Ruolo dell’acido alfa-lipoico nelle neuropatie periferiche meccaniche di pertinenza ortopedica
A. Tucciarone



Sindromi da ipersollecitazione dell’arto superiore (sias)
N. Teisseire



XXIV Congresso Nazionale L.A.M.I.CA.
Dal Messico al Sudafrica:
il Medico dello Sport 40 anni dopo
a cura della redazione



La parola al radiologo
Imaging ecografico delle complicanze delle lesioni muscolari da sport
R. Sutera, A. Iovane, F. Candela



Efficacia e tollerabilità di aceclofenac
nel trattamento della gonartrosi sintomatica
U. Zoppi



Riduzione del consumo di FANS in pazienti trattati
con Ligatender in casi selezionati di tendinopatie
acute e croniche in ambiente reumatologico
A. Migliore, U. Massafra




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Anno 10 - Numero 1 - 2010
IL MEDICO SPORTIVO
Periodico di aggiornamento scientifico e
professionale


?XXIV Congresso Nazionale
Dal Messico al Sudafrica il Medico dello Sport 40 anni dopo



?Saluto del Prof. Enrico Castellacci

Quale Presidente della L.A.M.I.CA. (Libera Associazione dei Medici Italiani del Calcio) sono orgoglioso di presentare il XXIV Congresso Nazionale L.A.M.I.CA. “Dal Messico al Sudafrica: il Medico dello Sport 40 anni dopo”, che si terrà a Milano il giorno 12 aprile presso l’ATA Hotel Fieramilano.
Il Congresso, presieduto dai miei due carissimi Colleghi e amici, Dott. Armando Gozzini e Dott. Massimo Manara,
si prefigge di mettere in luce quanto la Medicina dello Sport sia cambiata nel corso del tempo: in questo senso
“Dal Messico al Sudafrica: il Medico dello Sport 40 anni dopo” non poteva essere un titolo più appropriato!
Il ruolo del medico sociale ha seguito una evoluzione temporale che lo ha portato ad essere la massima espressione della medicina sportiva sul campo senza tuttavia trovare la stessa considerazione dalle varie componenti istituzionali, pur presentando risvolti assai complessi.
Il medico sociale si caratterizza per la sensibilità, l'attenzione, le competenze specifiche e specialistiche e per le grandi doti di equilibrio, caratterisiche necessarie e fondamentali per garantire la tutela della salute dell’atleta.
Auspico che il XXIV Congresso Nazionale L.A.M.I.CA. possa rappresentare un altro passo verso la continua valorizzazione di un ruolo, quello del medico sociale, sempre più centrale nel complesso mondo dello Sport e del Calcio in particolare, così da diventare un valido
supporto per tutte le società sportive e per tutti i vari operatori del settore.
Inoltre ritengo che questo Congresso possa costituire per tutti noi medici sportivi, un momento d’incontro e di aggiornamento
professionale sulle problematiche derivanti da una situazione di gioco particolare come quella dei Mondiali di Calcio del Sudafrica,
in cui molte partite verranno giocate ad altitudini elevate, come accadde nel 1970 in Messico.
Farò mio l'impegno a sostenere i Presidenti del Congresso affinchè tutti i partecipanti forniscano il loro contributo per favorire
uno scambio di esperienze ed opinioni, così da migliorare le nostre conoscenze sulla gestione di un atleta in alta quota.

?intervista a cura della Redazione
Armando Gozzini e Massimo Manara

?Il 12 aprile si svolgerà a Milano, presso l’ATA Hotel Fieramilano, il XXIV Congresso nazionale L.A.M.I.CA.“Dal Messico al Sudafrica: il Medico dello Sport 40 anni dopo”. Quale occasione migliore per porre ai Presidenti del Congresso, Dott. Armando Gozzini e Dott. Massimo Manara, alcune domande di approfondimento sul congresso e sull’imminente avventura dei mondiali di calcio in Sudafrica?

?Dott. Gozzini, il XXIV Congresso Nazionale L.A.M.I.CA. è incentrato sul ruolo del medico dello sport nell’ambito dei Mondiali di Calcio.
Il paragone tra quelli del Messico del 1970 e quelli del Sudafrica 2010 è legato al fatto che entrambi sono giocati ad altitudini superiori a quelle abituali?




Certamente! Entrambi i mondiali che lei ha citato sono stati giocati a quote superiori ai 1000 m s.l.m., per il Messico si potrebbe dire “in montagna”.
Allo stesso modo quest’anno in Sudafrica, le squadre di calcio giocheranno a quote alte seppur non come quelle del Messico. Nel titolo del congresso è già insito quali sono gli obiettivi che ci poniamo con questo evento e che si possono riassumere nel voler fornire un aggiornamento sulle metodologie di allenamento del calciatore in altura, con tutto quanto questo comporta: dalla alimentazione, al controllo medico, dall’allenamento sul campo alla necessità di adattamento alla quota. Pochi ne sono al corrente ma molte delle città sudafricane che ospiteranno le partite dei mondiali 2010 sono a quote elevate, tali da poter influire sulle prestazioni dei giocatori e creare loro delle difficoltà di respirazione.
Un esempio? Lo stadio della città di Johannesburg si trova a 1.753 metri di quota.

Dott. Gozzini,
in che modo l’alimentazione può influenzare la resa sportiva del calciatore in alta quota considerando che la maggior parte dei nostri calciatori si allenano a livello del mare?



Occorre innanzitutto ricordare che la caratteristica comune negli sport effettuati in alta quota è il notevole impegno fisico che spesso viene svolto a temperature tendenzialmente fredde ed in condizioni in cui la pressione parziale dell’ossigeno è ridotta, per cui è possibile che l’affaticamento si manifesti più precocemente che nelle situazioni di attività a livello del mare. L’organismo umano ad alta quota è sottoposto a stress fisici e ambientali particolarmente intensi che provocano importanti fenomeni fisiologici di adattamento.
Questi fenomeni, seppur sufficienti ad ottenere un adattamento temporaneo, comportano un dispendio “energetico” che si somma a quello provocato dall’attività fisica strenua a queste quote. Ad eccezione per alcune specialità dello sci, tutte le altre attività sportive di montagna hanno anche la caratteristica di svolgersi su tempi medio/ lunghi, richiedendo pertanto buone doti di resistenza.
Se diamo per assunto che la resistenza è quella più sollecitata e messa a dura prova dall’altitudine, ne consegue che il fabbisogno calorico dovrà essere elevato, raggiungendo anche le 700 kcal (nel caso ad esempio dello sci di fondo o della corsa). Mediamente si può dire che la quota energetica non sarà mai inferiore alle 400 kcal per ciascuna ora di attività. Pertanto, durante gli allenamenti, l’alimentazione dovrà prevedere una consistente presenza di carboidrati complessi, capaci di fornire circa il 60% della porzione calorica introdotta.
Inoltre, poiché come per tutte le discipline di resistenza, la sollecitazione muscolare è un elemento particolarmente importante, il fabbisogno proteico andrà considerato con attenzione.
Quindi l’alimentazione è fondamentale per ottenere una prestazione atletica in grado di sostenere l’aumentato affaticamento muscolare dovuto all’alta quota. E questo è tanto più quanto più l’atleta non è abituato ad allenarsi e a svolgere la propria attività sportiva ad alta quota. Un’ulteriore considerazione riguarda un problema sempre presente a qualsiasi quota e rappresentato dall’importanza di una sufficiente idratazione dell’organismo mediante l’assunzione di acqua e sali minerali.
Quando si fa attività sportiva in quota, si instaurano condizioni tali per cui è inevitabile una notevole perdita di liquidi: sudorazione profusa, aumento della frequenza respiratoria che determina una maggior dispersione di vapore acqueo da bocca e naso, evaporazione rapida per vento e/o sole che possono ingigantire i fenomeni. Tutto questo può facilmente portare alla disidratazione con perdita notevole di sali minerali ed il manifestarsi di sintomi quali stanchezza, crampi musco­lari, sfinimento ecc ecc. Unico rimedio all’instaurarsi di questo quadro “sub-clinico” è provvedere ad una costante ed abbondante idratazione dell’atleta utilizzando frequenti somministrazioni di acqua o soluzioni acquose arricchite di sali minerali. Tuttavia, vorrei affermare un concetto improtante: prima ancora di parlare di alimentazione, nella preparazione di un atleta non abituato all’alta quota come i calciatori, il primo passo consiste nell’ottenere l’adattamento del suo organismo all’alta quota (cd. acclimatazione). A questo scopo è utile portare la squadra qualche settimana prima degli allenamenti così che gli atleti si abituino alle nuove condizioni, con il risultato che la capacità del loro organismo di assorbire, trasportare ed utilizzare l’ossigeno dell’aria aumenta, compensando in questo modo la riduzione assoluta dell'ossigeno nell’aria

Dott. Gozzini, quanto dovrebbe durare questo periodo di adattamento o acclimatazione?


Potremmo dire che la lunghezza temporale del periodo di acclimatazione varia con l’altezza; inoltre l’acclimatazione a una determinata quota rappresenta solamente una tappa verso un ulteriore completamento del processo di acclimatazione se ci si porta a quote superiori.
In linea generale, occorrono due settimane per acclimatarsi a una quota di 1800-2300 m. Successivamente, occorre calcolare una settimana per ogni 500-600 m di quota fino intorno ai 4600 m. Per gli atleti che intendono competere in quota, un intenso periodo di allenamento deve iniziare precocemente nel corso del periodo di acclimatazione così da minimizzare un possibile effetto deallenante, in quanto è in effetti relativamente difficile dedicarsi ad allenamenti pesanti nei primi giorni di esposizione.

Dott. Gozzini, naturalmente anche le
metodiche di allenamento devono tenere conto dell’adattamento del calciatore e della situazione di attività in alta quota?


Sicuramente, perchè come accennavo precedentemente, dato per assodato che il calciatore si sia adattato all’altitudine, tuttavia questo non è sufficiente per garantire prestazioni atletiche a livello agonistico. L’esposizione all’alta quota comporta limitazioni della capacità di lavoro e delle funzioni fisiologiche connesse. Anche a quote relativamente basse, gli adattamenti funzionali corporei con sono in grado di compensare completamente la riduzione della pressione parziale dell’ossigeno. Alcuni parametri funzionali, in particolare la gittata pulsatoria e la frequenza cardiaca massima sono alterati in modo tale che ne deriva una riduzione del massimo consumo di ossigeno. In questo senso le metodiche di allenamento devono a loro volta essere adattate per migliorare la capacità di utilizzare l’ossigeno, la capacità di trasporto dell’ossigeno e la capacità aerobica dell’atleta.

Dott. Manara,
nel programma del congresso si tratterà anche dell’overuse articolare e delle problematiche respiratorie ad alta quota. In che modo l’altitudine può alterare la normale funzionalità articolare e respiratoria?



Il principale problema legato all’alta quota è la riduzione della pressione parziale dell’ossigeno che si verifica in proporzione alla riduzione della pressione barometrica. La riduzione della pressione parziale dell’ossigeno atmosferico, che si riflette ovviamente a livello alveolare scatena una serie di processi di adattamento funzionale dell’apparato muscolo-scheletrico e respiratorio, con conseguenze dirette sulla capacità funzionale fisica. Alcuni normali e fisiologici cambiamenti avvengono in ogni persona che vada in quota come l’iperventilazione (respiro più veloce, più profondo o entrambi), il respiro “corto” durante lo sforzo e i cambiamenti nel ritmo respiratorio notturno. Infatti, salendo di quota attraverso l’atmosfera la pressione barometrica cala (l’aria però continua a contenere il 21% di ossigeno) con il risultato di rendere più povero di ossigeno ogni respiro.
Da qui nasce l’importanza di un allenamento sia muscolare che respiratorio: a tale scopo nel programma sono state inserite dalle relazioni che hanno lo scopo di informare e, se possibile, formare, il medico dello sport sulle problematiche derivanti dall’attività sportiva in quota e come prevenirle o trattarle. In particolare, accennando al problema dell’overuse articolare, è importante che l’allenamento venga attuato con attenzione particolare ai carichi sulle articolazioni portanti quali quelle del ginocchio o della caviglia, soprattutto negli atleti professionisti. Infatti riducendosi l’apporto di ossigeno tutto l’equilibrio delle cellule che compongono l’apparato muscolo-scheletrico po­trebbe venire alterato con aumento della possibilità di infortuni sia muscolari che articolari o cartilaginei.
Allo stesso modo la capacità di respirazione deve essere attentamente monitorata per evitare fenomeni di ipossia con conseguenze anche importanti sulla performance atletica. In questo senso le relazioni riguardanti l’overuse articolare, il lavoro respiratorio e gli aspetti fisiologici sul giocatore in altura, rappresenteranno momenti di ag­giornamento e approfondimento dei elevata rilevanza clinica.

Dott. Manara ritiene che i medici dello sport, e in particolare i medici delle società sportive sia agonistiche che amatoriali, dovrebbero prestare più attenzione nella valutazione fisica dei soggetti che praticano sport in alta quota?



Il medico dello sport o il medico sociale rappresenta il garante della salute dell'atleta. Tuttavia il suo ruolo viene spesso sottostimato o poco riconosciuto anche dagli stessi atleti.
Questo è un errore a tutti i livelli di sport in quanto solo il medico dello sport può essere in grado di fornire le informazioni necessarie affinché l’atleta possa svolgere la propria attività sportiva in qualsiasi condizione e senza rischi per la sua salute.
Ciò è tanto più vero nel caso specifico degli sport ad alta quota, dove è necessario una profonda conoscenza della fisiologia e delle metodiche di adattamento e allenamento.
In tal senso è opportuno stimolare la conoscenza della medicina dello sport applicata a situazioni non usuali come l’attività ad alta quota di atleti non abituati a simili altitudini.
Questo è proprio lo spirito del congresso: formare il medico dello sport così che sia in grado di seguire i propri atleti in ogni situazione e condizione sportiva.

Dott. Gozzini e Dott. Manara a conclusione del nostro incontro,non possiamo non porvi una amichevole domanda sul vostro pronostico dei mondiali 2010: vista la similitudine per l’altitudine dei campi di calcio con Messico ‘70, mondiali in cui l’Italia si era classificata al 2° posto nella finale del 21 giugno contro il Brasile vincitore del Mondiale, come prevedete si concluda la performance della nostra Nazionale?
Arriverà in “vetta” o si fermerà in “collina”?



Finale storica quella di Messico ‘70 conclusasi 4-1 per il Brasile con i gol di Pelé al 18’, Gérson al 66’, Jairzinho al 71’ e Carlos Alberto al 86’ e un unico gol di Boninsegna al 37’ per l’Italia!
Non ci esponiamo a pronostici ma auguriamo che la nostra Nazionale possa dimostrare tutta la sua professionalità e serietà giocando ogni partita al massimo dell’impegno, puntando sempre in alto, per vederla ai massimi livelli! ?


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