EFFICACIA E SICUREZZA
DI MELOXICAM NEL TRATTAMENTO DELL’OSTEOARTROSI
REVISIONE DELLA LETTERATURA A CURA DELLA REDAZIONE
L’artrosi è
senza dubbio una patologia reumatologica di notevole importanza
sul piano socio-sanitario per la frequenza e l’incidenza
in età lavorativa.
Viene considerata attualmente come la più diffusa
e la più comune tra le malattie reumatiche ed è
una patologia fortemente correlata con l’età
avanzata, tanto che la sua frequenza aumenta progressivamente
con l’avanzare dell’età; in genere, quasi
tutte le persone ne sono colpite oltre i 65-70 anni.
L’artrosi è il risultato di eventi meccanici
e biologici che determinano la perdita del normale accoppiamento
tra degradazione e neosintesi della cartilagine articolare,
della matrice extracellulare e dell’osso subcondrale.
È caratterizzata, quindi, da un processo degenerativo
che coinvolge tutti i componenti delle articolazioni diartroidali.
Sebbene l’artrosi, di per sè, non sia una malattia
che presenta rischi di mortalità per chi ne è
affetto, tuttavia è molto invalidante dal punto di
vista della mobilità; infatti, se non si interviene
tempestivamente e adeguatamente con l’opportuna terapia
antiinfiammatoria e analgesica, il paziente manifesterà
una mobilità sempre più ridotta fino al punto
di subirne le conseguenze anche sul piano della vita sociale.

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Ai fini di una corretta impostazione della terapia farmacologica
del dolore artrosico appare sempre più importante
eseguire una diagnosi completa e corretta della patologia
artrosica che deve partire dal colloquio con il paziente,
da una corretta anamnesi e che non deve mai escludere un
esame obiettivo dell’articolazione, dei segni clinici
e dei sintomi riferiti, e che in alcuni casi richiede l’accertamento
di alcuni parametri biologici come la VES, la PCR e l’esame
del liquido sinoviale. Gli accertamenti radiografici (RMN,
TAC, e indagini ultrasuonografiche) risultano di fondamentale
importanza per stabilire il grado di degenerazione dell’articolazione
e lo stadio dell’artrosi e la presenza o meno di infiammazione.
La principale sintomatologia accusata dal paziente è
rappresentata da una serie di manifestazioni delle quali
le più importanti e limitanti la qualità di
vita del paziente sono il dolore, la rigidità mattutina
e la limitazione funzionale prevalentemente antalgica. Per
tale condizione sintomatologica è ormai consolidato
l’utilizzo di FANS tradizionali o cox-2-inibitori
allo scopo di ridurre il dolore, l’infiammazione e
recuperare la funzionalità articolare compromessa.
Tuttavia, poiché spesso tale terapia viene prescritta
per lunghi periodi, in base alla gravità della manifestazione
artrosica, appare evidente come la scelta del farmaco da
utilizzare rappresenti un elemento determinante.
Il farmaco, oltre che essere efficace dovrà pertanto
essere anche ben tollerato nel lungo periodo, così
da assicurare una elevata adesione terapeutica a garanzia
del successo terapeutico stesso.
Attualmente la tendenza medica è di utilizzare protocolli
sul controllo del dolore rivalutando tutti i farmaci antinfiammatori
proprio alla luce di quanto emerso per i nuovi recenti COX-2
inbitori e ponendo particolare attenzione in caso di trattamenti
farmacologici prolungati nel tempo.
Proprio grazie a questa rivalutazione, è emersa la
validità terapeutica nel breve e lungo periodo, anche
in termini di adesione alla terapia, del meloxicam, un farmaco
antiinfiammatorio capostipite della classe dei COX-2-inibitori,
il quale sembra avere un più equilibrato rapporto
di selettività cox-1/cox-2 rispetto agli altri COX-2
altamente selettivi, quali celecoxib, etoricoxib e valdecoxib,
per i quali la così elevata selettività ha
comportato gravi effetti collaterali soprattutto a livello
del distretto cardiovascolare.
Dall’analisi della letteratura internazionale sono
emersi alcuni studi che confermano l’efficacia e la
sicurezza nel tempo del trattamento osteoartrosico attuato
con meloxicam che assicura una elevata percentuale di successi
terapeutici e di adesione alla terapia.
In uno studio multicentrico, randomizzato, a gruppi paralleli,
in aperto della durata di 6 mesi, oltre 1.300 pazienti affetti
da osteoartrosi al ginocchio, all’anca, alle mani
o alla colonna vertebrale sono stati randomizzati e trattati
o con meloxicam o altri FANS allo scopo di verificare la
percentuale di successo terapeutico ottenuto con i farmaci
utilizzati nello studio.
La valutazione dell’efficacia e dell’adesione
ai trattamenti è stata effettuata con punteggio sintomatologico
WOMAC e con questionario relativo agli effetti collaterali
gastrointestinali.
Dai risultati dello studio emerge una significativa maggiore
riduzione del punteggio WOMAC nei pazienti in trattamento
con meloxicam rispetto agli altri farmaci utilizzati, evidenza
di un migliore recupero funzionale e di un maggiore sollievo
dal dolore. (Fig. 1) Inoltre, è stata osservata una
maggiore percentuale di successi terapeutici, intesi come
permanenza in trattamento con soddisfazione del paziente
per tutta la durata dello studio, nel gruppo in trattamento
con meloxicam rispetto al gruppo in terapia con altri FANS
o COXIB. (Fig. 2)
Infine, nel gruppo in terapia con meloxicam è stato
riscontrato un minore numero di interruzioni del trattamento
dovuto ad eventi avversi correlati rispetto ai farmaci di
confronto. (Fig. 3)
Una ulteriore conferma della capacità di meloxicam
di assicurare una elevata adesione alla terapia deriva da
uno studio di ampie dimensioni, prospettico, osservazionale,
di coorte, della durata di 3 mesi. Lo studio, realizzato
per valutare il grado di adesione alla terapia, è
stato condotto su 13.307 pazienti affetti da artropatie
reumatiche trattati con meloxicam al dosaggio di 7,5 mg
e 15 mg (rispettivamente 65% e 33% dei pazienti arruolati).
Una percentuale significativa di pazienti era ad alto rischio
in quanto presentava, nel 12% dei casi, una storia pregressa
di PUB (perforazione, ulcere e sanguinamento gastro-intestinale),
nel 24% almeno una patologia cardiovascolare concomitante
e nel 26% una terapia antipertensiva in atto. Il 58% dei
pazienti aveva assunto altri FANS prima del meloxicam e
di questi il 43% non era rimasto soddisfatto del trattamento
ricevuto per efficacia limitata.

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I risultati emersi da questo studio hanno permesso agli
Autori di confermare che meloxicam è caratterizzato
da una efficacia e da una tollerabilità valutate
come buone o molto buone rispettivamente nell’85%
e nel 94% dei pazienti, con un miglioramento della qualità
di vita nella maggior parte dei pazienti; per questi motivi,
al termine dello studio, ben il 92,3% dei pazienti ha completato
il trattamento con meloxicam (Fig. 4), confermando, inequivocabilmente,
il suo ottimo profilo di efficacia e tollerabilità.
Conferme dell’efficacia meloxicam nel miglioramento
della sintomatologia dolorosa artrosica scaturiscono anche
da un altro studio in doppio cieco, randomizzato, della
durata di 42 giorni, condotto per confrontare l’efficacia
di meloxicam 15 mg con diclofenac 100 mg nel trattamento
dell’osteoartrosi del ginocchio in 258 pazienti, in
cui meloxicam ha dimostrato una superiore efficacia antalgica
rispetto a diclofenac nella riduzione del dolore al movimento.
(Fig. 5)
Questo quadro di buona efficacia e tollerabilità
del meloxicam emerso dagli studi analizzati va completato
analizzando due elementi altrettanto significativi e riguardanti
due aspetti che occorre tenere in debita considerazione
nel momento in cui si deve decidere quale terapia antinfiammatoria
prescrivere al paziente artrosico.
Il primo aspetto significativo emerge da uno studio in vitro
su cartilagini prelevate da pazienti affetti da gonartrosi
di grado moderato e severo.
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Evidenze scientifiche dimostrano che i FANS, oltre all’attività
antiinfiammatoria ed antalgica, possono in alcuni casi esplicare
un effetto tossico sul metabolismo della cartilagine articolare.
Poiché ogni riduzione della concentrazione cartilaginea
di proteoglicani e ialuronato, come avviene in corso di
osteoartrosi, compromette le proprietà funzionali
della cartilagine stessa, un tale effetto esplicato dai
FANS risulta dannoso per la cartilagine e ne compromette
la funzionalità aggravandone il quadro artrosico.
Sulla base di queste evidenze, ben si può comprendere
l’importanza della scelta di un farmaco che non alteri
il metabolismo della cartilagine artrosica. Scopo di questo
studio è stato, quindi, quello di valutare l’effetto
di diclofenac e meloxicam sul metabolismo del liquido sinoviale,
osservando in particolare l’attività dei due
farmaci sulla sintesi di proteoglicani e ialuronato.
Dopo avere effettuato l’analisi istologica e istochimica
dei tessuti cartilaginei espiantati, che evidenziava una
riduzione di proteoglicani e ialuronato che comprometteva
la funzionalità articolare, il tessuto cartilagineo
espiantato è stato trattato per ricevere in coltura
il trattamento farmacologico con meloxicam e diclofenac
a varie concentrazioni.
Dall’analisi dei risultati è emerso che meloxicam
non esplica una attività condrolesiva quando raggiunge
la cartilagine articolare; in particolare, è stato
osservato che meloxicam, a dosaggi terapeutici, a differenza
di diclofenac, ha un effetto protettivo sul metabolismo
della cartilagine stimolando la sintesi di proteoglicani
e di ialuronato endogeno nella cartilagine articolare osteoartrosica.
(Fig. 6)
Il secondo aspetto importante è relativo alla tollerabilità
gastrointestinale e cardiorenale di meloxicam.
Da una metanalisi di 19 studi clinici randomizzati che valutavano,
oltre all’efficacia, anche la tollerabilità
gastrointestinale di una serie di FANS in pazienti osteoartrosici,
è emerso che su 2.925 pazienti il meloxicam è
risultato essere l’antiinfiammatorio con il migliore
profilo di tollerabilità gastrointestinale. (Fig.
7)
Le conferme relative alla superiore tollerabilità
cardiorenale di meloxicam nei confronti dei FANS classici
quali diclofenac, naprossene e piroxicam, deriva, invece,da
una metanalisi di 35 studi controllati sulla tollerabilità
cardiorenale di questi farmaci: dalla valutazione di oltre
27.000 pazienti affetti da patologie osteoartrosiche e articolari
e trattati per almeno 3 settimane con MOBIC o altri FANS,
meloxicam ha mostrato un più favorevole profilo di
tollerabilità cardiorenale espresso come indice di
rischio di eventi avversi (incidenza per 100 anni/paziente).
(Fig. 8)
In conclusione, dai risultati clinici riportati nell’ampia
letteratura internazionale sul meloxicam, emerge un profilo
della molecola caratterizzato da una serie di vantaggi,
quali l’efficacia, la buona tollerabilità sia
gastrointestinale che cardiorenale e il rispetto del metabolismo
della cartilagine articolare, che assicurano una significativa
percentuale di successi terapeutici con conseguente elevata
adesione del paziente alla terapia con meloxicam, a tutto
vantaggio del recupero della funzionalità articolare
e del miglioramento della qualità di vita del paziente
artrosico.
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