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L’uso dell’artroscopia nella chirurgia di revisione
della cuffia dei rotatori.

E. Abello, M. Borgni, M. Guelfi, F. Priano

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Anno 11 - Numero 2 - 2011
IL MEDICO SPORTIVO
Periodico di aggiornamento scientifico e
professionale


L’uso dell’artroscopia nella chirurgia di revisione
della cuffia dei rotatori.

E. Abello, M. Borgni, M. Guelfi, F. Priano,
Casa di Cura Villa Montallegro, Genova

L’uso dell’artroscopia nella chirurgia di revisione della cuffia dei rotatori, negli ultimi anni, si è resa sempre più necessaria.
Recidive ed insuccessi sono descritti sia in seguito a trattamento chirurgico a cielo aperto che artroscopico.
Numerosi studi prendono in esame l’argomento, cercando di analizzare le cause ed i meccanismi che determinano
il fallimento parziale o totale del trattamento. Gli Autori, dopo una serie di considerazioni generali sulle indicazioni,
sulle controindicazioni e sulle varie tecniche chirurgiche di sutura, fanno un’analisi dei meccanismi fisiopatologici che sono
alla base del fallimento chirurgico; analizzano i fattori che condizionano la rioperabilità di ciascun caso e riportano la loro casistica,
e descrivendo i concetti che hanno portato al trattamento artroscopico adottato in seconda istanza.

Introduzione
Le rotture della cuffia dei rotatori, possono essere trattate chirurgicamente a cielo aperto o per via artroscopica.
A cielo aperto, sono necessarie vie d’accesso ampie, in genere anteriori o antero-laterali, che permettono di effettuare la decompressione subacromiale e la riparazione della lesione tendinea.
L’entità del danno anatomico determinato dalle ampie vie d’accesso e le difficoltà di portare a termine una procedura solo artroscopica hanno portato, specie nella curva d’apprendimento della tecnica artroscopica, ad un grande uso di metodiche combinate: acromionplastica a cielo chiuso e sutura tendinea mediante mini spit trans-deltoideo anteriore o laterale.
Attualmente la tendenza della maggioranza dei chirurghi che si occupano di patologie della cuffia dei rotatori è quella di usare tecniche interamente artroscopiche.
Ma è la chirurgia della cuffia dei rotatori che ha subito, negli ultimi anni, una notevole evoluzione, sostanzialmente dovuta allo sviluppo delle tecniche chirurgiche, delle tecniche di imaging che permettono diagnosi precoci ed affidabili e dei materiali impiegati, in particolare degli strumentari e dei sistemi di sutura.
Questo ha comportato, da un lato, fissazioni e suture più semplici e sicuri con abbattimento di molti limiti chirurgici, che fino a qualche tempo fa erano considerati invalicabili, ed, in generale, miglioramento dei risultati ottenuti; dall’altro, un allargamento delle indicazioni, un maggior numero di casi operati con conseguente aumento di successi ma anche di risultati discreti, cattivi e delle recidive sintomatiche. Ecco che la chirurgia di revisione della cuffia dei rotatori si è resa sempre più necessaria, implicando il bisogno di analizzare criticamente i propri risultati e di dedicare tempo e risorse allo studio dei motivi e dei meccanismi che possono causare il fallimento della sutura o il risultato insoddisfacente.(1-2-3)
Prima di analizzare questi aspetti, pare utile percorrere l’evoluzione storica della chirurgia artroscopica della patologia dello spazio sottoacromiale.
Il successo del trattamento delle sindromi da conflitto tipo II di Neer(4) mediante decompressione artroscopica(5-6), ha stimolato i chirurghi a mettere a punto tecniche di sutura della cuffia dei rotatori per via endoscopica. Un concreto passo avanti è stato fatto con la messa a punto di metodiche di sutura tendinea eseguite interamente in artroscopia.
Wolf e Snyder hanno incominciato a riparare piccole lesioni inferiori a 2 cm., successivamente, con il perfezionarsi delle tecniche e dei materiali, le indicazioni si sono allargate, sino a rendere possibile la riparazione artroscopica della maggior parte delle lesioni.(7-8-9-10-11-12)
Oltre al semplice debridement dei monconi tendinei ed alle suture side to side a punti staccati, ha apportato un notevole contributo l’introduzione delle ancore per la sutura delle lesioni della cuffia dei rotatori, secondo la tecnica ideata da Wolf, e i concetti meccanici introdotti da Burkhart. (11-12)
L’impiego delle ancore è condizionato essenzialmente dal grado di retrazione tendinea e dalla qualità del tessuto osseo dove vengono infisse.(13-14)
Successivamente è stata ideata una metodica denominata T-Fix che facendo uso di tunnels trans-ossei, permette di effettuare la sutura indipendentemente dalla qualità del tessuto osseo omerale, offrendo contemporaneamente i vantaggi delle tecniche artroscopiche e di quelle a cielo aperto. (14)
L’introduzione di sistemi di sutura senza nodo ha velocizzato e semplificato ulteriormente i tempi chirurgici.
In caso di lesioni ampie e complesse, può essere necessario l’impiego di sistemi di sutura combinati (side to side più ancore, side to side più T-Fix, ecc.). L’introduzione dei concetti di Burkhart(10-11-12), secondo i quali, in caso di lesioni massive e retratte, non è conveniente tentare una sutura anatomica sotto tensione, ma bensì una sutura medializzata che copra semplicemente il “buco”, ha allargato ulteriormente le indicazioni, consentendo di eseguire suture più sicure con buoni risultati.
La maggioranza degli autori, ha adottato la classificazione delle lesioni della cuffia dei rotatori di Snyder e Patte, basata sulla valutazione artroscopica del danno.
Le lesioni possono esser molto varie, ne esistono di riparabili e di irreparabili, sia in artroscopia che a cielo aperto.
La tendenza della maggioranza degli autori, di fronte ad una lesione della cuffia dei rotatori, è la seguente:

Lesione parziali
debridement del focolaio.
Piccola lesione completa
cruentazione e sutura anatomica
tendine-osso.
Lesione massiva
cruentazione e sutura medializzata tendine-tendine con eventuale
stabilizzazione dei bordi lesionali, mediante mezzi di ancoraggio all’osso.

è chiaro che con questa tendenza a suturare tutte le lesioni, per le caratteristiche anatomiche dei tendini lesionati e per difficoltà tecniche legate alla chirurgia, iniziano ad aumentare gli insuccessi chirurgici.

Inquadramento fisiopatologico degli insuccessi chirurgici.
Possono concorrere allo sviluppo di una recidiva o di un risultato insoddisfacente, sia in artroscopia che a cielo aperto, tre gruppi di fattori : “intrinseci”, “estrinseci” e “secondari”. I primi rappresentano i limiti tecnici biologici alla sutura artroscopica della cuffia dei rotatori e sono costituiti dalle condizioni anatomo-patologiche locali:

• grado della lesione,
• qualità del tessuto tendineo,
• trofismo dei ventri muscolari,
• consistenza del tessuto osseo,
• grado di degenerazione delle strutture articolari.

Di conseguenza, le principali cause e meccanismi fisiopatologici associati ai fattori “intriseci” che possono portare all’insuccesso chirurgico, sono rappresentati:

• dall’esecuzione di una sutura su una lesione troppo ampia, e quindi sotto tensione che cede a breve o a lungo termine,
• dall’esecuzione di una sutura su un tessuto tendineo di scarsa qualità che cede per sfibramento del tendine,
• dall’esecuzione di una sutura su
tendini collegati a ventri muscolari in preda a degenerazione fibro-adiposa grave, con perdita della loro funzione,
• dall’infissione di ancore o punti trans-ossei in un osso di scarsa qualità, con conseguente fallimento per cedimento delle trabecole ossee,
• dall’esecuzione di una sutura in una spalla con gravi problemi degenerativi che quindi non risente del beneficio della riparazione chirurgica.

I fattori “estrinseci” sono rappresentati da tutti quei parametri esterni alle condizioni biologiche della spalla del paziente e comprendono:

• l’abilità del chirurgo operatore,
• la corretta esecuzione della tecnica chirurgica (cielo aperto o artroscopia),
• la disponibilità e la qualità dei materiali,
• il programma riabilitativo impiegato.

Ecco che vengono alla luce altre cause e meccanismi di insuccesso correlati ai suddetti fattori “estrinseci” come:

• errori di tecnica commessi dal
chirurgo operatore inesperto, durante la lunga curva d’apprendimento (decompressione subacromiale
insufficiente o troppo abbondante, scollamento dei monconi incompleto, debridement dei monconi incompleto, debridement della zona ossea di inserzione insufficiente, errato passaggio dei fili di sutura o dei T-Fix, errato angolo di infissione delle ancore, errato serraggio dei nodi o dei sistemi di bloccaggio dei fili di sutura, eccessivo scollamento del deltoide dal bordo acromiale, inadeguata ricostruzione del deltoide),
• la mancata disponibilità, per motivi di badget aziendale, del mezzo di
sutura “ideale” per quel tipo di lesione, così che il chirurgo è costretto ad
usare quello che l’azienda gli mette
a disposizione,
• il cedimento strutturale dei materiali impiegati,
• un programma riabilitativo troppo aggressivo che determina il cedimento della sutura per eccesso di carico
o troppo prudente, con conseguenti problemi di articolarità, dolore
e ipotrofia muscolare.

A questi si aggiungono i fattori “secondari” che si possono sovrapporre alla nuova normalità articolare, conseguente alla riparazione della cuffia dei rotatori, come lo sviluppo di conflitto antero-superiore tra bordo superiore della glena e tessuto muscolo-tendineo ispessito dalla sutura e l’ipotrofia del muscolo deltoide.
In molti casi il fallimento percorre un iter fisiopatologico complesso nel quale possono intervenire più fattori. (Tab. 1).

Analisi della “rioperabilità”
del risultato insoddisfacente.
Di fronte ad un insuccesso, prima di intervenire chirurgicamente, occorre valutare la reale rioperabilità del caso facendo sostanzialmente tre tipi di considerazioni:

• analizzare la causa dell’insuccesso,
• valutare la possibilità di risolvere
la problematica in artroscopia,
• decidere quale tecnica chirurgica artroscopica usare,
• valutare la strategia da adottare
per evitare che si riproponga il
meccanismo anatomo-patologico
alla base dell’insuccesso.

In generale ad un risultato insoddisfacente causato dai limiti anatomo-patologici locali della spalla (fattori intrinseci), si può rimediare artroscopicamente adottando una sutura che tenga conto della ridotta qualità e dell’eventuale peggioramento avvenuto nel tempo, dei tessuti biologici (per esempio una sutura medializzata, secondo i concetti di Burkhart, al posto di una sutura anatomica che richiede tessuti di buona qualità). Oppure usando una tecnica chirurgica che aggiri l’ostacolo anatomo-patologico (per esempio T-Fix al posto delle ancore avulse per la scarsa qualità del tessuto osseo). Gli unici limiti di rioperabilità, fra questo primo gruppo di fattori, sono la grave atrofia con degenerazione fibro-adiposa dei ventri muscolari e la presenza di una spalla molto degenerata. Nel primo caso esiste una controindicazione assoluta al reintervento artroscopico, nel secondo caso esisteva fin dall’inizio, una forzatura od un vero errore di indicazione che limita ulteriormente l’uso dell’artroscopia in seconda istanza. Se al risultato insoddisfacente concorrono errori di tecnica chirurgica, altri fattori estrinseci o fattori secondari, la strategia da seguire sarà quella di identificare precisamente l’errore commesso od il fattore responsabile, cercando di correggerlo o di eliminarlo, ove possibile, artroscopicamente con il secondo intervento. In questi casi occorre valutare attentamente l’eventuale peggioramento anatomo-patologico, avvenuto nel corso del tempo che rappresenta un fattore prognostico negativo.Ovviamente risulta impossibile rimediare artroscopicamente a problemi inerenti il muscolo deltoide, o ad un’acromionplastica troppo abbondante.

Casistica, risultati, analisi delle cause di insuccesso e trattamento artroscopico di seconda istanza.
Sono stati presi in esame tutti i pazienti che sono venuti al nostro controllo e/o rioperati in artroscopia per fallimento di chirurgia della cuffia dei rotatori, a cielo aperto o in artroscopia, dal 1990 al 1999. (Figura 1). Dalla rivalutazione sono emersi 85 casi definiti “insuccessi” (oggetto del nostro studio), che comprendono:

a) 61 casi in cui è stato ottenuto
un risultato che abbiamo definito insoddisfacente (somma dei casi
discreti e cattivi, escluse le recidive).
b) 9 casi in cui si è verificata
una recidiva precoce
(entro 6 mesi dalla sutura).
c) 15 casi in cui si è verificata
una recidiva tardiva
(oltre 6 mesi dalla sutura).

Tutti gli insuccessi sono stati studiati mediante esame clinico, esame radiografico, ecotomografia e RM, confrontando, ove possibile, i dati ottenuti con quelli pre-operatori. In 22 di questi, dalla valutazione della rioperabilità pre-operatoria, è emersa una controindicazione all’artroscopia, e pertanto sono stati esclusi dallo studio:

11 casi di grave atrofia e degenerazione fibro-adiposa dei ventri muscolari in presenza di una sintomatologia trattabile con terapia medica e fisica,
7 casi di grave degenerazione artrosica delle superfici articolari, nei quali un trattamento chirurgico-conservativo non avrebbe, a nostro giudizio, esitato risultato soddisfacente
4 deficit deltoideo in pazienti operati con tecnica tradizionale, con un eccessivo sacrificio dell’inserzione muscolare o una inadeguata sutura-reinserzione con conseguente atrofia e sofferenza muscolare.
I restanti 63 casi sono stati sottoposti ad un secondo trattamento con tecnica artroscopica. Le cause di insuccesso emerse dalla valutazione clinica, strumentale ed artroscopica sono state le seguenti:

in 31 casi l’insuccesso è stato attribuito ad un cedimento della sutura a livello del tendine, si trattava di pazienti con lesioni massive gravi, operati di sutura anatomica tendine-osso, con l’ausilio di ancore.
In questi casi la sutura sotto tensione, ha subito un cedimento a livello del tendine, a nostro parere, per la concomitanza di due fattori: scarsa qualità dei tessuti ed eccesso di carico a livello lesionale.
In 14 di questi casi non è stato più possibile eseguire la sutura, ma solo debridement dei monconi tendinei, in presenza di peggioramento delle condizioni anatomo-patologiche locali. Nei restanti 17 casi è stata eseguita una sutura artroscopica medializzata con tecnica side to side, secondo i criteri di Burkhart.
In 19 casi si è verificato una disinserzione delle ancore a livello del trochite omerale; in 18 la sutura era stata effettuata in lesioni massive, dove ha giocato un ruolo determinante la scarsa qualità del tessuto osseo;
1 caso era una lesione completa bitendinea che ha subito a distanza di tre mesi dall’intervento, un trauma in extrarotazione.
In questo gruppo di pazienti è stata eseguita una sutura a punti trans-ossei con l’ausilio di T-Fix.
In 13 casi si è avuto un risultato insoddisfacente con permanenza di dolore, deficit di forza e limitazione dell’articolarità.
In 1 caso l’insuccesso è stato attribuito ad una acromionplastica incompleta (permanenza della parte laterale dell’acromion con impingement contro la sutura), in 4 casi e stata eseguita una bursectomia incompleta, in 8 casi la causa è stata attribuita ad un protocollo rieducativo troppo prudente con un’intervento addizionale di asportazione del becco acromiale antero-esterno, una completa bursectomia, ed un’artrolisi artroscopica con mobilizzazione, sotto anestesia sono stati sufficienti a migliorare il quadro clinico.

Tabella 1 - Principali cause e meccanismi di fallimento.

Figura 1

Conclusioni:
Anche nell’ambito della chirurgia della cuffia dei rotatori, come per altre metodiche che hanno subito in pochi anni una rapida evoluzione, è sorta la necessità di prendere in esame il trattamento dei casi insoddisfacenti e delle recidive.
Negli ultimi anni, numerosi studi sulla biologia e fisiologia dei tendini della cuffia dei rotatori, hanno permesso di chiarire quali meccanismi sono alla base del corretto funzionamento di questa importante struttura della spalla.
Di conseguenza, sono aumentate le conoscenze sulla storia naturale delle lesioni e sulle possibili cause e meccanismi di insuccesso. Queste possono essere in relazione: alle condizioni anatomo-patologiche locali, ad una serie di fattori esterni, indipendenti dalla biologia dell’articolazione o a cause patologiche che si possono sovrapporre alla nuova normalità articolare che si viene a creare in seguito alla sutura.
Nella chirurgia di revisione della cuffia dei rotatori, per poter impostare il corretto trattamento, è fondamentale ricercare la causa del fallimento e valutare la rioperabilità di ogni caso specifico.
In generale possiamo dire che, come per la chirurgia tradizionale, l’artroscopia svolge un ruolo fondamentale anche nelle revisioni sia della stessa chirurgia artroscopia che di quella a cielo aperto.
Escludendo casi particolari come la grave atrofia e degenerazione fibro-adiposa dei ventri muscolari, la grave artrosi delle superfici articolari e la mancata reinserzione del deltoide, casi nei quali l’artroscopia non pare essere risolutiva, un risultato insoddisfacente o una recidiva possono essere trattati a cielo chiuso con le stesse possibilità della chirurgia primaria, ma con i noti vantaggi dell’artroscopia.
Non si deve però dimenticare che la recidiva o comunque il risultato insoddisfacente portano ad un aggravamento, nel tempo, del quadro anatomo-patologico locale rispetto al primo trattamento. Questo deve portare alla convinzione che le difficoltà chirurgiche ed i limiti tecnici alla sutura possono richiedere maggior impegno ed interventi complessi per il chirurgo ed il paziente. Infine, nella valutazione globale della recidiva o del risultato insoddisfacente, è importante non sottovalutare l’aspetto psicologico del paziente, che frequentemente ripete, come in circolo vizioso, i difetti di ripresa funzionale che lo allontanano dalla guarigione mentale. ■

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