Abstract a tema
XVII Congresso
Internazionale
di Riabilitazione Sportiva
e Traumatologia






Obiettivo comune:
recupero della funzione
S. Della Villa
Presidente Isokinetic
Network






Protocolli riabilitativi dopo chirurgia delle fratture dell’arto inferiore
F. Ponteggia
Università di Firenze e Perugia





Il recupero dello sportivo: dalla chirurgia alla riabilitazione. Riflessioni medico-legali
D. Vasapollo, L. Pieraccini





Il trattamento post-chirurgico dopo protesi monocompartimentale di ginocchio
M. Servadei





La riabilitazione dopo intervento
di ricostruzione del LC


M. Zanobbi





Il protocollo riabilitativo dopo riparazione
della spalla instabile

D. Creta





Protocollo riabilitativo dopo riparazione
artroscopica della cuffia dei rotatori

F. Danelon



Riabilitazione funzionale del ginocchio dopo trapianto di cartilagine
L. Boldrini [1], M. Bovienzo [1], L. Bathan [2], A. Gobbi [2]
[1] Centro di Riabilitazione Sportiva Isokinetic, Milano; [2] OASI Bioresearch Foundation, Milano





Diversi gradi di lavoro e velocità per l'articolazione del ginocchio con le pedane propriocettive amv
G. M. Straquadaneo


Event Preview
Doping genetico nello sport
a cura di T. Vola



Botta&Risposta
Interviste con:

Giorgio Galanti

Raffaele Russo

A cura della Redazione




Fratture occulte nello sport
G. Regis




I benefici cardiovascolari dell’esercizio fisico
G. Galanti, L. Stefani



Fratture vertebrali
da trauma: “un palloncino” come alternativa
al bisturi e al busto

T. Vola


7th annual advanced hands on “knee reconstruction course”, maggio 2008
di R. Vianello


I NOSTRI
INSERZIONISTI
 
Contrast for life
 
Dicloreum Tissugel
 
Esaote
 
Fortradol
 
Fastum Gel
 
Ligatender
 
Jointex
 
Jointex Starter
 
Muscoril Orudis
 
Muscoril Trauma
 
Salinum
 
Synviscone
 
Sustenium Plus
 
Ubimaior
 









Anno 8 - Numero 2 - 2008
IL MEDICO SPORTIVO
Periodico di aggiornamento scientifico e
professionale

Argomenti in Medicina Dello Sport
a Cura del Prof. Giorgio Galanti

I benefici cardiovascolari
dell’esercizio fisico

g. galanti*, L. Stefani**
*Professore Ordinario di Medicina Interna – Direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina dello Sport-Università degli Studi di Firenze
**Dirigente Medico AOUC- Agenzia di Medicina dello Sport -Università degli Studi di Firenze

Numerosi e ben noti sono gli effetti benefici che l’esercizio fisico regolarmente svolto determina sull’apparato cardiovascolare (1) tanto che già fin da alcuni anni in molte realtà, come quella americana, solo apparentemente lontana dalla nostra, sono state stilate alcune norme generali che invitano tutti a svolgere quotidianamente attività fisica anche se di tipo moderato, come camminare o fare attività motoria leggera di tipo ricreazionale, lavorare nel cortile di casa (2) ecc.
L’esercizio fisico è in grado in primis di ridurre numerosi tra i fattori di rischio a diretto impatto cardiovascolare come la pressione arteriosa, il colesterolo totale con particolare riguardo alla frazione LDL, è in grado di aumentare i livelli del colesterolo HDL con effetto protettivo, di potenziare la insulino-sensibilità e quindi di ridurre l’insorgenza della ridotta tolleranza glucidica e del diabete, di aumentare la tolleranza allo sforzo e molti altri effetti ancora (3).
In realtà, a fronte di queste confortanti conoscenze che sono diventate delle vere e proprie affermazioni scientifiche, rispondere al quesito, se poi effettivamente l’esercizio fisico sia in grado di avere un effetto sulla morbilità e mortalità cardiovascolare, diventa più difficile.
Il concetto di rischio cardiovascolare ha subito negli ultimi anni una sorta di revisione, estendendosi sempre più verso il concetto di Rischio Cardio Vascolare Globale (RCVG) legato alla presenza di più fattori concomitanti invece che di rischio meramente inteso come legato al singolo fattore negativo.
Una serie di studi clinici hanno dimostrato e consolidato questa ipotesi attraverso la creazione di curve di correlazione tra i vari fattori di rischio e la malattia cardiovascolare globalmente intesa. A questo proposito è bene ricordare come sia stato determinante lo studio HPS (4) nel definire il concetto di “rischio”: secondo questo studio pur in presenza di valori plasmatici dei lipidi nel “range” di normalità, il RCVG diventa alto per la presenza di più componenti genericamente riconosciute come fattori pro acceleratori ed auto-potenzianti il processo aterogenetico. D’altra parte, l’esigenza di chiarire e di rispondere a questo importante e focale quesito sull’efficacia dell’esercizio fisico nella modulazione del RCVG, ha spinto molti autori ad indagare anche gli effetti e le strette relazioni tra l’inattività fisica e le varie componenti della ben nota Sindrome Metabolica (SM) e della malattia coronarica. A questo proposito il campione scelto è stata una popolazione urbana del sud dell’India (5) popolazione asiatica ancora non esplorata in questo senso. I risultati hanno dimostrato che non solo si rileva una costante associazione tra sedentarietà, sindrome metabolica e malattia coronarica, ma si assiste inoltre all’effetto positivo e preventivo la comparsa delle malattie cardiovascolari a seguito del cambiamento dello stile di vita e dell’aumento della attività fisica stessa.
Se consideriamo poi globalmente i principali componenti della sindrome metabolica obesità, ipertensione arteriosa e diabete che fortemente si compenetrano e si potenziano, ancora più evidente è il ruolo dell’esercizio fisico nel ridurre l’incidenza sia di obesità che didiabete stessi. Parimenti costante è l’ associazione di questi invece con la inattività fisica (5).
Nella recente revisione dei termini patologici che definiscono la sindrome metabolica (6) sicuramente il ruolo rivestito dalla obesità viscerale è stato molto valorizzato allo scopo di selezionare ed identificare quei soggetti a maggior rischio. Alcune osservazioni interessanti emergono dai risultati di uno studio in particolare dove alcuni parametri sono stati infatti ben individuati come rilevatori di rischio cardiovascolare: tra questi soprattutto il grasso addominale e quindi la circonferenza della vita con valori critici che nelle donne sono tali se superano gli 88 cm e negli uomini i 102 cm.
In questo caso il ruolo dell’ esercizio fisico si estende comunque anche all’abbattimento globale della obesità stessa, al miglioramento della ridotta tolleranza glucidica (7) spesso associata all’obesità per una sorta di insulino-resistenza dovuta al deficit recettoriale, ed all’effetto preventivo, seppur a basso carico di lavoro, determinato dalla riduzione appunto del grasso addominale (8).
Nonostante recentemente sempre più studi stiano fiorendo sulla utilità ed efficacia della attività fisica anche di tipo lieve-moderata nel ridurre il RCVG soprattutto se si tratta del sesso femminile (9,10), non dobbiamo dimenticare che è stato ampiamente provato da tempo che la frequenza ed il rischio, aggiustati per l’età, di incorrere in un primo temuto evento coronarico acuto, cala drammaticamente per attività fisica di elevata intensità stimata intorno ad un valore soglia di 2000Kcal alla settimana (11,12).
Se consideriamo poi il rischio relativo ed ancor di più la mortalità per cause cardiovascolari, sia in uomini che in donne, la diretta correlazione con l’ attività fisica è ancora più evidente (13).
Un monitoraggio attento sotto il profilo del RCVG è stato condotto in Finlandia nell’ ambito di uno studio che ha coinvolto una vasta popolazione di soggetti (13437 di età compresa tra 25 e 70 anni) impegnati normalmente in attività fisica ti tipo ricreazionale. Dai risultati è emersa una significativa differenza tra i soggetti “in forma” e quelli “non informa” per quanto riguarda il profilo lipidico , dimostrando così l’effetto positivo dell’esercizio fisico anche in questo ambito, nonostante l’ esercizio fisico fosse appunto di entità moderata (14).
D’altra parte nei confronti dell’ apparato cardiovascolare in particolare, molti altri benefici con importanti ripercussioni in senso emodinamico ed in aggiunta a quei fattori di rischio negativi genericamente rappresentati all’interno della SM, sono individuabili come legati alla pratica regolare dell’esercizio fisico. Tra questi la riduzione della frequenza cardiaca a riposo e durante sforzo, la riduzione della pressione arteriosa a riposo, l’aumento del tono vascolare venoso periferico, la riduzione della richiesta e del consumo di ossigeno sotto sforzo, l’aumento della contrattilità miocardica in aggiunta poi ad una serie di altri benefici effetti sul Sistema Endoteliale (15) che è responsabile della liberazione di tutti quei fattori pro infiammatori e pro trombotici che possono essere modulati in senso protettivo dall’ attività fisica ( 16,17 ).

In modo particolare sono stati molto valorizzati e studiati in questo ambito soprattutto i meccanismi protettivi legati all’aumento della produzione del NO(ossido nitrico), fattore endoteliale così importante nel mantenimento della fisiologica dilatazione vascolare compromessa nella malattia aterosclerotica conclamata, ma anche negli ipertesi fin dalle fasi iniziali (15,16).
Studi sperimentali hanno dimostrato che l’esercizio fisico avrebbe inoltre la capacità di stimolare la neoformazione di una rete vascolare coronarica, che costituisce un importante circolo collaterale all’albero vascolare coronarico primario con comprensibili risvolti positivi sull’incidenza di eventi acuti (17) .
Un aspetto interessante, che completa il quadro dei rapporti tra esercizio fisico e benefici effetti, aspetto peraltro di recente acquisizione riguarda in modo particolare il ruolo dell’ intensità di esercizio fisico nella riduzione del rischio cardiovascolare in generale e nella donna in particolare (18): sia l’esercizio fisico acuto che cronico sono in grado di garantirlo. A questo proposito è importante innanzi tutto chiarire i termini che definiscono l’attività fisica come lieve, moderata o strenua: nel primo caso si tratta di una attività fisica di entità inferiore ai 3 Mets ovvero < 3.5 Kcal/min, nel secondo di attività compresa tra 3 e 6 Mets pari ad un consumo di 3.5-7 Kcal/min , per attività vigorosa si intende invece ad una pari a 7 Mets ovvero più di 7 Kcal/min.
Il ruolo cardioprotettivo dell’ esercizio fisico si effettuerebbe in quanto l’ esercizio fisico è in grado di influenzare i livelli di Proteina C reattiva, fattore così ben rappresentato e ritenuto responsabile della genesi del processo ateromasico, almeno secondo l’ipotesi patogenetica infiammatoria della malattia (19).
Se poi ci chiediamo quanto e quale esercizio fisico svolgere diventa particolarmente interessante scoprire che negli ultimi anni, senza nulla togliere all’esercizio fisico di endurance, viene sempre più valorizzata l’attività fisica di entità moderata nella prevenzione ed abbattimento del rischio cardiovascolare globale. In realtà tale aspetto ha assunto un importanza così rilevante negli ultimi anni soprattutto per il fatto che si tratta di una attività più proponibile, o meglio più vicina alla popolazione generale di sportivi che mal volentieri si sottopone a strenui programmi di allenamento, ma che comunque dalla quale si possono ottenere ottimi risultati ed anche ben quantizzabili . In effetti non facile è stato dare un peso scientifico e validare tale teoria alcuni studi risultano comunque convincenti (20).
In sostanza, tutta la più recente letteratura sostiene ed è orientata a far entrare progressivamente l’attività fisica nella vita quotidiana di ognuno di noi, per poterne apprezzare e sfruttare tutti i maggiori benefici a breve e lungo termine creando così la base per quelle buone abitudini di vita che comprendono anche il cambiamento delle regole alimentari che sappiamo tanto condizionano la performance atletica anche dell’atleta occasionale, ormai molto presente nella la popolazione generale. n

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
1) Exercise and cardiovascular health Jonathan Mayers Circulation 2003; 7:14
2) Skinner JS, et all. Evaluation on ACSM guidelines on prescribing exercise intensity for "quite unfit": The Heritage Family Study. Medicine & Science in Sports & Exercise 2004; 36:(5) S3.
3) Effect of 6-Month Calorie Restriction and Exercise on Serum and Liver Lipids and Markers of Liver Function. Larson-Meyer DE, Newcomer BR, Heilbronn LK, Volaufova J, Smith SR, Alfonso AJ, Lefevre M, Rood JC, Williamson DA, Ravussin E. Obesity (Silver Spring). 2008; Apr 10
4) Heart Protection Study Collaborative Group MCR/BHF Heart Protection Study of cholesterol –lowering with sinvastatin 5963 people with diabetes: a randomized placebo-controlled trial. Lancet 2003; 361: 2005-20016
5) Association of Physical inactivity with components of metabolic syndrome and coronary artery disease-the Chennai Urban Population Study V. Mohan, K. Gokulakrishman, R Deepa et all. Diabet. Med 2005; 22:1206–1211
6) The Metabolic Syndrome Terry A. Lennie. Circulation 2006;114: e528-e529
7) Improvements in glucose tolerance and insulin action induced by increasing energy expenditure or decreasing energy intake: a randomized controlled trial.Weiss EP, Racette SB, Villareal DT, Fontana L, Steger-May K, Schechtman KB, Klein S, Holloszy JO; Washington University School of Medicine CALERIE Group. Am J Clin Nutr 2006 Nov;84(5):1033-42.
8) Inactivity, exercise, and Visceral fat. STRRIDE: a randomized, controlled study of exercise intensity and amount. Cris A. Slentz, Lori B. Aiken, Joseph A. Houmard, Connie W. Bales, Johanna L. Johnson, 3Charles J. Tanner, Brian D. Duscha, and William E. Kraus3 J Appl Physiol 2005; 99:1613–1618
9) Physical activity and coronary heart disease in women. I.Min Lee,Katryn M Rexrode, Nancy R Cook, JoAnn E. Manson Julie E. Buruing JAMA 2001; 2185(11): 1447-1454
10) AHA Guidelines .Evidence-based Guidelines for cardiovascular disease prevention in women: 2007 update. Lori Mosca,Carole L. Banka et all. Circulation 2007;115:1481-1501
11) Physical activity and coronary heart disease in men: The Harvard Alumni Health Study Sesso HD, Paffembarger RS Jr, Lee IM Circulation 2000; 102(9):975-80
12) Mortality amongst participants in Vasaloppet: a classical long-distance ski race in Sweden Farahmand B.Y. Ahlbom A., Ekblom Ö., Ekblom B. ,Hållmarker U. A,ronson D., Brobert G.P. Journal of Internal Medicine Volume 2003; 253 (8):276-283
13) Physical fitness and all-cause mortality. A prospective study of healthy men and women. Blair SN, Kohl HW 3rd, Paffenbarger RS Jr, Clark DG, Cooper KH, Gibbons LW JAMA 262:2395-2401, 1989 N Engl J Med 319:1379-1384, 1988
14) National Public Health Finnish Study Katia Boroudin et all. Circulation 2004; 109: e71:e144
15) Exercise and the endothelium. Susan A. Marsh, Jeff S. Coombes International Journal of Cardiology 2005; 99: 165– 169
16) Lack of effect of aerobic physical exercise on endothelium-derived nitric oxide concentrations in healthy young subjects.Yamamoto K, Kondo T, Kimata A, Ueyama J, Shirotori A, Okada Y, Sakui D, Nakashima M, Yamada S. Nagoya J Med Sci. 2007;69(34):167-72.
17) Chronic exercise in dogs increases coronary vascular nitric oxide production and endothelial cell nitric oxide synthase gene expression WC Sessa, K Pritchard, N Seyedi, J Wang and TH Hintze Circulation Research 1994; 74: 349-353
18) Walking compared with vigorous exercise for the prevention of cardiovascular events in women Joann E. Manson, Philip Greenland et all N.Eng J Med 2002; 374(10): 716-724
19) Can exercise training with weight loss lower serum C-reactive protein levels?
Okita K, Nishijima H, Murakami T, Nagai T, Morita N, Yonezawa K, Iizuka K, Kawaguchi H, Kitabatake A.
Department of Cardiovascular Medicine, Hokkaido University Graduate School of Medicine, Kita-15, Nishi-7, Kita-ku, Sapporo 060-8638, Japan
20) Training effects of short bouts of stair climbing oncardiorespiratory fitness, blood lipids, and homocysteine insedentary young womenC A G Boreham, R A Kennedy, M H Murphy, M Tully, W F M Wallace, I YoungBr J Sports Med 2005;39:590–593.

top