Ruolo dell’acido alfa-lipoico nelle neuropatie periferiche meccaniche di pertinenza ortopedica
A. Tucciarone



Sindromi da ipersollecitazione dell’arto superiore (sias)
N. Teisseire



XXIV Congresso Nazionale L.A.M.I.CA.
Dal Messico al Sudafrica:
il Medico dello Sport 40 anni dopo
a cura della redazione



La parola al radiologo
Imaging ecografico delle complicanze delle lesioni muscolari da sport
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Efficacia e tollerabilità di aceclofenac
nel trattamento della gonartrosi sintomatica
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Anno 10 - Numero 1 - 2010
IL MEDICO SPORTIVO
Periodico di aggiornamento scientifico e
professionale


?Sindromi da ipersollecitazione dell’arto superiore (sias)

?Norbert Teisseire
Segretario Generale della SOFMMOO (Società Francese di Medicina Manuale Ortopedica ed Osteopatica)

?Introduzione
L’autore passa in rassegna le sindromi da ipersollecitazione dell’arto superiore (SIAS) ed i loro meccanismi patogenetici (fattori anatomici, fattori predisponesti); illustra le modalità dell’esame obiettivo e le tecniche educative e rieducative.
Solo il fallimento di queste ultime giustifica il ricorso all’intervento chirurgico, spesso ed erroneamente proposto come unica profilassi di queste sindromi.

Il numero di denunce di Malattia Professionale (MP) relative ai quadri 57B e 57C è in costante aumento, a causa di modalità lavorative con carattere ripetitivo o con ritmi anomali. Tali patologie colpiscono in maggioranza le donne. Tre dati in particolare ci sembra necessario sottolineare:


• le varie misure cosiddette preventive non sembrano in grado di fermare in modo significativo il fenomeno,
• le terapie mediche sono quasi inesistenti, e per contro si moltiplicano gli interventi chirurgici come primo approccio,
• si assiste ad una certa sistematizzazione di sindromi a più livelli, bilaterali, e talvolta anche quando le sollecitazioni patogene lavorative diminuiscono o sono addirittura scomparse.


Diverse ricerche eseguite regione per regione dai servizi di medicina del lavoro hanno evidenziato un permanente aumento delle patologie 57B e 57C, e delle tendiniti (a livello di spalla e gomito in particolare) negli ultimi quattro anni.
Il costo per alcune aziende sta diventando proibitivo, ed in alcuni casi il premio assicurativo è superiore a quello del sinistro!

Il problema è sempre ben posto?
1) La lettura del testo, che definisce i differenti quadri di queste MP, suggerisce una prima riflessione: numerose cosiddette sindromi della doccia epitrocleo-olecranica (DEO) si manifestano in assenza di un prolungato appoggio sulla faccia posteriore del gomito. L’appoggio carpale o la pressione ripetuta o prolungata su tale regione non è la regola nella maggior parte delle sindromi del canale del carpo (CC), mentre è un fattore essenziale per la comparsa di sindromi della loggia di Guyon (ben più rare, se non addirittura inesistenti secondo il parere di molti chirurghi).

2) La successione di sindromi a più livelli (CC, DEO, poi un po’ più tardi spalla dolorosa), persino bilaterali, obbliga a riconsiderarne la fisiopatologia sotto un’an­golatura più globale. L’analisi esaustiva della letteratura, se da un lato permette di delineare con precisione gli ambiti “patogeni” e di proporre dei tassi di incidenza delle diverse sindromi, dall’altro non consente di ricavare (o ben poco) delle proposte terapeutiche profilattiche.
L’approccio clinico globale è esaminato molto di rado. Le soluzioni chirurgiche sono spesso proposte in prima battuta (allontanandoci non poco dai ripetuti propositi di prevenzione), con risultati molto incostanti e con un ritorno al posto di lavoro, che dovrà essere precisato.
Abbiamo anche letto (autori statunitensi) nel 2003 che era possibile operare sindromi del CC con elettromiografia normale.
A questo punto sembra necessaria una riflessione di fondo, essenzialmente clinica, con tutti gli operatori (medici del lavoro, curanti, addetti ai lavori, sindacati, ANACT, casse di malattia), al fine di meglio definire lo scenario classico: “parestesie-EMG-chirurgia”.
Studi di coorti di soggetti potenzialmente esposti ma asintomatici dovrebbero essere realizzati per circoscrivere lo “standard” di riferimento, che ci permetta di individuare razionalmente il soggetto sintomatico patologico (il rilievo di riduzione dello spazio intervertebrale discale in soggetti addetti a lavori pesanti o praticanti il sollevamento-pesi è abituale anche in assenza di sintomi clinici e non implica di certo la confezione di un busto gessato, né il ricorso “in primis” alla chirurgia. Ugualmente un ECG da sforzo alterato in uno sportivo di alto livello non determina l’immediata sospensione di attività e tantomeno il suo ricovero in unità coronarica).
Noi proponiamo in questo lavoro alcuni spunti di riflessione, basati in particolare su conoscenze anatomiche e biomeccaniche, e risultati terapeutici in ambito riabilitativo, verificati nel quotidiano da più di 15 anni: in una visione più globale, un approccio diagnostico “programmato”.
Gli esatti limiti della
patologia professionale
da sias (considerazioni fisiopatologiche)
Ricordiamo che quanto più è intensa e ripetitiva in un dato tempo l’attività motoria dei segmenti distali dell’arto superiore, tanto più è intensa l’attività motoria statica di quelli prossimali. Numerosi recenti lavori confermano il ruolo patogenetico di livelli d’attività intensi, tanto più se eseguiti con elevato lavoro muscolare(10).

A) Cenni di anatomia
Disposizione dei tronchi nervosi
La disposizione generale degli elementi del plesso brachiale ed i loro rapporti con la clavicola, la prima costa, i muscoli scaleni e sottoclaveari, poi con i pettorali, potrebbero spiegare le modalità di successiva irritazione delle branche terminali del plesso brachiale (nervi mediano, ulnare, radiale). (Figura 1 e Figura 2).
Disposizione degli assi vascolari
(Figura 3).
Disposizione dei muscoli
Lungo tutto l’arto superiore esistono sollecitazioni permanenti dei tronchi nervosi da parte di gruppi muscolari potenti e complessi, in particolare a livello del gomito sulla faccia antero-mediale. (Figura 4 e Figura 5).

B) Fisiopatologia
a) Contratture prossimali (cervico-scapolo-toraciche) sono di frequente riscontro in clinica, anche in assenza di situazioni professionali predisponenti, e possono causare sensazioni di fatica e/o parestesie. Iniezioni di soluzione fisiologica ipertonica in alcune sedi muscolari possono provocare nel soggetto sano irradiazioni dolorose con topografia pseudo-radicolare o tronculare.
Alcune unità motorie sarebbero sollecitate in misura eccessiva: diversi autori hanno dimostrato l’aumento del numero di fibre muscolari “ragged red” di tipo I, nei muscoli trapezi di lavoratori sottoposti a carichi ripetuti sulle spalle (Larsson e al. 1988; Bengtsson e Herrikson 1989; Lindman e al. 1991; Larsson e al. 1992). Studi di Elettromiografia (EMG) hanno dimostrato d’altronde modificazioni dello spettro di frequenza (dall’alto verso il basso), dovute alla diminuzione della velocità di propagazione dell’onda di depolarizzazione lungo la fibra muscolare, in funzione dello stato di affaticamento (Lindstrom e Petersen 1983). La misura della frequenza media potrebbe allora servire come indicatore oggettivo della fatica muscolare.

b) Una respirazione di cattiva qualità (ridotta ampiezza) non favorisce il rilassamento muscolare prossimale: per contro determina l’insorgenza di croniche tensioni nei muscoli respiratori accessori (scaleni, pettorali, gran dentato).
Numerosi studi propendono verso la tesi che un deficitario rilassamento muscolare è probabilmente un problema molto più importante del grado di massima contrazione o della frequenza dell’attivazione muscolare.
Il che è vero durante e dopo lo sforzo; in quest’ultimo caso i fattori psico-sociali e psicologici personali giocherebbero un sicuro ruolo.
Possiamo anche aggiungere il ruolo di fattori cognitivi e dello stress mentale, capaci ugualmente di produrre un ec­cesso di tensione muscolare: stress, iperventilazione, diminuzione della p CO2, aumento del pH sanguigno, alcalosi, aumento della tensione muscolare e diminuzione dell’attività parasimpatica dominante, che amplifica la risposta alle catecolamine(10).
c) Deficit di origine radicolare possono aggiungersi in caso di patologia cervicale, col loro corteo di tensioni muscolari riflesse di trapezio e romboidei (C5- C7), elevatore della scapola (C2-C3), sternocleidomastoideo (C2-C4) con perdita di mobilità della sternoclaveare, sottoclaveare, pettorali (C7-T1).

Le due prime situazioni in particolare (a, b) modificano la biomeccanica scapolare e specificatamente le sollecitazioni nello stretto acromion-coracoideo.

In totale 3 gruppi di fenomeni, più o meno sovrapposti fra di loro, possono essere rilevati:
1) I riflessi pseudoradicolari (aventi per supporto clinico le sindromi cellulo-teno-mialgiche di Robert Maigne ed i punti “campanello” muscolari). Contratture muscolari e cellulalgie ben definite accompagnano i disturbi intervertebrali minori (Maigne): a livello prossimale dell’arto superiore esse causano alterato funzionamento della scapolo-toracica, responsabile di sofferenze se­condarie della cuffia dei rotatori della spalla. L’adeguato trattamento di questi DIM elimina queste sofferenze secondarie e rappresenta una delle terapie di scelta nella prevenzione delle alterazioni della cuffia dei rotatori.
2) Le sindromi circolatorie (o dei cosiddetti “stretti” funzionali) e la conseguente cascata di sintomi patologici: zoppia, crampi, contratture, mobilità articolare ridotta, sollecitazioni abnormi dei tronchi nervosi.
3) Il sistema vegetativo simpatico (da sottolineare il suo ruolo sulla macro- e microcircolazione) è un vettore di dolori, la cui distribuzione non sempre corrisponde esattamente ai classici percorsi delle radici nervose.

Fattori predisponenti

Morfologici
• collo corto
• clavicole “orizzontalizzate”
• cifosi del tratto dorsale superiore, con iperlordosi cervico-dorsale di compenso
Comportamenti abituali
• posture durante il sonno: decubito prono con/senza triplice flessione dell’arto superiore
• sports praticati
• uso di strumenti musicali
• bricolage

Psicologici (con aumento della tensione muscolare globale)
• familiari
• professionali (lavori assillanti o poco gratificanti).
Modalità dell’esame
obiettivo (applicabile
al paziente sintomatico
così come a quello
asintomatico)
Ricerca di una sofferenza prossimale
Esame locale:
• a livello del collo: mobilità globale, manovre combinate (estensione più rotazione sinistra, per esempio), ricerca dei punti dolorosi ed infiltrati (articolazioni posteriori, inserzioni sovra-occipitali, sovra-claveari mediali, angolare, scaleni)
• manovra del pincer-rouler, ricerca del punto campanello cervicale anteriore
• a livello del piano della prima costa e della clavicola: scaleni, sotto-claveare, pettorali.

Esame regionale:
sindrome cellulo-teno-periostio-mialgica di Robert Maigne

Manovre facilitanti:
campanello sovra-claveare, punto campanello anteriore cervicale.

Ricerca di segni periferici
L’esame è sistematico, che si ritrovino o meno i segni di sofferenza prossimale sopraccitati. Studio neurologico di ciascun territorio tronculare:
- per il n. mediano: valutazione di alterazioni motorie e sensitive (Tinel, Phalen)
- per il n. ulnare: valutazione di alterazioni motorie e sensitive (Wartemberg).
Studio delle mobilità articolari passive, specificamente del carpo (traslazione antero-posteriore). Ricerca minuziosa dei gruppi muscolari contratti, al fine di distinguere, al momento del trattamento, fra deficit per siderazione e vera paralisi.
In caso di esecuzione di una EMG, ci si preoccuperà di non limitare lo studio ai muscoli distali e di non esitare in certi casi limite a confrontare, muscolo per muscolo, un arto con il controlaterale. Al termine di questo esame, siamo in grado di programmare un trattamento su base fisiopatologica, terapeutico e preventivo.
La presenza di una sindrome prossimale ben definita imporrà la terapia di quest’ultima con priorità, prima ancora di eseguire esami complementari elettrofisiologici o ecografici, utilizzando tecniche di rilassamento muscolare e di rinforzo periferico.
Dobbiamo essere in grado, nel giro di 6-8 settimane, sia di dar inizio a misure di prevenzione (esercizi respiratori, rinforzo muscolare prossimale allo scopo di limitare le sollecitazioni a livello dello sbocco toracico), sia di praticare terapie mediche complementari (per esempio infiltrazioni peri-canalari) o chirurgiche, per assicurare al paziente il ritorno al proprio posto di lavoro nel più breve tempo possibile.
Tecniche educative
e rieducative
È opportuno sottolineare che operaie in attività da più di 25 anni, in buona salute, sono indenni dalla SIAS. Esse si sono progressivamente adattate ai carichi o ai ritmi di lavoro crescente: forse alcune avevano una preparazione fisica o abitudini di vita che le esponevano meno a questo tipo di patologia.
Bisogna considerare i lavori “a rischio”, come vere e proprie prove sportive, che meritano pertanto un riscaldamento progressivo ed un minimo di preparazione fisica.

Preparazione respiratoria
Assicurarsi un’escursione sufficiente degli atti respiratori e, in caso negativo, svilupparla e, soprattutto, mantenerla. Aver cura di risparmiare i muscoli accessori della respirazione. Mantenere un trofismo sufficiente degli elevatori della scapola (trapezi). Prevenire le alterazioni della statica rachidea (ipercifosi dorsale). Mantenere il gioco articolare di quelle articolazioni, la cui libertà condiziona una perfetta ventilazione (sterno-claveare, scapolo-toracica, uncovertebrali).­

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Moltiplicazione delle pause brevi
10-15 secondi permettono 3-4 ampi atti respiratori con relative mobilizzazioni della scapolo-toracica e del tratto cervico-dorsale della colonna.
Ogni 5’: 120-180 secondi per ora.
Ogni 6’: 100-150 secondi per ora.
Quindi per 7 ore di lavoro 14’-21’ nel primo caso, 12’-17’ nel secondo.
Paragonare queste durate di tempo, ovviamente remunerato, ai costi della malattia professionale (diretti ed indiretti: vedi, per esempio, le conseguenze di un’assenza di una o più unità lavorative sulla restante équipe) dovrebbe convincere molto facilmente del­l’utilità di tali misure, e non solo il datore di lavoro ma anche le strutture sociali e amministrative del mondo del lavoro.

Integrazione di questi due principi
in alcuni esercizi di facile applicabilità
All’inizio della giornata (riscaldamento) circonvoluzioni scapolo-toraciche in espirazione, al fine di rendere più scorrevole il gioco articolare fra le pinze costo-claveari.
Allungamenti progressivi dei muscoli cervicali anteriori e posteriori.
A fine giornata: mobilizzazione delle scapolo-toraciche grazie ad allungamenti posteriori (romboidei e gran dentato), anteriori (pettorali), periferici (docce epicondiloidee ed epitrocleari: 30-40’’ due-tre volte per ciascuna doccia).

Rieducazione attiva a scopo terapeutico
Trattamento dei cordoni muscolari, massaggio trasversale profondo (MTP), trattamento delle cellulalgie (pli cassé, palper rouler), manovre di allungamento delle logge muscolari, manovre di decoaptazione articolare, esercizi di rinforzo muscolare sistematico (endurance).

Altri provvedimenti clinici
Sindromi prossimali: medicina manuale (manovre miotensive, mobilizzazioni, mani­­polazioni). In caso di sindromi cellulo-teno-perio­stio-mialgiche: infiltrazione delle zone cellulalgiche e dei punti di inserzione tendinea con xilocaina. Sindromi canalari distali associate: infiltrazioni con corticoidi, associate alle tecniche precedenti, sino a tre volte per anno, se necessario.

Il ricorso infine al trattamento chirurgico segnerà il fallimento dell’insieme delle precedenti misure terapeutiche, poiché esso non costituisce di certo di per sé una profilassi delle SIAS. ?

?Bibliografia
1. Armstrong Thomas J and al. A conceptual model for work related neck and upper-limb musculoskeletal disorders. Scand.J.Work Environ.Health 1993;19;73-84.
2. Brizon J. et Castaing J. Les Feuillets d’Anatomie - Fascicule IV Librairie Maloine S.A. 1967.
3. De Krom M.C.T.F.,Kester A.D.M.and al. Risk factors for carpal tunnel syndrome. Am. J.EpidemioL 1990;132:1102-10
4. Grundberg Aruis B. MD, Des Moines, Iowa. Carpal tunnel decompression in spite of normal electromyography. The Journal of Hand Surgery 8: 348-9,1983.
5. Keyserling W.M.,Stetson D.S.,Silverstein B.A.,and Brouwer M.L. A checklist for evaluating ergonomic risk factors associated with upper extremity cumulative trauma disorders. Ergonomics 1993, VoL36, n° 7, 807-831.
6. Lazorthe Guy. Le Système Nerveux Périphérique-2° Edition. Masson et Cie 1971.
7. Pekka Waris and al. Epidemiologic screening of occupational neck and upper limb disorders. Scand.J.Work Environ.and Health 5 (1979): suppl. 3, 25-38.
8. Perlemuter L., Waligora J. Cahiers d’Anatomie - N°9 et 10 - 2°édition. Masson et Cie 1967.
9. Statistiques des MP 57 de Maine et Loire et Pays de Loire. 1998-1999-2000.
10. Mac Arthur John D. and Catherine T. Research network on Socioeconomic Status and Health-Last revised sept.2003.

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