Ruolo dell’acido alfa-lipoico nelle neuropatie periferiche meccaniche di pertinenza ortopedica
A. Tucciarone



Sindromi da ipersollecitazione dell’arto superiore (sias)
N. Teisseire



XXIV Congresso Nazionale L.A.M.I.CA.
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il Medico dello Sport 40 anni dopo
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Anno 10 - Numero 1 - 2010
IL MEDICO SPORTIVO
Periodico di aggiornamento scientifico e
professionale


?Ruolo dell’acido alfa-lipoico nelle neuropatie periferiche meccaniche di pertinenza ortopedica

?Agostino Tucciarone - Primario Ortopedico, I.C.O.T., Latina

?Introduzione
Secondo la definizione della IASP (International Association for the Study of Pain) il dolore neuropatico è definito come un dolore originato o causato da una lesione primaria o da una disfunzione del sistema nervoso centrale o periferico.(1,2)
Il sistema nervoso periferico consiste di nervi, connessi al cervello e al midollo spinale (nervi craniali e spinali), nonché delle loro ramificazioni che si estendono all’interno del corpo.(3) Tutte le parti del corpo sono innervate dai nervi spinali, ad eccezione del viso, del tratto gastrointestinale e di parti della muscolatura cervicale (zone innervate dai nervi cranici). I rami anteriori dei nervi spinali che si anastomizzano tra loro formano i vari plessi nervosi quali il plesso cervicale, lombare, sacrale o coccigeo.

Neuropatie periferiche
Le neuropatie periferiche sono un eterogeneo gruppo di affezioni dei nervi periferici. Le cause sono molteplici e sono rappresentate da fattori ereditari e metabolici, stress ossidativo a carico del tessuto nervoso, traumi, infezioni e infiammazioni. La maggior parte delle neuropatie periferiche è caratterizzata da sintomi quali dolore, debolezza muscolare e perdita sensoria, che si concretizzano in una generale disabilità motoria dei pazienti.(4,5)
Il dolore neuropatico è patologico in quanto non rappresenta una funzione utile e protettiva per l’organismo; infatti, è caratterizzato da un processo di amplificazione dei messaggi nocicettivi che può manifestarsi sia nel sistema nervoso periferico che centrale.(5,6)
A differenza del dolore somatico, che proviene da terminazioni nervose particolari (i sensori del dolore situati nella cute) e si avverte attraverso un danneggiamento dei tessuti, il dolore neuropatico proviene di­ret­tamente da una disfunzione dei nervi e non implica un danneggiamento in corso.(6)
Il dolore neuropatico costituisce un sintomo comune nelle neuropatie periferiche dipendenti dalla lunghezza del nervo e, spesso, ne rappresenta il sintomo di esordio. Pertanto, le neuropatie periferiche possono essere definite come un processo patologico che colpisce prevalentemente le fibre mieliniche di piccolo calibro o le fibre amieliniche.(5,6)
Il dolore neuropatico è associato a numerosi tipi di segni e sintomi sensori che possono presentarsi da soli o insieme ad altre specifiche manifestazioni nei pazienti con dolore neuropatico, come illustrato nella figura 1.(1,7)
Tra i vari meccanismi eziopatogenetici ipotizzati e dimostrati alla base dei segni e sintomi delle neuropatie periferiche meccaniche, si possono annoverare una alterazione dei canali del sodio (neuropatie diabetiche), l’ipereccitabilità dei neuroni, variazioni improvvise nella connettività spinale, forte stress ossidativo a carico del tessuto nervoso. Anche i mediatori dei processi infiammatori sembrano avere un ruolo specifico nell’insorgenza delle neuropatie degenerative e infiammatorie.(2,5)
In sintesi, le cause di sintomatologia dolorosa degli arti superiori e inferiori sono numerose e di varia origine, e possono essere di interesse ortopedico (mialgie, neuropatie compressive o traumatiche).
Infatti, un’importante percentuale di queste sindromi dolorose degli arti sono da imputare a radicolopatie irritative o compressive, di pertinenza cervicale nel caso degli arti superiori, e lombosacrale per quanto attiene gli arti inferiori, la cui causa più comune è rappresentata dall’ernia discale.(5)



Diagnosi
Dal punto di vista diagnostico, è importante eseguire un attento esame clinico del paziente e indagare, attraverso specifici questionari, la tipologia del dolore riferito; le scale più utilizzate sono quelle comportamentali (Simple Item Rating Scale), unidimensionali (VAS) e multidimensionali (Mc Gill Pain Questionnaire, Brief Pain Inventory).(7)
Altri esami utili alla diagnosi sono rappresentati dai test di laboratorio e dagli esami strumentali quali l’elettromiografia, la TAC e la RMN.(8,9,10)
In particolare, la TAC e la RMN sono in grado di confermare sia i sospetti diagnostici nei casi di cervicobrachialgie e lombosciatalgie, che la presenza di osteofitosi e/o di alterazioni osteartrosiche a carico delle faccette articolari o dei corpi vertebrali, che documenta l’evoluzione del processo spondilosico.(9)
Nelle neuropatie di origine meccanica, sebbene l’origine del dolore sembra associata a meccanismi di lesione sia centrali che periferici o alla combinazione di entrambi, è certo che la degenerazione a carico della fibra nervosa sottoposta all’azione di compressione è prevalentemente non infiammatoria.(11) Pertanto, si può concludere che le neuropatie meccaniche sono situazioni nelle quali un’azione meccanica compressiva, di origine diversa, agisce su una radice nervosa. Nell’ambito delle neuropatie periferiche meccaniche di pertinenza ortopedica, verranno approfondite in questa sede la lombosciatalgia, la cervicobrachialgia, le neuropatie canalicolari da intrappolamento e la neuropatia diabetica.



Lombosciatalgia
La lombosciatalgia è un dolore del nervo sciatico che ha origine nella colonna lombare e che si estende fino ai glutei, gli arti inferiori e parte dei piedi.
La compressione del nervo sciatico, dovuta a strappi muscolari a livello paravertebrale, contratture muscolari, ernie, schiac­ciamento del disco intervertebrale, problemi alla colonna vertebrale, ovvero anomalie nella postura della colonna vertebrale, può rappresentare la causa principale della lombosciatalgia e favorire l’insorgenza di dolori articolari, vertebrali e muscolari.
Il dolore è di tipo lancinante o bruciante e si irradia dalla regione lombosacrale seguendo il percorso del nervo sciatico fino ad arrivare al piede. Il dolore dal rachide lombosacrale si irradia lungo la faccia postero-laterale dell’arto inferiore.
Può essere conseguenza di una ernia postero-laterale del disco intervertebrale che determina irritazione o compressione rispettivamente delle radici nervose L5 e S1. (Figure 2 e 3) Molto simile, ma spesso trascurata, è la sindrome del piriforme. Quando il nervo sciatico passa attraverso l’articolazione dell’anca, divide lo spazio con diversi muscoli.
Uno di questi, il muscolo piriforme, è strettamente associato al nervo sciatico: se il muscolo subisce un trauma o spasmi, il nervo sciatico viene compresso. Nel caso di ernia discale mediana, può esserci compressione di più radici lombosacrali mono o bilaterali, configurando la sindrome della cauda equina, dove i segni e sintomi di lesione delle radici L5 e S1 possono coesistere a difetti conseguenti alla compressione delle radici sacrali, come disturbi sfinterici. Semeiologicamente, è sempre positivo il segno di Lasègue, mentre una sua negatività deve suscitare scetticismo nel medico riguardo all’ernia discale.

Lombocruralgia
La lombocruralgia è un quadro clinico di lombalgia alla quale si aggiunge una irradiazione del dolore e/o disturbi motori e sensitivi a carico degli arti inferiori, solitamente conseguenti alla compressione del nervo crurale. Nella lombocruralgia il dolore si irradia pertanto dal rachide lombare lungo la faccia antero-mediale dell’arto inferiore. In genere rappresenta la conseguenza di un’ernia postero-laterale del disco intervertebrale tra L2-L3 o tra L3-L4, con irritazione o compressione rispettivamente delle radici nervose L3 e L4, anche se possono risultare compromesse anche le radici L5 e S1. Il dolore e le parestesie si irradiano alla faccia antero-mediale della coscia e media­le della gamba.
La manovra di Wassermann è positiva e nei casi di compressione radicolare possono essere presenti ipoestesia e ipovalidità del quadricipite e del tibiale anteriore e riduzione del riflesso tendineo rotuleo.

Cervicobrachialgia
Caratterizzata da un dolore che dal collo si irradia lungo l’arto superiore, la cervicobrachialgia in genere è conseguenza di una ernia postero-laterale del disco intervertebrale tra C5-C6, che determina irritazione o compressione rispettivamente delle radici nervose C6 e C7. Alla periferia, dolore e parestesie interessano sia la faccia antero-laterale del braccio, avambraccio e pollice, che la faccia postero-laterale del braccio, avambraccio, indice e medio, a seconda della radice interessata (rispettivamente C6 o C7). Talvolta i dolori alle braccia e alle spalle sono lancinanti e corrono lungo l’arto raggiungendo le dita della mano, lasciando una sensazione di formicolio e addormentamento. Tutto ciò è dovuto all’irritazione delle radici dei nervi che fuoriescono tra la quarta vertebra cervicale e la seconda toracica.
Due sono i fattori che causano questo dolore lancinante: il primo è la pressione del disco intervertebrale sulla radice del nervo, mentre il secondo è l’infiammazione della guaina del nervo o dei tessuti contenuti nel forame intervertebrale. Quando il dolore diventa acuto, raggiungendo gli arti superiori, e il movimento è fortemente ridotto, potrebbe essere ipotizzabile una protrusione discale che può essere confermata dal coinvolgimento della parte bassa del collo, con dolore al movimento e, dopo trazione assiale del collo, dalla conseguente diminuzione del dolore. (Figura 4)

Neuropatia diabetica
La neuropatia diabetica è caratterizzata da un danno a carico del sistema nervoso periferico somatico o vegetativo ed è correlata ai disordini biochimici causati dal diabete, tanto da essere definita come “presenza di sintomi e/o di segni di disfunzione dei nervi periferici in soggetti affetti da diabete, dopo aver escluso altre cause”.(4)
I sintomi predominanti sono rappresentati da dolore, sintomatologia algica-urente, parestesie e ipoestesie, soprattutto al piede. Il dolore si presenta caratteristicamente con esacerbazioni notturne. Clinicamente si manifesta con forme diffuse o focali, sebbene le forme diffuse siano quelle più frequenti. Quella sensitivo-motoria simmetrica distale è in assoluto la forma più riscontrata di neuropatia diabetica.(4)
I sintomi sensitivi predominano sull’interessamento motorio, compaiono nelle porzioni più distali degli arti e progrediscono prossimalmente secondo una distribuzione “a guanto” o “a calza”. La sintomatologia clinica è correlata al tipo di fibra nervosa coinvolta e tipicamente si riscontrano sintomi negativi - in cui compare una riduzione della sensibilità - e sintomi positivi - in cui sono presenti alterazioni della sensibilità periferica, fino a quadri di dolore difficilmente controllabili farmacologicamente. La perdita della sensibilità tattile, superficiale e propriocettiva è dovuta all’interessamento delle fibre di grosso calibro e spesso si associano a disturbi della deambulazione. L’interessamento delle piccole fibre sensitive determina una riduzione della sensibilità termica e dolorifica, causando un aumentato rischio di lesioni, soprattutto ai piedi. La patogenesi della neuropatia diabetica risulta multifattoriale, in accordo con la molteplicità delle alterazioni metaboliche che caratterizzano la malattia diabetica, e quindi è possibile formulare una serie di ipotesi contemporaneamente re­sponsabili delle manifestazioni cliniche.(4)

La neuropatia da intrappolamento

Le lesioni da intrappolamento sono tra le lesioni neuropatiche più frequenti e sono legate alla sproporzione tra lo spazio a disposizione di un nervo in una determinata sede anatomica e le sue necessità reali. Insorgono per un aumento su base degenerativa delle dimensioni delle strutture in esso contenute, quali legamenti, tendini, ventri muscolari e capi ossei. Quando si pone un sospetto diagnostico di neuropatia da intrappolamento, è necessario prestare attenzione in quanto potrebbe esservi una concomitante neuropatia diabetica o una compressione radicolare (double crush syndrome). L’approccio clinico si fonda sulla semeiotica neuro-muscolare e per porre diagnosi clinica di neuropatia da intrappolamento è opportuno valutare attentamente i gruppi mu­scolari coinvolti. L’obiettività muscolare risulta, infatti, importante, considerando che la diagnostica strumentale nelle neuropatie periferiche ci fornisce informazioni provenienti prevalentemente dall’elettromiografia (EMG). Le principali neuropatie da intrappolamento, che interessano prevalentemente l’età anziana e presentano il maggior tasso d’incidenza epidemiologica, sono:


• sindrome del tunnel carpale;
• sindrome del canale di Guyon
(intrappolamento del nervo ulnare
al polso);
• sindrome del tunnel cubitale (intrap­polamento del nervo ulnare al gomito);
• sindrome del tunnel tarsale (intrappolamento del nervo tibiale posteriore a livello del tunnel tarsale mediale).

Sindrome del tunnel carpale
Consiste nella compressione sul nervo mediano da parte del legamento trasverso del carpo ispessito o da parte delle strutture in esso contenute.(12) (Figure 5 e 6). L’eziopatogenesi prevede un ispessimento del tunnel da ipertrofia e/o calcificazione del legamento trasverso del carpo, con riduzione della capacità del contenitore, oppure una tenosinovite dei tendini flessori con aumento del “contenuto” (reumatismi infiammatori cronici). La sintomatologia consiste in una sindrome algico-urente, parestesie, ipoestesie, fino al­l’anestesia di una o tutte le prime tre dita della mano. I test indispensabili per fare la diagnosi clinica sono rappresentati dal test di Tinel e di Phalen.(12)



Sindrome del canale di Guyon
Si tratta della compressione del nervo ulnare a livello del canale osteofibroso e neurovascolare di Guyon (polso).(13)
L’eziopatogenesi prevede una compressione da parte di neoformazioni cistiche o neoplastiche, alterazioni strutturali dei vasi o franche anomalie vascolari, traumatismi diretti, microtraumi occupazionali, anomalie anatomiche, oltre ad alterazioni infiammatorie e degenerative del­le guaine sinoviali più vicine. La clinica è caratterizzata da dolenzia diffusa al polso e nel territorio d’innervazione dell’ulnare; sono presenti invece parestesie al quinto dito e alla metà ulnare del quarto, ma tale sindrome è soprattutto caratterizzata dal­la comparsa precoce di disturbi motori, paresi muscolare del primo muscolo interosseo e degli ipotenari, sino a veri e propri disturbi trofici, con ipotrofia degli interossei, in particolare del primo e degli ipotenari, nonché deficit d’abduzione del quinto dito.(13)
Il paziente presenta un aspetto della mano ad artiglio e si possono rilevare altresì deficit di flessione profonda del quarto e quinto dito, invitando il paziente a flettere tali dita contro la resistenza applicata sulle rispettive falangi distali; infine è presente un’impossibilità di abdurre il mignolo lateralmente contro resistenza, per compromissione del mu­scolo abduttore del mignolo.(13) (Figura 7)

Sindrome del tunnel cubitale
Nella sindrome del tunnel cubitale, è il nervo ulnare ad essere compresso a livello del canale epitrocleo-olecranico (gomito).(13) (Figura 8)
L’eziopatogenesi consiste in una compressione da parte di strutture legamentose (legamento di Osborne); inoltre vi può essere la compressione del nervo ulnare a livello dell’arcata (arcata di Osborne) del flessore ulnare del carpo da parte di fibrosi perineurali reattive, con ipertrofia dell’aponevrosi del flessore ulnare del carpo. Tra le varie eziologie, si possono annoverare anche la sublussazione ricorrente del nervo ulnare durante i movimenti di flesso-estensione del gomito, l’osteoartrosi del gomito, i reumatismi, il gomito valgo e traumatismi diretti o microtraumi ripetuti e frequenti.(13) Clinicamente questa sindrome presenta due fasi. La prima fase è dominata da una sintomatologia caratterizzata da parestesie nel territorio d’innervazione dell’ulnare alla mano, al quinto dito e metà ulnare del quarto con ipoestesia termo-dolorifica e tattile ingra­vescente. Nella seconda fase si verifica un aggravamento delle turbe motorie e una insorgenza di turbe trofiche, come l’amiotrofia del primo spazio interosseo e l’ipotrofia dei muscoli ipotenari e interossei, del terzo e quarto lombricale, nonché aggravamento delle turbe sensoriali, sino a un quadro di vera e propria anestesia termo-dolorifica e tattile nel territorio di competenza sensoriale del­l’ulnare. In fase avanzata, il danno della componente motoria porta anche a un deficit dell’adduzione del pollice, del flessore ulnare del carpo e del flessore profondo del quarto e quinto dito.
Il segno clinico patognomonico è la manovra cu­bitale positiva, ovvero la comparsa di do­lore e parestesie nel territorio d’innervazione dell’ulnare alla flessione forzata del gomito.(13)

Sindrome del tunnel tarsale
È una compressione del nervo tibiale posteriore a livello del tunnel tarsale me­diale.(14) La sindrome si instaura per un’alterazione del rapporto contenuto/contenente in questo passaggio. Può essere conseguenza di fratture o lussazioni di caviglia con conseguenti irregolarità ossee e/o calcificazioni e fibrosi perineurali, oppure di traumi distorsivi della caviglia, con ispessimento o retrazione cicatriziale delle strutture legamentose o fasciali. Può essere correlata alla presenza di anomalie funzionali statiche e dismorfismi del piede, tipo varismo calcaneare e piede piatto acquisito, oppure ad anomalie vascolari della zona, come pseudoaneurismi della arteria tibiale o varicosità venose. Va inoltre ricordata la possibile correlazione con patologie infiammatorie dei tendini flessore lungo dell’alluce e delle dita e l’associazione con artrite reumatoide e connettivopatie.(14) Per quello che concerne le forme secondarie, esse possono dipendere da varie neoformazioni sottocutanee a crescita loco-regionale, quali gli schwannomi, li­pomi, cisti tenosinoviali e ossee, algoparestesie alla caviglia e alla pianta del piede lato mediale, esacerbate dalla stazione eretta e dalla marcia e con eventuale deficit della flessione della falange basale delle dita.(14) Il segno di Tinel è vivamente positivo alla percussione sul tunnel tarsale. (Figura 9)

Trattamento del dolore europatico: ruolo dell’acido alfa-lipoico

In linea generale, sebbene il dolore neuropatico risponda scarsamente al trattamento con FANS o analgesici puri, tali classi di farmaci sono tuttavia ugualmente e ampiamente utilizzate in queste affezioni.
L’approccio più corretto, che risulta da vari studi e ricerche cliniche, sembra essere quello multidisciplinare che prevede terapia a base di farmaci antinfiammatori, analgesici, antidepressivi SSRI o SSNRI, anticonvulsivi.(7)
Alcuni farmaci (antidepressivi SSNRI, oppioidi deboli, antidepressivi triciclici) possono essere utilizzati come terapie di prima linea, a cui far seguire, come farmaci di seconda linea, anticonvulsivanti, altri antidepressivi, agenti per uso topico, oppiacei e supplementi nutrizionali.(15)
Tra gli altri farmaci utilizzati, gli antiepilettici hanno dimostrato di ridurre l’ipereccitabilità neuronale attraverso vari mec­­canismi che interferiscono con l’attività neurotrasmettitoriale eccitatoria.(15)
La terapia prevede anche l’impiego di farmaci neuroprotettori, come l’acido alfa-lipoico, che svolgono un’azione antiossidante, così da migliorare la velocità di conduzione nervosa e il flusso ematico endoneurale, riducendo quindi il dolore e le ipodisestesie.(16)
Il coinvolgimento dei processi di ossidazione (ROS, Reactive Oxigen Species) nella insorgenza e peggioramento del dolore neuropatico è stato dimostrato in numerosi studi che hanno confermato come lo stress ossidativo sia un’importante determinante delle condizioni patologiche de­ge­nerative e dolorose dei nervi periferici.(17)
Le varie reazioni ossidative sembrano quindi implicate nella cascata del segnale nocicettivo doloroso e di sensibilizzazione tipico del dolore neuropatico.(17)
Alla luce di queste acquisizioni, il ruolo dell’acido alfa-lipoico risiede nella sua spiccata attività antiossidante in grado di neutralizzare le reazioni ossidative e di ridurre le forme ossidate derivanti da altri fattori; tra le sue caratteristiche è interessante segnalare che l’acido alfa-lipoico è solubile sia in acqua che nei grassi, caratteristica che lo rende unico tra gli antiossidanti.(16) Numerosi studi clinici hanno dimostrato l’efficacia dell’acido alfa-lipoico nel mi­gliorare i parametri di conduzione del segnale dei nervi periferici coinvolti nelle neuropatie, con incremento della funzione nervosa.(18) Altri studi ne hanno dimostrato l’efficacia in pazienti con neuropatie periferiche, nei quali ha migliorato in maniera significativa la sintomatologia dolorosa.(18)
In una recente review è stata analizzata l’evidenza di oltre 15 trial clinici che han­no stabilito l’efficacia terapeutica e la sicurezza dell’acido alfa-lipoico al dosaggio di 600 mg nella neuropatia diabetica.
Le principali conclusioni permettono di affermare che il trattamento di 3 settimane a dosaggi di 600 mg di acido alfa-lipoico sembra ridurre i sintomi principali della neuropatia diabetica; l’effetto sui sintomi è accompagnato da un miglioramento dei deficit neurologici: l’acido alfa-lipoico tende infatti a ridurre i deficit neurologici, con miglioramento a lungo termine nella conduzione dei nervi motori e sensori degli arti inferiori. Infine, studi di sorveglianza clinica hanno evidenziato un profilo di sicurezza altamente favorevole.(19)
Altre valutazioni cliniche sull’effetto del­l’acido alfa-lipoico emergono da uno studio in cui i ricercatori hanno voluto valutare l’efficacia e la sicurezza di un breve trattamento a base di acido alfa-lipoico sul deficit e sui sintomi neuropatici in pazienti con diabete mellito di tipo 2, sofferenti di polineuropatia sintomatica.
24 pazienti sono stati trattati con 600 mg di acido alfa-lipoico (AL) 3 volte al giorno (n=12) o placebo (n=12) per 3 settimane, con valutazione dei sintomi neuropatici (dolore, bruciore, parestesia, torpore) a livello del piede con Punteggio Totale dei Sintomi (PTS). Al basale e al finale (19° giorno) sono stati inoltre valutati il dolore e la di-sabilità, rispettivamente con il HPAL (Hamburg Pain Adjective List) e il NDS (Neuropathy Disability Score).(20) Al basale, i punteggi PTS, HPAL e NDS non presentavano differenze significative fra i due gruppi.
I risultati dimostrano che rispetto al basale il Punteggio Totale dei Sintomi al termine dello studio è diminuito di -3.75 ± 1.88 punti (-47%) nel gruppo con acido alfa-lipoico e di -1.94 ± 1.50 punti
(-24%) nel gruppo trattato con placebo (p=0.021 per AL vs placebo). Inoltre, il punteggio totale HPAL era diminuito di
-2.20 ± 1.65 punti (-60%) nel gruppo AL e di -0.96 ± 1.32 punti (-29%) nel gruppo placebo (p=0.072 per AL vs placebo). Infine, la valutazione della disabilità con scala NDS ha dimostrato una riduzione significativa del punteggio nel gruppo AL (-0.27 ± 0.47), mentre è aumentato nel gruppo placebo (0.18 ± 0.4) (p=0.025 per AL vs placebo). (Figura 10)
Non sono state notate differenze fra i due gruppi per quanto attiene la frequenza degli eventi avversi. Questi risultati suggeriscono che il trattamento orale con acido alfa-lipoico migliora i sintomi do­vuti a polineuropatia in pazienti con diabete di tipo 2, senza causare particolari reazioni avverse.(21)
In un altro recente studio in doppio cieco, randomizzato, è stato dimostrato l’effetto dell’acido alfa-lipoico nel trattamento del dolore da ernia discale in 64 pazienti (età media 61 anni) con mal di schiena acuto e sciatica moderata, trattati per 60 giorni.(22)
I pazienti sono stati divisi in due gruppi: il gruppo 1 (n=33) ha ricevuto acetil-L-carnitina 1180 mg/die (ALC), mentre i pazienti nel gruppo 2 (n=31) hanno ricevuto acido alfa-lipoico 600 mg/die (AL). L’endpoint primario era la variazione dei segni e sintomi clinici della sciatica, misurata con questionario NIS-LL (Neuropathy Impairment Score in the Lower Limbs)(23), questionario NSC-LL (Neuropathy Symptoms and Change in the Lower Limbs)(24) e questionario TSS (Total Symptom Score). Come endpoint secondario veniva considerato il miglioramento del deficit neurologico, misurato con punteggio elettromiografico (punteggio EMG) vs il basale.
Entrambi i trattamenti hanno prodotto miglioramenti significativi della neuropatia rispetto al basale alla valutazione elettromiografica al giorno 60; tuttavia, sono stati osservati miglioramenti più elevati con l’acido alfa-lipoico (-0,19 [± 0,29] vs basale) rispetto al trattamento con ALC (-0,09 [± 0,40] vs basale), sebbene la differenza fra i gruppi non fosse statisticamente significativa. (Figura 11)
Per quanto riguarda la valutazione del danno neuropatico (punteggio NIS-LL), dei sintomi neuropatici agli arti inferiori (punteggio NSC-LL) e dei sintomi totali (punteggio TSS), l’acido alfa-lipoico ha dimostrato miglioramenti medi ri­spetto al basale significativamente mag­giori rispetto a ALC (NIS-LL, rispettivamente -2,52 ± 1,50 vs -1,48 ± 1,37; NSC-LL rispettivamente -2,16 ± 1,37 vs 1,42 ± 1,37; TSS, rispettivamente -1,90 ± 1,08 vs 1,18 ± 1,01; p <0,05 per tutti i confronti). (Figura 11)
Un numero più elevato di pazienti trattati con acido alfa-lipoico ha riportato una minore necessità di analgesia, in confronto ai pazienti trattati con ALC (71,0% vs 45,5%; p <0,05); nessuno dei due trattamenti ha avuto un impatto significativo sulla qualità del sonno. Dai dati emersi dallo studio, l’acido alfa-lipoico 600mg/die è quindi risultato efficace nel trattamento del dolore sciatico causato da ernia discale; tale efficacia si è inoltre associata a un miglioramento nei punteggi dei sintomi e a una ridotta necessità di analgesia.



Conclusioni
Le neuropatie periferiche, come cervicobrachialgie, lombosciatalgie e neuropatie diabetiche, sono caratterizzate da una sintomatologia dolorosa acuta che risponde parzialmente al trattamento antalgico con FANS, oppioidi deboli o miorilassanti.
Dopo la fase iniziale e acuta, risulta utile l’integrazione con antiossidanti e neurotrofici, che agiscono sia riducendo gli effetti dello stress ossidativo conseguente alla flogosi, sia migliorando il trofismo del nervo. Nelle sindromi canalicolari, i FANS non trovano indicazione elettiva, tranne per le forme secondarie a tenosinovite. Dall’analisi della letteratura risulta che i FANS/analgesici presentano limitazioni nelle neuropatie da compressione o devono comunque essere integrati con antiossidanti specifici, tenuto conto che FANS e analgesici non agiscono sul dan­no neuronale vero e proprio. Inoltre, poiché la compressione di un nervo periferico determina un danno meccanico e una lesione ischemica a causa della compressione dei vasa nervorum epineurali e della conseguente stasi vascolare, si instaurano meccanismi di lesione rappresentati dallo stress ossidativo, con aumento delle specie reattive dell’ossigeno e degli idroperossidi lipidici, diminuzione delle capacità di difesa antiossidante, nonché mancato apporto di metaboliti energetici necessari per la funzione sinaptica. L’acido alfa-lipoico ha dimostrato, sia sperimentalmente che in vivo, di svolgere una potente azione antiossidante a livello periferico, oltre ad aumentare la concentrazione periferica di ATP e la captazione periferica di glucosio.(16,18)
In conclusione, come dimostrato in studi clinici e sperimentali, l’acido alfa-lipoico è un potente antiossidante idrosolubile e liposolubile, in grado di agire sia all’interno sia all’esterno delle membrane cellulari, dove contrasta l’azione dei radicali liberi i danni derivati dalla loro formazione. L’attività antiossidante dell’acido alfa-lipoico è 400 volte più potente della Vitamina C e della Vitamina E, è presente in tutte le cellule interviene nei processi energetici.(16,18)
Essendo un importante coenzima del metabolismo cellulare, interviene nella produzione di ATP nei mitocondri e nel ripristino di altre sostanze ad azione antiossidante come la Vitamina C, la vitamina E il Glutatione. Queste acquisizioni sulle caratteristiche dell’acido alfa-lipoico consentono di affermare l’utilità quale integratore nelle neuropatie periferiche quali lombosciatalgia, cervicobrachialgia, sindromi canalicolari, caratterizzate da situazioni di stress ossidativo a carico dei tessuti, in particolare delle cellule costituenti il tessuto nervoso. ?

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