83% ed una sensibilità dell’88%. Noi usiamo questa misurazione elettrofisiologica ma riconosciamo anche importanza alla diminuzione d’ampiezza della risposta H.
Lo stesso autore ha anche dimostrato che i potenziali evocati somatosensoriali possono modificarsi e che la velocità di conduzione motoria del nervo sciatico dopo stimolazione magnetica lombare L5 era significativamente diminuita rispetto al gruppo di controllo.

Trattamento
Qualora una causa ben precisa sia messa in evidenza, si deve beninteso trattarla in prima istanza (per esempio, correggere una differente lunghezza degli arti inferiori). Negli altri casi, possiamo riconoscere 3 tappe terapeutiche. La prima tappa corrisponde a forme minori o precocemente individuate, particolarmente nello sportivo in rapporto ad un sovraccarico muscolare.
Il trattamento è essenzialmente locale e fa riferimento alla sospensione dell’attività, ad esercizi di stiramento muscolo-tendinei o stretching, alla chinesiterapia e terapia fisica e/o ai trattamenti manuali di tipo osteopatico come manipolazioni lombari e sacro-ilache, “strain counterstrain di Jones o “manipolazioni” dei nervi periferici, così come all’agopuntura. Non esiste in letteratura valutazione scientifica di queste tecniche secondo i principi della medicina basata sull’evidenza ma in queste forme cliniche i risultati sembrano soggettivamente buoni. Diverse manovre di auto-stiramento del piriforme sono praticabili. Tre di queste sono riportate nelle figure 3,4 e 5, in postura seduta e da supino. In stazione eretta davanti ad un tavolo, il piriforme può essere stirato contemporaneamente con i glutei, piegando sotto il tronco l’arto inferiore dolente in rotazione esterna ed inclinando il tronco in avanti sino a toccare il tavolo.


Benché si tratti di una rotazione esterna passiva, la flessione del tronco fa sì che l’azione di rotazione del piriforme si inverta.
Il trattamento fisioterapico comprende manovre di massaggio profondo come l’impastamento muscolare e il massaggio tranversale profondo di Cyriax in prossimità della zona di inserzione femorale, esercizi di contrazione-rilasciamento classici e molto efficaci per facilitare la risoluzione della contrattura, rieducazione lombare in caso di alterazioni morfologiche e statiche predisponenti. L’elettroterapia ad effetto antalgico, gli ultrasuoni, le onde corte non penetrano tanto profondamente ma possono essere utilizzate come adiuvanti sulla zona di inserzione femorale così come la crioterapia secondo la Travell.
Le terapie farmacologiche per os antalgiche, anti-infiammatorie e miorilassanti, benché di uso corrente, non hanno dimostrato dato prova di efficacia.
Nelle forme più dolorose o comparse tardivamente o in caso di risultato insufficiente dei trattamenti sopraccitati, è necessario passare di primo acchito ed in associazione alla seconda tappa, consistente in una o più infiltrazioni.

Sono possibili tre modalità di repere.
• La modalità più semplice è quella di utilizzare i punti di repere clinici indicati in precedenza, essenzialmente il bordo superiore del piriforme teso dal bordo superiore del gran trocantere al vertice della grande incisura ischiatica, individuata grazie all’estremità inferiore della sacro-iliaca.
Esistono diverse tecniche ma, al fine di evitare a colpo sicuro il nervo sciatico, si pratica l’infiltrazione alla giunzione del 1/3 medio-1/3 esterno e sul punto più doloroso. La difficoltà deriva dal fatto che non è possibile valutare la profondità (del piriforme), che varia non solo da individuo ad individuo ma anche nello stesso paziente, potendo andare da qualche centimetro a livello del trocantere a circa 10 centimetri e più a livello del bordo sacrale dell’incisura1. Alcuni autori hanno proposto di aiutarsi nella ricerca dei punti di repere con un dito introdotto per via rettale.

• La seconda modalità consiste sia nell’individuare il nervo sciatico per mezzo dell’elettrostimolazione come in anestesia regionale, sia nell’individuare il piriforme ed il suo punto motore grazie all’EMG facendo compiere al paziente un movimento di abduzione e/o di rotazione esterna, metodica molto utilizzata, talvolta insieme alla radioscopia. Infine la terza modalità, che ci sembra la più sicura e che noi utilizziamo regolarmente, è la ricerca con TAC, che permette di aggiungervi un tempo diagnostico e di guadagnare in tal modo una tappa.
Il muscolo è perfettamente visibile e, essendo il nervo sciatico situato in avanti poi al di sotto del muscolo, l’approccio per via posteriore non fa correre il rischio di pungere il nervo (figura 6).

Il secondo aspetto da considerare è la scelta del farmaco. A scopo diagnostico e/o nel quadro di una sindrome miofasciale, è preferibile usare un anestetico locale. Secondo Pace, corticoidi preferibilmente ritardo sono iniettati probabilmente allo scopo di agire sulla reazione infiammatoria che circonda il nervo nella sede della presunta compressione, non essendo il muscolo stesso sede di una flogosi. Il risultato non ha dato luogo a studi randomizzati controllati. Gli studi retrospettivi, come nostra esperienza personale, vanno nella direzione di un buon effetto antalgico nella maggioranza dei casi, ma di durata variabile, da qualche giorno a qualche settimana, raramente più di 1-1,5 mese e raramente definitivo, salvo nei casi poco severi e precocemente diagnosticati. La ripetizione delle infiltrazioni non ottiene nella maggioranza dei casi un risultato buono e definitivo.
Peraltro essendo l’iniezione intramuscolare il corticoide diffonde rapidamente, il che non rende la sua efficacia un test certo che si tratti solo ed unicamente di una sindrome del piriforme. Tali risultati non durevoli e gli effetti collaterali della corticoterapia hanno portato alcuni autori ad usare la tossina botulinica A (registrata come Dysport e Botox), che ha un costo elevato ma possiede un meccanismo d’azione più conforme alla sindrome del piriforme, poiché essa determina una paralisi parziale e transitoria del muscolo iniettato e sovente una modesta amiotrofia, che noi abbiamo constatato a più riprese alla TAC post-infiltrazione.
In più la tossina botulinica avrebbe probabilmente una propria azione antalgica, attualmente in corso di studio.Tre studi randomizzati e controllati (SRC) versus fisiologica e/o corticoide, fra cui quello di Fishmann in 67 pazienti e sette studi prospettici aperti, fra cui il nostro e quello di Fishmann che ha utilizzato questa volta tossina botulinica B in 27 pazienti, dimostrano nella maggioranza una diminuzione, significativa per gli SRC, del dolore di almeno il 50%, valutata negli studi che duravano da 2 a 12 settimane. Gli effetti secondari sono assenti o minimi e transitori.
Questi promettenti risultati devono essere completati con serie maggiori di osservazioni e soprattutto per tempi più protratti, al fine di precisare innanzitutto il numero di infiltrazioni (l’intervallo autorizzato fra due iniezioni è di almeno tre mesi) ma anche la dose ottimale di tossina (negli studi sono state utilizzate dosi da 100 a 200 UI di Botox e noi utilizziamo 500 UI di Dysport, interesse eventuale per la tossina B), il numero delle sedi di iniezione (da 1 a 4), la migliore metodica di ricerca del repere e gli effetti secondari, fra cui l’amiotrofia.
Nella maggior parte degli studi erano associate cinesiterapia e fisioterapia, metodiche che sono a nostro parere determinanti per un buon risultato.

• Il trattamento chirurgico, che corrisponde alla terza fase, non viene attualmente proposto che dopo fallimento dei precedenti trattamenti, durante un periodo non ancora codificato con precisione ma che secondo noi è attualmente di un anno, se consideriamo che la ripetizione delle iniezioni con tossina botulinica deve essere spaziata di almeno tre mesi. Nessuno studio recente indica la proporzione dei fallimenti dei trattamenti incruenti che rendono proponibile quello chirurgico, tranne quello di Fishmann che riferisce nella sua serie di 733 pazienti che 43 sono stati operati con risultati soddisfacenti nel 69% di essi. L’intervento consiste nella resezione del piriforme a livello della giunzione mu­scolo-tendinea esterna, talvolta a livello dello stesso gran trocantere.
La lisi aderenziale e l’esplorazione e la neurolisi del tronco dello sciatico completano il gesto chirurgico21. La cinesiterapia con esercizi di stiramento viene iniziata sin dai primi giorni post-intervento. I risultati nelle rare e brevi serie aperte sono buoni, la maggioranza delle pubblicazioni in merito non concerne che casi clinici isolati.
Di recente è stato anche proposto un ap­proccio chirurgico del piriforme per via endoscopica con un artroscopio ed in anestesia locale, al fine di ridurre le sequele post-operatorie.

Conclusioni
In conclusione, la sindrome del piriforme, ben conosciuta in ambito sportivo, è ancora troppo spesso misconosciuta in quello medico e dunque considerata rara o addirittura inesistente.
è essenziale che studi rigorosi valutino la sensibilità e la specificità dei segni clinici e paraclinici, affinchè questa sindrome non sia più diagnosticata per esclusione in caso di algie glutee e sciatalgie ad eziologia incerta e affinché verifiche terapeutiche permettano di codificarne sempre meglio il trattamento.
In ragione dell’importanza anatomica e funzionale della via di passaggio fra pelvi e glutei prima, arto inferiore poi, costituita dalle due incisure ischiatiche fra bordo laterale del sacro e bordo posteriore dell’osso iliaco e contenente numerosi vasi, nervi e muscoli oltre il nervo sciatico e il muscolo piriforme, e tenendo conto delle patologie di queste strutture all’interno di questa via di passaggio, si potrebbe proporre, come a livello del cingolo scapolare e dell’arto superiore, di raggruppare questi quadri clinici, che possono essere associati per una comune origine compressiva, sotto la denominazione di sindrome dello sbocco o dello stretto pelvi-gluteo-femorale o dell’incisura ischiatica. â– 

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