Vitamina D:
review della letteratura
M. Muratore, L. Quarta



Recensione
Conferme nel trattamento delle malattie reumatiche con Etoricoxib
A cura della Redazione




Selezione di Poster
e Abstract presentati al

3rd Joint Meeting
of International Federation of Foot & Ankle Societies Bahia, Brasile
18-20 settembre 2008


Recensione a cura della redazioe
Somministrazioni intra-articolari ripetute di Hylan g-f 20
in 169 pazienti con osteoartrite sintomatica dell’anca.
Studio di coorte di 24 mesi

Speciale Muscolo&Sport
C. Giammattei

Intervista con
Massimo Manara
Medico Sociale AC Milan

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Anno 8 - Numero 3 - 2008
IL MEDICO SPORTIVO
Periodico di aggiornamento scientifico e
professionale

Conferme nel trattamento delle malattie reumatiche con Etoricoxib

Recensione a cura della redazione della lettura presentata da L. Di Matteo,
UOC Reumatologia - Pescara

Dopo lo studio MEDAL, molte discussioni accese che si tenevano sui FANS tradizionali e i COXIB si sono un po' acquietate.
I FANS infatti si distinguono in COX-2 selettivi (a cui appartiene fondamentalmente la classe dei coxib) e FANS non selettivi (come naprossene, ibuprofene, diclofenac). In realtà questa classificazione appare oramai artificiosa, basti pensare infatti che celecoxib, che è uno dei principali coxib, ha una COX-2 selettività inferiore a nimesulide. Ci si deve chiedere se esista un unico meccanismo molecolare di interazione FANS-enzima COX-2/COX-1 o, al contrario, esistano interazioni diverse che giustificano la diversa selettività COX-1/COX-2 di ciascun FANS tradizionale e di ciascun coxib. Esistono almeno tre modelli di interazione. Il primo modello è quello che appartiene ai FANS tradizionali, in particolare ai FANS profen-based, in grado di interferire sia con la ciclossigenasi-1 che con la 2, attraverso un legame molto stretto con l'arginina 120. Un secondo modello invece è quello che appartiene a lumiracoxib ed, in parte, anche a diclofenac. Lumiracoxib è provvisto di un gruppo metilico e di un gruppo carbossilico; con il gruppo metilico lumiracoxib spinge la tasca della COX -2 e si lega alla leucina 384, col gruppo invece carbossilico si ancora invece alla tiroxina 385 ed alla Serina 530, sicché l'ancoraggio della molecola alla COX-2 risulta essere molto forte. Un terzo modello è quello che appartiene ai coxib sulfonamidici e sulfoni Dei sulfonamidi il prototipo è celecoxib, dei metilsulfoni è etoricoxib. Etoricoxib non interagisce con la ciclossigenasi-1, in quanto, nel tentativo di entrare nel canale che dovrebbe portare al legame con il side pocket idrofilico, è ostacolato nel suo ingresso da un grosso aminoacido che è la isoleucina 523. Etoricoxib perciò non entra nella COX-1; al contrario può entrare nella ciclossigenasi-2 ed inibirne l'azione, poiché l’aminoacido che fa da guardiano a questo canale è un aminoacido di piccole dimensioni, il valina 523.
Etoricoxib così riesce ad entrare in COX-2, cosa che giustifica la sua selettività per COX-2, come testimoniato dai livelli di prostaglandine e di trombossano. Alla domanda se esistano meccanismi molecolari diversi che giustificano la differente selettività COX-1/COX-2, si deve rispondere che esistono indubbiamente delle diversità e pertanto NON tutti i FANS sono uguali. Esistono FANS COX-2 selettivi che posseggono profili molecolari simili ai FANS tradizionali, con cui condividono alcune proprietà farmacologiche? A questa domanda si può rispondere guardando sempre la stessa tabella relativa alla COX selettività. Il più COX-2 selettivo, ha una struttura molecolare che somiglia molto da vicino a quella del diclofenac; questa similitudine farmacologica può giustificare il fatto che molte delle proprietà farmacocinetiche delle due molecole siano simili, e che talvolta non è proprio solo la COX-1/COX-2 selettività a condizionare gli effetti e la tossicità dei farmaci, ma anche la dose, l’emivita, la biodisponibilità, il volume di distribuzione e tutte le proprietà farmacocinetiche. Per rispondere alla domanda precedente, si può affermare che esistono FANS COX-2 selettivi, tipo lumiracoxib, che posseggono profili molecolari simili ai FANS tradizionali (diclofenac) con cui condividono alcune proprietà farmacologiche.
Una terza questione a cui rispondere è se per un FANS possedere una COX-2 selettività sia un pregio o un difetto. Se prendiamo la classe dei coxib, valdecoxib ha avuto vita breve; esso era il più COX-2 selettivo a quell'epoca e, per i fenomeni di tossicità cutanea a cui pazienti andavano frequentemente incontro, fu ritirato dal mercato. Un altro COX -2 selettivo fu rofecoxib, che indusse un rischio cardiovascolare tale da costringerne il ritiro dal mercato; tra l'altro fu proprio rofecoxib ad aprire una problematica che in parte criminalizzò tutti i coxib. Quando poi tutta una serie di studi successivi dimostrarono che era l'indometacina il farmaco più correlato a rischio d'infarto del miocardio, anche i dati sui FANS tradizionali cominciarono ad essere rivisitati.
Quando vennero pubblicati i dati dello studio MEDAL, si dimostrò, in maniera inequivocabile, che etoricoxib, nei confronti di diclofenac, aveva lo stesso rischio di eventi cardiovascolari (Figura 1)

 

Figura 1 - Programma MEDAL: incidenza cumulativa di eventi trombotici accertati (PP) CV = cardiovascolare; PP = per protocollo; IC = intervallo di confidenza; RR = rapporto di rischio Cannon CP et al. Lancet. 2006;368:1771–17


A quel punto anche l’AIFA si adeguò a questi dati e mise sullo stesso livello FANS non selettivi e coxib, prevedendone per entrambi la rimborsabilità.
Indipendentemente dalla COX-2 selettività, al di là di un profilo farmacologico di classe che compete a tutti i coxib, deve essere considerata una diversa specificità per efficacia e tollerabilità per ogni molecola della classe. Pertanto, per rispondere alla domanda se possedere una COX-2 selettività sia un pregio o un difetto per un FANS, la risposta è che oggi non è più una discriminante. Un'altra domanda pertinente all'argomento può essere se FANS tradizionali e coxib abbiano la stessa efficacia terapeutica e se la numerosità delle casistiche sia adeguata per le valutazioni statistiche. In realtà nessun farmaco come i coxib ha mai avuto così tante verifiche (lumiracoxib, rofecoxib, celecoxib ed etoricoxib). Per quanto riguarda l'efficacia, già P. Emery aveva dimostrato che celecoxib ha la stessa efficacia di diclofenac nell’artrite reumatoide. Nello studio MEDAL si dimostra che etoricoxib è di pari efficacia rispetto diclofenac, e nello studio TARGET si dimostra che lumiracoxib è di pari efficacia rispetto a celecoxib. Quindi possiamo dire che FANS tradizionali e coxib pareggiano il conto circa la efficacia. Ma allora su quali parametri si gioca la partita tra queste due categorie di antinfiammatori? Sicuramente a livello di efficacia e di tollerabilità, che può essere gastrointestinale, cardiovascolare, epatica e renale. In realtà la gastrolesività dei FANS, genericamente detta, andrebbe scomposta in forme anatomocliniche diverse (dispepsia, PUB, POB, ulcera alta, ulcera distale, etc...).
Nello studio MEDAL, che aveva come end points primari la valutazione degli effetti avversi sia cardiovascolari che gastrointestinali studiando l'incidenza nelle due popolazioni (etoricoxib e diclofenac) degli eventi a carico del tratto gastrointestinale superiore (come sanguinamento, ulcera, perforazione), degli eventi a carico del tratto inferiore (come perforazione, ostruzione, sanguinamento), e la tollerabilità gastrointestinale, è risultato che, rispetto a diclofenac, i casi di discontinuazione della terapia per eventi gastrointestinali erano di gran lunga inferiori per etoricoxib. (Figura 2)

 

Figura 2 - Programma MEDAL: eventi accertati a carico del tratto GI superiore mITT
GI = gastrointestinale; mITT = intenzione di trattamento modificata; SUP = sanguinamenti, ulcera e perforazione; POS = perforazione,ostruzione e sanguinamenti; IC = intervallo di confidenza; RR = rapporto di rischio
Cannon CP et al. Lancet. 2006;368:1771–1781.


Inoltre risultava una riduzione statisticamente significativa delle lesioni dell'intestino alto, per le manifestazioni ulcerative, non complicate (98 eventi per etoricoxib contro 164 di diclofenac). Non meno importanti da considerare sono le lesioni da FANS del piccolo intestino, in quanto causa di ricoveri ospedalieri e talvolta morte. L'introduzione della video-capsula ha consentito ultimamente di studiare le lesioni del piccolo intestino: in questo caso il celecoxib confrontato con ibuprufene associato a PPI, dimostra di ridurre in maniera statisticamente significativa sia le singole lesioni sia le lesioni multiple. Lo stesso discorso è valso nel confronto tra celecoxib e naprossene associato, sempre quest'ultimo, a inibitori di pompa: anche in questo caso celecoxib si è caratterizzato di un numero significativamente inferiore di lesioni del piccolo intestino rispetto a naprossene. Nello stesso studio TARGET su lumiracoxib, la riduzione degli eventi gastrointestinali complicati rispetto a naprossene ed ibuprufene fu addirittura del 79%. Esaminando però nel frattempo anche la popolazione che assumeva aspirina, ecco che la riduzione del rischio gastrointestinale nei pazienti che usavano lumiracoxib insieme ad ASA a basse dosi, non era molto diversa da quella dei FANS tradizionali. Questo può dimostrare che l'assunzione di ASA a basse dosi, crea un problema di lesività gastrointestinale, da sola. Quindi, per riassumere, sicuramente la gastrolesività dei FANS va scomposta in diverse forme anatomocliniche ed un FANS va valutato e confrontato con altri per ciascuno di questi effetti collaterali gastrointestinali. Certamente però i coxib hanno dimostrato una tossicità gastrointestinale di gran lunga inferiore a quella dei FANS tradizionali.
Per quanto riguarda invece lo stesso rischio cardiovascolare, che era sembrato una specie di crepuscolo per i coxib, oggi ci si avvale di nuove valutazioni, che meritano di essere fatte, attraverso tre punti di discussione 1) il rischio atero- trombotico da FANS e coxib è sempre uguale in tutte le fasi della malattia aterosclerotica o esiste un effetto protettivo dei coxib sull’atero-trombosi? 2) l'inibizione della PGI2 porta di per sé alla trombosi? 3) circa il rischio cardiovascolare, FANS e coxib sono tutti uguali?
Nella fase dell'ateroclerosi della disfunzione endoteliale c'è una over-espressione della ciclossigenasi-2, ed un aumento dell'attività della NO sintetasi, con un'aumentata espressione di nitrossido.
Nello studio di Niedeeberger et al “Different COX-indipendent effects of the COX-2 inhibitors etoricoxib and lumiracoxib” è stato in conclusione dimostrato che entrambi i farmaci, in particolare etoricoxib, mostrano un'attività antinfiammatoria indipendente dall'inibizione enzimatica della COX-2. La documentata inibizione di NF-Kb e iNOS, potrebbe rivelarsi utile dal punto di vista clinico, non soltanto nell'ambito delle malattie infiammatorie classiche, ma anche per tutte quelle patologie costruite su un modello fisiopatologico di tipo immunoflogistico e, in special al modo, per l'aterosclerosi ormai considerata a tutti gli effetti una malattia infiammatoria cronica dell'endotelio. Ecco che per i coxib, farmaci inizialmente considerati una minaccia per l'apparato cardiovascolare, si intravede un ruolo protettivo nei confronti del rischio aterotrombotico. Ciò vale anche per celecoxib, in grado di ridurre, anch'esso, il rischio cardiovascolare nei pazienti con cardiopatia ischemica. Pertanto si può dire che nell’aterosclerosi e nella fase dell'infiammazione, quando rischio cardiovascolare è comunque ridotto, l'uso di FANS e coxib potrebbe avere addirittura un ruolo protettivo. Diverso è il ruolo di queste molecole nella fase dell'aterosclerosi stabilizzata, quando c'è un'aumentata espressione di trombossano e quando le placche, spesso per effetto dei FANS e coxib diventano placche instabili, placche vulnerabili, facendo così di placche rischio, pazienti a rischio. In questi casi FANS e coxib aumentano indubbiamente il rischio cardiovascolare: una lesione stabilizzata a livello arteriosclerotico, per colpa di un FANS può diventare una lesione instabile che può emolizzare e creare l'evento clinico. Perciò, nella fase in cui l'aterosclerosi avanzata aumenta la trombogenicità locale ed aumenta la trombogenicità sistemica, la placca diventa fragile e l'uso di un FANS e di un coxib è sicuramente da proscrivere.
Per rispondere alla domanda se in tutte le fasi dell'aterosclerosi FANS e coxib svolgano un ruolo negativo, si può rispondere che nelle fasi iniziali dell'aterosclerosi il processo è di tipo infiammatorio: in questa fase i coxib possono bloccare i processi infiammatori COX-2 dipendenti, inibire la via NFkB e l'espressione di NO-sintetasi, diminuire la proliferazione e l'attività contrattile delle cellule muscolari lisce e ridurre perciò l’aterogenesi negli stadi iniziali. L'altra questione è se l'inibizione della prostaciclina porti di per sé alla trombosi. A questa domanda aveva già risposto Fitzgerald nel 2002, quando aveva sottolineato che l'inibizione della prostaciclina indotta dei FANS tradizionali e dai coxib non è sufficiente a generare l'evento trombotico, che ha bisogno di una condizione individuale, di rischio vascolare. Ma circa il rischio cardiovascolare FANS e coxib sono tutti uguali? Lo studio MEDAL è stato il primo e più ampio studio svolto atto a valutare la sicurezza cardiovascolare trombotica a lungo termine di un inibitore selettivo della COX-2 (etoricoxib) e di un FANS tradizionale (diclofenac), in pazienti con artrosi ed artrite reumatoide. Il piano complessivo del programma MEDAL comprendeva l'arruolare pazienti con un ampio spettro di rischio cardiovascolare, inclusi quelli con patologie cardiovascolari preesistenti e consentire l'utilizzo di aspirina a basse dosi, in base alle linee guida attuali di cardioprotezione. I risultati sono stati che gli eventi cardiovascolari erano del tutto sovrapponibili per etoricoxib e diclofenac, per tutti parametri analizzati, come anche per incidenza cumulativa di trombosi arteriose. (Figura 3)

Figura 3 - Programma MEDAL: incidenza di eventi CV trombotici in sottogruppi predefiniti
CV = cardiovascolare; PCVA = patologia CV aterosclerotica; OA = osteoartrosi; AR = artrite reumatoide; RR = rapporto di rischio; a) Popolazione “per protocollo”; b) Eventi per 100 anni-paziente; c) p=NS per tutti i trattamenti secondo le interazioni del sottogruppo.
Cannon CP et al. Lancet. 2006;368:1771–1781.


Lo studio concludeva perciò che il rischio trombotico vascolare per i pazienti con artrite ed artrosi trattarti con etoricoxib era da assimilare a quello dei pazienti trattati con diclofenac.
Quale è il rischio aterotrombotico degli altri FANS tradizionali? L'aspirina a basse dosi ha a un effetto cardioprotettivo in quanto inibisce la COX-1 e quindi la sintesi del trombossano, ma gli altri farmaci questa proprietà non ce l'hanno. Infatti bloccano anche la COX-2, riducono la sintesi delle prostacicline e perciò, in questo modo, riducono l'effetto antitrombotico di questa molecola.
Naprossene, a cui si attribuisce la capacità di ridurre il rischio trombotico, presenta tale effetto soltanto quando viene utilizzato alla dose di 500 mg x 2, al giorno perché in questo caso inibisce competitivamente e reversibilmente l'attività della COX-1 piastrinica e la biosintesi del TXA2 oltre le 12 ore di intervallo dose, in modo simile alle basse dosi di ASA sulla COX -1.
Il rischio di infarto miocardico aumenta per parecchie settimane dopo l'interruzione del trattamento con FANS, ancor più se il trattamento è stato lungo e se è presente un processo flogistico in atto (effetto vascolare di rimbalzo); una possibile ragione dell'aumento dell'incidenza di infarto miocardico è la ripresa dell'attivazione piastrinica e della sintesi di TXA2 che segue alla mancata inibizione della COX-1; in tal modo il processo infiammatorio nella parete del vaso coronarico rende la placca instabile (ciò potrebbe valere più per i FANS COX-1 inibitori).
Circa il rischio cardiovascolare, FANS tradizionali e coxib sono sostanzialmente alla pari.
A livello epatico, infine, sempre nello studio MEDAL, la sospensione per intolleranza epatica di etoricoxib fu di gran lunga inferiore alla discontinuazione che fu fatta per diclofenac.
Oggi si aprono nuovi orizzonti per FANS e coxib, proprio nell'era degli antagonisti del TNF-alfa. Uno studio recente dimostra che circa il 98% dei pazienti con spondilite anchilosante che sospende il trattamento con antiTNF-alfa (infliximab), dopo tre anni di terapia continuativa, presenta una recidiva entro 52 settimane dalla sospensione e deve essere ritrattato; il tempo medio di recidiva dalla sospensione della terapia è pari a 17,5 settimane. Oltre a questo dato, che ha sicuramente deluso, ha lasciato perplessi anche un altro dato relativo al mancato blocco della progressione della stessa malattia (spondilite anchilosante), trattata sempre con farmaci biologici.
Allora sono rientrati in campo i FANS e, ci si è chiesti, se l'uso continuativo di queste molecole in qualche modo possa ridurre l'attività della malattia nelle spondiloartriti e rallentare così la progressione radiologica della malattia stessa. Nello studio di Wanders et al, per due anni sono stati utilizzati FANS nel trattamento delle spondiloartriti. Nel confronto tra celecoxib in maniera continuativa ed altri farmaci tra cui anche celecoxib al bisogno ed altri FANS sempre al bisogno, si dimostrava utilizzando uno score classico SASSS (Stoke Ankylosyng Spondylitis Spine Score) da 0 a 72, come un trattamento continuativo con un FANS era in grado di ridurre la progressione della malattia, nonchè i segni e sintomi della stessa, con tossicità sostenibile. Non per niente l’EULAR ha collocato I FANS ormai al primo posto nel trattamento della spondiloartrite.
Anche di recente dati della letteratura si sono arricchiti di un lavoro che ha valutato l'efficacia di etoricoxib nella spondilite anchilosante. Si tratta di uno studio multicentrico condotto su 387 pazienti con spondilite anchilosante diviso in due parti, in doppio cieco, con due gruppi paralleli, della durata di 52 settimane, che confronta etoricoxib 90 e 120 mg verso naprossene 1000mg. La prima parte, della durata di sei settimane, mette a confronto i tre farmaci con il placebo. La seconda parte, della durata di 46 settimane, confronta solo etoricoxib 90 e 120 contro naprossene 1000mg. Le misure primarie di outcome sono basate su scale VAS (0-100mm), con valutazione del dolore spinale da parte del paziente, valutazione dell'attività di malattia da parte del paziente e Bath Ankylosing Spondylitis Functional Index - BASFI.
Durante la fase finale di 46 settimane si osservò un tasso di interruzioni simile a quello osservato nella prima fase dello studio; il maggior numero di interruzioni era legato alla diminuzione dell'efficacia e riguardava soprattutto il gruppo di pazienti trattato con naprossene. Il tasso medio di compliance in tutte le 52 settimane era del 95% in tutti i gruppi. Relativamente alla VAS, etoricoxib 90 e 120 si è dimostrato superiore a naprossene, lo stesso dicasi per l'attività di malattia. Pertanto nella prima fase dello studio della durata di sei settimane i gruppi trattati con 90 o 120 mg di etoricoxib dimostrarono un miglioramento significativamente maggiore rispetto al gruppo trattato con placebo in tutti i principali end points; i gruppi trattati con etoricoxib 90 e 120 hanno dimostrato un miglioramento statisticamente significativo maggiore rispetto al gruppo di pazienti trattato con naprossene a 1000mg sempre per tutti e tre gli end points. Lo studio, portato successivamente ad un anno, ha mostrato un andamento delle curve che si è mantenuto sostanzialmente similare per tutti i parametri già citati. (Figura 4)

Figura 4 - VAS per il dolore spinale - per attività di malattia-BASFI.


Durante la seconda parte dello studio si è dimostrata la persistenza degli effetti del trattamento. Alla fine delle 52 settimane, entrambi i gruppi trattati con etoricoxib dimostravano un miglioramento di tutti e tre i parametri primari significativamente maggiore rispetto al gruppo trattato con naprossene, senza perdita di efficacia nel tempo. Circa gli effetti collaterali di maggiore interesse (gastroenteropatie, edema, ipertensione) non si sono evidenziate differenze statisticamente significative tra i vari gruppi in studio. Durante l'anno di studio i pazienti con eventi avversi seri caratterizzati da dolore addominale o dell'apparato digestivo, hanno presentato un'incidenza di discontinuazione simile in tutti e tre i gruppi. Allo stesso modo si è registrata un'incidenza simile di eventi avversi seri, caratterizzati da edema e un'incidenza simile anche di eventi avversi seri caratterizzati da ipertensione. Tutti gli eventi avversi seri di tipo trombotico-cardiovascolare ad esempio infarto miocardico, ictus e gastrointestinale, furono registrati durante la seconda parte dello studio. Per quanto riguarda gli eventi avversi seri di tipo cardiovascolare si registrarono 4 casi nel gruppo a 90 mg, 1 nel gruppo di 120 mg e nessuno in quello che assumeva naprossene. Questo riprende il concetto già espresso, che naprossene 500 mg due volte al giorno ha un effetto cardioprotettivo. I casi di PUBs riportati degli sperimentatori furono 3 nei pazienti che ricevevano 120 mg etoricoxib e 4 in coloro che assumevano naprossene. Durante la seconda parte dello studio ci fu un decesso nel gruppo che assumeva 120 mg di etoricoxib, che intervenne dopo 21 giorni dalla sospensione della terapia a causa di un arresto cardiaco. Ci furono anche 2 morti nel gruppo naprossene: un paziente deceduto per broncopolmonite, peritonite e complicazione di una perforazione del digiuno ed un paziente morto in seguito ad un incidente stradale. In conclusione, nelle prime sei settimane i gruppi trattati con etoricoxib dimostrarono un'efficacia superiore rispetto al placebo e durante tutto l'anno l'efficacia di etoricoxib si dimostrò per tutti e due i dosaggi superiore al naprossene. Tuttavia anche naprossene dimostrò di essere efficace con una differenza significativa rispetto al gruppo placebo per tutti i punti primari. I risultati di efficacia furono generalmente simili tra i due gruppi trattati con 90 e 120 mg di etoricoxib. Il risultato finale di questo studio durato un anno, suggerisce che etoricoxib è efficace e generalmente sicuro, ben tollerato nel trattamento della spondilite anchilosante.

Bibliografia essenziale
1. Cannon CP et al. Lancet. 2006;368:1771-1781
2. Jordan KM et al, Ann Rheum Dis 2003;62:1145-1155.
3. Punzi L et al., Reumatismo, 2004; 56(3):190-201
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6. Zhang W et al, Ann Rheum Dis 2005;64:669-681.
7. Zhang W et al., Ann Rheum Dis. 2008 Feb 4. [Epub ahead of print]
8. Zhang W et al., Osteoarthritis Cartilage 2008;16(2):137-62.

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