TOP SEMINARS IN ARTROSCOPIA:
LA PATOLOGIA DEGENERATIVA ARTICOLARE
IL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO
NELLA PATOLOGIA ARTICOLARE DEL GINOCCHIOA CURA DELLA REDAZIONE

Nell’ambito del
Convegno “La patologia degenerativa articolare”
svoltosi a Reggello (FI) dal 24 al 25 giugno u.s., si è
tenuta una lezione magistrale sul trattamento farmacologico
nella patologia articolare del ginocchio. L’argomento
è stato introdotto riportando alcuni brevi cenni
di anatomia funzionale dell’articolazione del ginocchio,
articolazione assai complessa, sia sotto il profilo della
classificazione che dal punto di vista funzionale in quanto
il ginocchio partecipa al mantenimento della stazione eretta
e alla deambulazione.
Dal punto di vista epidemiologico si può affermare
che la patologia degenerativa articolare è un'affezione
di comune riscontro nel paziente anziano con interessamento
prevalente del sesso femminile in età avanzata.
Si manifesta prevalentemente nei soggetti tra i 50 ed i
75 anni dei quali i 2/3 sono rappresentati da donne che
nell’80% dei casi presentano un sovraccarico ponderale.
La diagnosi deve essere effettuata tenendo in considerazione
numerosi aspetti del paziente tra i quali l’età,
il tipo di vita e di lavoro, le caratteristiche fisiche,
l’ambiente familiare, le aspettative di vita, le patologie
precedenti generali e locali, le patologie attuali generali
e locali. Non vanno sottovalutati anche altri aspetti quali
i disturbi prevalenti (dolore, rigidità, impotenza
funzionale, cedimenti, blocchi articolari), la tipologia
dei disturbi (dolore notturno, solo al carico, anche a riposo,
nel salire le scale) e la sede del disturbo (generalizzata,
localizzata ).
Il quadro clinico di una patologia articolare degenerativa
è rappresentato, principalmente, dalla sintomatologia
dolorosa, dalla limitazione funzionale e dei movimenti,
dai rumori articolari, dalle deformazioni e dai difetti
di scorrimento.
L’approccio terapeutico al controllo del danno articolare
richiede una strategia complessa in grado di associare modalità
di trattamento farmacologiche e non farmacologiche, così
da controllare efficacemente il dolore e preservare l’articolazione
il più a lungo possibile. Tra le terapie non farmacologiche,
ha assunto sempre più importanza la fisioterapia
che ha introdotto molti vantaggi grazie anche alle moderne
tecnologie come la idroterapia, l’uso degli ultrasuoni,
la tercaterapia; inoltre è interessante quello che
sta sviluppandosi nel mondo delle calzature dove la tecnica
ha permesso di ridurre sul ginocchio gli effetti microtraumatizzanti
del cammino su superfici sempre meno favorevoli.
Il trattamento riabilitativo si prefigge l’obiettivo
di ripristinare e rinforzare l’articolazione.
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La rieducazione deve essere personalizzata sia in base alle
condizioni generali del paziente, sia in base allo stato
del ginocchio operato, della situazione del ginocchio controlaterale
e delle altre articolazioni adiacenti.
Anche l’aspetto farmacologico alla luce delle recenti
acquisizioni sui farmaci sta avendo un approccio diverso
in quanto si cerca di utilizzare farmaci a bassissimo impatto
negativo sulla compliance dei pazienti e ridurre l’uso
di farmaci ad alto beneficio immediato ma che non possono
essere proseguiti nel tempo.
L’importanza di una strategia combinata tra trattamenti
farmacologici e non farmacologici è stata recentemente
inserita nelle raccomandazioni dell’EULAR (European
League Against Rheumatism) che, basandosi sulla medicina
dell’evidenza (Evidence-Based Medicine) suggerisce,
nella gestione ottimale delle patologie muscoloscheletriche
ed artrosiche, tale combinazione di trattamenti.
L’utilizzo della terapia farmacologica con FANS dovrebbe
essere preso in considerazione nei pazienti non responders
al paracetamolo, mentre in quelli con aumentato rischio
gastrointestinale dovrebbero essere impiegati i FANS COX-2
inibitori rivisitati in base alle nuove e recenti acquisizioni
in merito al loro utilizzo nel breve e lungo termine.
Attualmente la tendenza medica è di spingere su protocolli
sul controllo del dolore rivalutando tutti i farmaci antinfiammatori
proprio alla luce di quanto emerso per i nuovi recenti COX-2
inbitori e ponendo particolare attenzione in caso di trattamenti
farmacologici prolungati nel tempo.
Per gli eventi avversi segnalati a livello cardiovascolare
occorsi in pazienti in terapia con celecoxib, valdecoxib
e etoricoxib, le più importanti istituzioni governative
inglesi (Medicine and Healthcare products Regulatory Agency
[MHRA]) ed europee (European Medicines Agency [EMEA]) hanno
redatto delle raccomandazioni indicate per i pazienti a
rischio cardiovascolare in trattamento con COX-2 inibitori.
Tali suggerimenti presentano una eccezione terapeutica,
il meloxicam e l’etodolac; infatti, questi due farmaci,
pur essendo inibitori della COX-2, non sembrano presentare
eventi avversi severi a livello cardiovascolare. La spiegazione
di ciò verterebbe sul grado di selettività
verso le COX-2 che è molto elevata nei coxib quali
celecoxib, valdecoxib e etoricoxib, mentre sembra esserlo
molto meno per meloxicam ed etodolac.
Il meloxicam è un farmaco antinfiammatorio COX-2
inibitore che negli ampi studi MELISSA (Meloxicam Large-scale
internationall Study Safety Assessment trial; meloxicam:
n. 4.635 vs diclofenac: n. 4.688) e SELECT (Safety and Efficacy
Large-scale Evaluation of COX-inhibiting Therapies trial;
meloxicam: n. 4.320 vs. piroxicam: n. 4.336) ha dimostrato
di garantire efficacia e tollerabilità in pazienti
con osteoartrosi e altre patologie muscoloscheletriche in
confronto ad altri FANS classici (diclofenac e piroxicam),
senza provocare quegli effetti collaterali gravi che hanno
portato alla revisione dei recenti COX-2 inibitori citati.
Confrontando i risultati dei due studi si può ben
vedere come l’effetto di meloxicam sul dolore sia
risultato sovrapponibile rispetto a quello di piroxicam
e diclofenac. (Figura 1)
Ulteriori conferme dell’efficacia di meloxicam scaturiscono
da uno studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco
su 774 pazienti con osteoartrosi e trattati con meloxicam
3,75mg, 7,5mg e 15mg, diclofenac 100 mg e placebo per 12
settimane. Meloxicam, nei dosaggi 7,5 e 15 mg, si è
dimostrato efficace nel migliorare il sintomo dolore e la
rigidità articolare. L’efficacia è stata
valutata tramite indice WOMAC (Western Ontario and McMaster
University Osteoarthritis), un questionario di valutazione
a 24 item che fornisce una precisa misura della sintomatologia
osteoartrosica quale dolore, rigidità e insufficienza
articolare. (Figura 2)
In un altro studio in doppio cieco, randomizzato, della
durata di 42 giorni, condotto per confrontare l’efficacia
di meloxicam 15 mg con diclofenac 100 mg nel trattamento
dell’osteoartrosi del ginocchio in 258 pazienti, meloxicam
ha dimostrato una superiore efficacia antalgica rispetto
a diclofenac nella riduzione del dolore al movimento. (Figura
3)
Infine, l’efficacia di meloxicam viene confermata
anche da uno studio effettuato su oltre 1.300 pazienti osteoartrosici
in cui meloxicam è stato confrontato ad altri FANS
valutando la permanenza in trattamento con soddisfazione
del paziente per tutti i 6 mesi di durata dello studio.
(Figura 4)
Oltre alla valutazione dell’efficacia clinica, meloxicam
è stato valutato in termini di tollerabilità
gastrica e sistemica, con particolare riguardo all’insorgenza
di effetti collaterali gravi, a livello cardiovascolare.
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I due citati studi, MELISSA e SELECT, confermano che meloxicam
possiede un profilo di tollerabilità cardiovascolare
significativamente superiore rispetto ai due FANS di controllo,
diclofenac e piroxicam; inoltre, l’incidenza di effetti
collaterali gravi a livello gastrointestinale, quali sanguinamenti,
perforazioni e ulcere non complicate, è risultata
significativamente più bassa nei pazienti trattati
con meloxicam rispetto ai gruppi piroxicam e diclofenac.
(Figura 5)
In sintesi, dai due importanti studi analizzati, MELISSA
e SELECT, il meloxicam è risultato associato ad un
migliore profilo di efficacia e tollerabilità rispetto
ai FANS classici non COX-2 inibitori.
Ulteriori conferme relative alla superiore tollerabilità
di meloxicam nei confronti dei FANS classici quali diclofenac,
naprossene e piroxicam, deriva da una metanalisi di 35 studi
controllati sulla tollerabilità cardiorenale di questi
farmaci: dalla valutazione di oltre 27.000 pazienti affetti
da patologie osteoartrosiche e articolari, meloxicam ha
mostrato un più favorevole profilo di tollerabilità
cardiorenale espresso come indice di rischio di eventi avversi
(incidenza per 100 anni-paziente). (Figure 6 e 7)
Un ulteriore aspetto importante da segnalare riguarda l’effetto
tossico sul metabolismo della cartilagine articolare svolto
da alcuni FANS; poiché ogni riduzione della concentrazione
cartilaginea di proteoglicani e ialuronato, come avviene
nell’osteoartrosi, compromette le proprietà
funzionali della cartilagine stessa, ben si può comprendere
la dannosità di tale effetto per il quale viene ad
alterarsi il metabolismo del liquido sinoviale.
In uno studio in vitro che aveva lo scopo di valutare l’effetto
di diclofenac, aceclofenac e meloxicam sul metabolismo del
liquido sinoviale, è emerso che meloxicam non esplica
una attività condrolesiva quando raggiunge la cartilagine
articolare; in particolare, è stato osservato che
meloxicam, a dosaggi terapeutici, ha un effetto protettivo
sul metabolismo generale stimolando la sintesi di proteoglicani
e di ialuronato endogeno nella cartilagine articolare osteoartrosica.
(Figura 8)
In conclusione, nella patologia degenerativa articolare
del ginocchio, è necessario avere un atteggiamento
che, partendo da una approfondita conoscenza del paziente
e del danno articolare cui il paziente è affetto,
conduca il clinico ad una scelta farmaco-terapeutica i cui
effetti siano misurabili nel tempo, rappresentino il giusto
compromesso tra efficacia e tollerabilità e favoriscano
l’adesione alla terapia da parte del paziente. Il
tutto associato con l’educazione del paziente verso
un atteggiamento più attento allo stile di vita che
comprenda una regolare attività fisica volta al recupero
muscolare così da permettere al ginocchio una migliore
stabilità.
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Figura 1. Efficacia di meloxicam sul dolore al movimento
(studi MELISSA e SELECT) 
Figura 2. Miglioramento della funzionalità articolare
in
774 pazienti osteoartrosici
Figura 3. Riduzione del dolore al movimento rilevato
in pazienti affetti da gonartrosi
Figura 4. Quota di successi terapeutici su 1.321
pazienti osteoartrosici

Figura 5. Incidenza di sanguinamenti, perforazioni e
ulcerazioni non complicate (PUB) negli studi MELISSA e SELECT

Figura 6. Effetti collaterali gravi emersi da una metanalisi
di 35 studi controllati

Figura 7. Tollerabilità cardiorenale di meloxicam
in
confronto ai FANS classici

Figura 8. Effetto di meloxicam sulla stimolazione dei
proteoglicani e ialuronato nella cartilagine osteoartrosica

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